Pellicola molto peculiare nel cinema di genere anni Ottanta. Meritevole di trasporre in video la paura della nuova peste sessuale (l'AIDS) che chi ha vissuto quegli anni ricorderà essere oltremodo esagerata e frutto soprattutto di cattiva informazione. Questa cosa trasforma un comunissimo slasher in qualcosa di più per realizzare in fondo un esperimento discretamente riuscito. Pochi eletti l'hanno visto.
Il titolo italiano può indurre in errore poiché leggendolo si ha l’impressione di avere tra le mani il solito horror di seconda fascia, mediocre e senza grande significato. Si tratta, invece, di un discreto film a metà tra thriller e drammatico che fa leva sulla paura del contagio del virus dell’AIDS in un periodo storico in cui l’argomento era ovunque sentito. Qualche limite non manca, ma non si scivola mai nel ridicolo o nell’inverosimile. Forse un po’ troppo lineare e prevedibile nell’esito, ciò nonostante apprezzabile senza grandi fatiche.
Modesto thriller con violentatore seriale che cerca la propria originalità nell'allora scottante tema dell'AIDS (un po' come aveva fatto in chiave più spettacolarmente slasher Panico nella metropoli). In realtà l'argomento è trattato in modo sottile, quasi marginale: il focus è spostato sul dramma intimista (con la difficile ripresa della vittima di stupro) e, naturalmente, sulla tensione (l'ultima tranche è un serrato climax da home invasion). La realizzazione non è esaltante, ma il film si fa guardare. In evidenza la stupenda Deborah Shelton.
MEMORABILE: Un tizio viene cosparso di alcol da una prostituta e poi bruciato vivo dal killer; Lo stupro sulla spiaggia; L'assassino sbuca da sotto la macchina.
Un sociopatico sieropositivo in botta livorosa circola indisturbato per Los Angeles agganciando, narcotizzando, violentando e, nella peggiore delle ipotesi, infettando ogni ragazza piacente che ha la scalogna di pararglisi innanzi. Poco più che passabile collaudo in regia del compositore/icona Shuki Levy: un canonico stalker movie urbano, che sensazionalizza il tema AIDS traducendolo prosaicamente in forme e vicende di certo assai meglio sfaccettabili, con tanto di appendicolare fervorino medico posticcio a fare il punto sugli (allora) scarsi progressi terapeutici contro la malattia.
MEMORABILE: La "cringissima" lezioncina medica off-screen appiccicata con lo sputo sulle semi-rasserenanti immagini di chiusura...
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