Matti da slegare - Documentario (1975)

I due registi, ben avvezzi a disanima su crisi d'istituzioni familiari ed educative, si limitano a far emergere spontaneamente tali storture senza ricorrere a iperboli allegoriche e grottesche, lasciando che siano i racconti (in presa diretta) di chi ha vissuto la segregazione a far quadro sulla pazzia: chi la subiva, chi la esercitava e chi la viveva. Necessario tour de force d'anime perse, irraggiato di milizia e spiritualmente benedetto nel nome di Basaglia, pecca di lassismo e visione d'occhio pigro, ma l'effetto è da strabismo di Venere.

Se la dicotomia non è un’opinione, i sani sarebbero da rinchiudere ma non ce n’è bisogno perché il mondo tutto con le sue convenzioni convinzioni legiferazioni e guerre dei principi fa manicomio a sé. Incurante del dover essere formalmente incravattato, e diremmo anche rischiosamente lungo (la noia, qua e là, citofona), dispone a scacchiera sentenze ricordi parole opere pensieri omissioni di antipsichiatri e psichiatrizzati, lasciando che siano i loro flussi joyciani, finalmente in una libertà tutt’altro che vigilata, a lasciar emergere tutta l’illogica barbarie dell’istituzione manicomiale.

Il film che seppe dire una parola definitiva sulle storture e la disumanità del sistema manicomiale, incentrato (come dice uno degli intervistati) sul fatto di vedere la malattia mentale come qualcosa da nascondere e da reprimere. Con grande lucidità i quattro cineasti mettono insieme casi sconosciuti e persone note, e con grande umanità ascoltano i loro terribili racconti.