Mechanical animal - Corto (2017)

Bestia e automa, i due estremi di ciò che dovrebbe incarnare e trasfondere l’attore perfetto e irresistibile, sono qui ibridati in un metamorfico processo-prodotto che shifta soave da Méliès ai Quay, da Tsukamoto a Svankmajer, in un chiasma di siderurgia e post-organico fondante il Neo-Oltreuomo, tra il sogno di Stelarc e l’eden secondo Witkin via Dick. La Giuggio adopera fotografia musica e stop motion a mo’ di dorata forchetta divina con cui infilzare e arrotolare il cosmo e portarcelo alla bocca-occhio. Ambasciatrice della Psychotechnik, ha genio e talento da aprirci una multinazionale.

All’inizio una serie di scatti fotografici in b/n esplora un’officina meccanica come un vecchio film sperimentale. Poi compaiono degli esseri meccanici (alla Quay Brothers) o demiurgici (alla Tsukamoto) che spostano il mood verso una visionarietà morbosa e inquietante, sospesa a metà tra il viaggio emozionale in una metamorfosi viscerale e l’algida osservazione di un misterioso brulicare di vita sottotraccia. Interessante, con buon senso dell’immagine, del climax e anche dell’equilibrio visivo-sonoro.