Note: Aka "The go between". Palma d'oro al Festival di Cannes. Tratto dal romanzo di L.P. Hartley "L'età incerta". Dallo stesso romanzo fu tratto "The go-between" (2015).
Ragazzino ospite in una villa di nobili inglesi diventa il confidente della bella Marian e fa da tramite fra lei e il nerboruto fattore che ama... Splendido drammone sentimental/vittoriano di Losey, scritto da Harold Pinter, raffinatissimo e dolente, elegantissimo e di maniacale accuratezza nella messa in scena, e che però riesce, a differenza dei precedenti film di Losey, a toccare anche il cuore. Finale splendido. Gran film, Palma d'oro a Cannes.
Dolce, dolcissima pellicola, che regala immagini virtuose ed impeccabili, ma non fermandosi alla mera supeficiale apparenza, bensì scavando e facendo vivere un'esperienza infantile, ammantata dai crismi della luminosità, della generosità e dell'importanza dell'azione svolta. Emozionanti i malinconici momenti del ritorno e del ricordo.
Losey riesce ad emozionarci con una storia in fondo molto semplice: un triangolo amoroso molto particolare in cui uno dei vertici è rappresentato da un ragazzino inamorato solo platonicamente della bella Julie Christie. Una buona messa in scena e l'ottima interpretazione di tutti gli attori rendono questo film imperdibile. Da riscoprire (fortunatamente è edito in dvd).
Splendido film drammatico in pieno stile Losey-Pinter (che firma la sceneggiatura) che oltre ad essere una storia di formazione (quella del protagonista) analizza, come spesso accade nelle opere di questo regista, i rapporti tra le classi e lo fa in maniera estremamente efficace e concisa come accade ad esempio nelle bellissime scene che illustrano gli usi ed i costumi dell'epoca vittoriana. Ottima la confezione e in particolar modo la musica ed il montaggio. Meritatissima palma d'oro a Cannes.
MEMORABILE: La preghiera mattutina prima di colazione; il taglio della torta; il finale.
Un film senza tempo, sostenuto dalla bellissima musica di Michel Legrand e da una splendida fotografia. L'amore galeotto tra una dama e il fattore (eccellentemente interpretati da Christie e da Bates) vengono narrati in flashback al giovane che da bambino recava i messaggi clandestini dei due. Un film che racconta con stile apparentemente classico una vicenda di iniziazione e un amore impossibile. Senza tempo.
L'accoppiata Losey/Pinter graffia la compassatezza ed il finto perbenismo della società vittoriana. Splendido finale, meritata Palma d'Oro. Consigliato a chi ama la letteratura classica inglese. Ma l'incipit "Il passato è un paese straniero" ha ispirato un noto scrittore italiano?
Pochi film hanno, come questo, il pregio della profondità e dell'immediatezza, pochi riescono ad inserire così bene la storia di un singolo personaggio nell'affresco di un ambiente sociale, di un'epoca storica, di una stagione della vita. L'estate dei tredici anni del piccolo Leo, il suo passato che è una terra straniera. Straniera perché diversa, ma non incomprensibile: semplicemente irraggiungibile, da quell'esilio senza ritorno che è l'età adulta.
Una mezz'ora descrittiva per contestualizzare il tutto, poi riparte un altro discorso loseyano sul tipico tema del divario tra classi sociali differenti, stavolta mascherato da storia sentimentale (in modo da incrementare il coinvolgimento). Classi sempre meno conciliabili, se non nello sport (si veda la scena della partita a cricket, analoga a quella del rugby da camera di L'incidente), che trovano nella figura del piccolo messaggero (non a caso nobile adottato) l'unica forma di transizione. Fotografia, regia, costumi di grande raffinatezza.
Un film che ritrae a tutto tondo un'epoca, ma soprattutto un modo di ragionare, un metro di paragone e metodi che, per un verso o per l'altro, hanno proseguito a vivere e ad essere esercitati ben oltre il periodo vittoriano. L'opera è un monumento all'amore e ai suoi disperati metodi per sopravvivere, ma anche alla forma cinematografica: mai una sbavatura, dialoghi perfettamente costruiti sui personaggi, costumi, musiche (un Michel Legrand dei migliori)... Da vedere e meditare.
È dolce e amaro l’ingresso nell’adolescenza per Leo, usato come messaggero tra due amanti segreti, in una stupenda storia, magnificamente narrata. C’è tutta la trepidazione tipica dell’età in cui si oscilla tra ingenuità infantili e compiacimento per piccoli spiragli di vita adulta. Ma l’opera, toccante, è straordinariamente ricca di tanti spunti complessi (sulle classi sociali; sulle declinazioni dell’amore; sul non vivere la vita ma essere strumento perché altri la vivano) che Losey sa contenere in un film che scorre con esemplare semplicità.
Per me superiore all'acclamatissimo L'incidente, come lo è pure Il servo. Una pellicola impeccabile dal punto di vista tecnico-scenografico focalizzata su una storia d'amore viscerale tra una nobildonna ed un aitante fattore. L'epoca vittoriana è ricostruita alla perfezione. Tra i due amanti un giovane messaggero, perno centrale di una relazione segretissima. Il film si traduce in un capolavoro di matrice viscontiana. Palma d'oro meritatissima.
Ragazzino di famiglia modesta trascorre una vacanza presso la residenza di un suo ricco compagno, imparando sulla sua pelle il peso delle differenze fra servi e padroni... Uno dei capolavori di Losey, in cui la struggente bellezza (della campagna inglese, dei raffinati interni, dei corpi splendidi e sensuali di Christie e Bates) stride con il moralismo ferocemente classista con le sue regole ferree. Per il piccolo protagonista, una "educazione sentimentale" destinata a segnarne l'esistenza come "messaggero", testimone di avvenimenti che non comprende oppure sui quali non può intervenire.
Mercurio-Hermes: emissario degli dei, patrono delle arti magiche, signore dei veleni. Lo incarna il dodicenne Leo Colson nell'estate amara della sua formazione. Messaggero e stregone, veicolo del meraviglioso laddove l'erotismo esonda dalle dighe delle classismo inondando la sua effimera innocenza. Sontuoso affresco della società edwardiana volta a sublimare gli istinti primari nell'antinomia sociale di sopraffazione e asservimento, digrada in un flusso temporale bergsoniano magnificamente illuminato da Gerry Fisher e trascinato dalle rapinose musiche di Michel Legrand. Notevole il doppiaggio.
Una nobildonna e un aitante fattore, colti da una ritrita fregola interclassista, manipolano un confuso paraninfo adolescente affascinato da entrambi. Il mondo degli adulti, apparentemente rigoroso, si palesa per quello che è: menzognero, ricattatorio e ipocrita. Grande raffinatezza estetica in questa riduzione un po’ troppo diluita nel tempo, ma che rende l’idea della noia che assillava la nobiltà inglese durante le estati d’inizio ‘900. Poi vennero le guerre mondiali che spazzarono l’Europa, così come gli istinti carnali dei due amanti presero in ostaggio e annientarono Leo.
MEMORABILE: Le ingenue domande di Leo: “Cos’è un amante? Cosa fa un amante?”; Le ambigue finte lotte tra Leo e Marcus.
Ragazzino di modesta estrazione passa l’estate in un castello di aristocratici. Le relazioni amorose servono per descrivere il vero clima sociale di inizio Novecento, in cui il ceto conta più di tutto. Il piccolo protagonista serve da tramite tra un mondo ideale e il resto, mentre la chiave è una certa delicatezza. Losey descrive nei particolari l’età vittoriana e le sue ambientazioni. L'ultima parte sottolinea l’importanza dei sentimenti senza scadere nel melò.
MEMORABILE: Le differenze di approccio nella partita a cricket; In macchina verso l’ultima consegna.
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