Maborosi - Film (1995)

Piani sequenza, lunghi silenzi riempiti, a volte, da qualche nota soave, campi lunghi e controcampi insistiti. Un rigore formale ricercato e calligrafico affossa quasi totalmente un film che poteva regalare ben altre emozioni. E non basta il tormento della protagonista sulle possibili cause della morte del marito, non basta l’elaborazione di un lutto che il regista, però, ci fa vivere con fin troppo distacco e non basta il racconto di un'esistenza che vuole ripartire da un punto non preciso, ma ripartire e basta. Algido, dispersivo e privo di pathos.

Il primo lungometraggio di Kore-eda racconta una storia di sensi di colpa, di incomprensibili gesti e di un malessere vissuto quotidianamente. Le sorti e le vicissitudini di una tormentata protagonista vengono delineati in maniera poco incisiva e a volte in maniera troppo distante. Probabilmente il regista era ancora alla ricerca di un'identità stilistica, ma nonostante tutto qua e là si respira quel tocco delizioso e delicato che lo renderà un grande autore (come ad esempio il bel finale: un quadro dipinto con un paio di battute significative).

L'esordio di Koreeda non è certo di quelli folgoranti: eppure si vede che c'è della qualità. In particolare quella di una sensibilità non comune per le immagini ed una profonda attenzione ai rapporti umani che vengono costantemente indagati. Peccato però che il film non riesca mai veramente ad interessare ed emozionare se non per qualche breve momento. Interessante anche il modo di muovere la macchina da presa. Ma tutto è vuoto, algide, fine a se stesso. Con un suo perché, ma pur sempre mediocre.

Straordinario esordio di Koreeda, che decide saggiamente di raccontare una storia semplicissima facendo parlare i personaggi il minimo indispensabile; sono le riprese a fare tutto, passando da pochi scorci urbani di Osaka a maestose panoramiche di ambientazione costiera, in cui gli attori sono inseriti con una precisione geometrica quasi kubrickiana. Raramente inquadrata in volto e ripresa quasi sempre da lontano la protagonista, al fine di lasciare sempre dubbi sul suo stato d'animo, anche dopo il dialogo finale. 110 minuti che paiono 10. Uno struggente dipinto in movimento.