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La nostra recensione di Mandato di cattura

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Stringato, secchissimo poliziesco tratto da una serie di grande successo in America che cominciò alla radio e proseguì in tv. Jack Webb, che ne fu creatore guadagnando ottima fama, ne dirige questa prima trasposizione cinematografica (la seconda, LA RETATA, uscirà molti anni dopo e sarà una parodia, con Aykroyd e Hanks) ritagliando ovviamente per sé – come nella serie – il ruolo del protagonista, Joe Friday, sergente di polizia qui alle prese con l'omicidio di un allibratore, Miller Starkey.

Eliminato spietatamente nella prima scena...Leggi tutto con quattro colpi di fucile (notevole il momento in cui la vittima si volta d'improvviso in primo piano verso la cinepresa con il volto insanguinato), Starkey esce di scena crollando a terra in un campo ai margini d'una strada, lasciando la polizia a indagare sulla sua morte. Dopo una lunga presentazione di molti agenti che ronzano al distretto, capiamo che spetteranno ai detective Joe Friday e Frank Smith (Alexander), i ruoli principali.

Fin da subito si intuisce che non sarà facile individuare i colpevoli, mentre a una voce fuori campo è assegnato il compito di sintetizzare ciò che nel corso delle indagini non viene mostrato. A Friday e Smith non ci vuole molto per individuare chi lavorava con Starkey mettendo subito gli occhi su Max Troy (Harris), strafottente, ambiguo personaggio che denuncia redditi minimi e compra macchine di lusso; anche trascinatolo al distretto, tuttavia, non ne cavano un ragno dal buco. Per chi guarda non sono certo un mistero le responsabilità di Max: lo abbiamo visto benissimo accompagnare Starkey nell'incipit fino a trattenerlo per farlo centrare dalle fucilate, ma incastrarlo non sarà una missione da poco. Registrazioni telefoniche, un possibile testimone oculare... Le vie esistono, percorrerle è complicato.

A colpire è lo stile glaciale di Webb: pur non disdegnando qualche rara inquadratura azzardata, il film esibisce la quintessenzialità tipica di quegli anni, alla quale aggiunge però uno stile singolare: poliziotti volutamente inespressivi, primi piani e, in primis, una quantità indescrivibile di frasi che escono a getto continuo dalle bocche dei protagonisti: parlano tutti a velocità inusuale (narratore compreso) costringendo chi guarda a concedere al film un'attenzione decisamente superiore alla media. Poi d'improvviso qualche pausa, come quando i due poliziotti raggiungono in casa la moglie (Gregg) della vittima, che con in mano un bicchiere e visibilmente ubriaca si lancia in un monologo spiazzante in cui glorifica oltremodo il marito, alzandosi poi dal divano e mostrando di avere una sola gamba: una piccola sorpresa che dice di come Webb tenti anche di stupire, prima di riprendere a macinare dialoghi a mille all'ora.

Buono l'incontro col testimone oculare nelle sale dove sono allestite scene di caccia, conferma di una raffinatezza che si spinge talvolta alla ricerca di ambienti non necessariamente scontati come nei polizieschi del tempo. Il taglio è insomma molto moderno, il montaggio veloce, gli scambi fulminei, con alcune belle sfumature nei personaggi (Max, o ancora il testimone oculare). Nulla di particolarmente significativo nella trama invece, che segue le regole del genere limitandosi semmai a lavorare nella resa dei problemi legati agli impedimenti legislativi (l'utilizzo non corretto delle telefonate registrate, ad esempio). Finale spiazzante, che chiude un buon film non rivoluzionario ma ben scritto e godibile.



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TITOLO INSERITO IL GIORNO 24/03/25 DAL DAVINOTTI
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