Magia lucana - Corto (1958)

Il documentario che per primo rivela il talento di Di Gianni. In una cornice fatta di povertà assoluta e insoverchiabile, antichi rituali pagani (invocazione e adorazione del sole, canti divinatori per scacciare nuvole nefaste dai territori di semina e raccolto effettuati con l'aiuto di una falce) restituiscono la dimensione del sacro dell'agreste popolazione lucana. Una dimensione in cui la religione cattolica fatica ancora a svolgere un ruolo primario.

Sulle orme di De Martino, viaggio nella profonda e più sperduta Basilicata, tra villaggi e campagne inondati dal sole e dalla povertà. Straordinaria la composizione visiva delle immagini, così come struggente e potente è la narrazione dei vari momenti, con un ritmo che assorbe quello lento e ancestrale dei miseri contadini. Magnifiche le panoramiche del ritorno dei lavoratori, la scena delle prefiche con i gruppi di persone disseminati nel deserto, le visioni di vicoli e case, il tutto in un b/n folgorante. Grande cinema.

Tra i corti a carattere antropologico di Di Gianni è forse questo il più poetico e astratto, un desolante affresco di miseria esistenziale sotto il sole abbacinante di una terra, la Lucania, che non intrattiene e non perdona ma, anzi, esige periodicamente un pesante tributo di sangue. Le sparse annotazioni, recitate da Arnoldo Foà, riassumono con il massimo dell'esaustività l'orizzonte metafisico in cui si muove l'esistenza sempre uguale, sempre ugualmente difficile dei contadini lucani. Acuto, profondo.