Uno dei cult-movie per eccellenza. Magistrale la regia, per niente datata, che riesce a creare (anche grazie all'ottima fotografia) scene e ambientazioni molto suggestive. Ottima l'interpretazione di Peter Lorre e bravi tutti gli altri. C'è qualche lentezza nel primo tempo ma sia la parte thriller che quella "politica" funzionano benissimo e gli ultimi dieci minuti sono eccellenti (nonostante il lieto fine sembri un po' posticcio).
Uno dei capolavori del cinema degli anni '30, che riesce a superare con una certa freschezza il lasso di quasi ottant'anni che lo separano dal pubblico odierno. Fritz Lang dirige con maestria uno splendido film in bianco e nero dall'ottima fotografia ed intrepretato eccellentemente da un Peter Lorre in stato di grazia. La trama è nota: in città un bruto violenta ed uccide numerose ragazzine, viene così organizzata una caccia al maniaco cui prendono parte anche i malavitosi locali. Imperdibile.
Benché risenta chiaramente dei molti decenni di vita, pare incredibili che sia un film del 1931, perché conserva momenti di freschezza davvero notevoli (per certi motivi, “purtroppo”). Pellicola celebre e celebrata, e spesso, più o meno apertamente citata, che dà fama mondiale allo straordinario fisico del grande Peter Lorre. Impossibile non vederlo almeno una volta.
Film del 1931 che anticipa di decenni lo stile noir e temi sociologici ancora attuali: l'angoscia verso il nemico sconosciuto, l'emotività della massa, il valzer istituzionale, la cura del criminale malato e la protezione delle vittime. E il ribaltamento di ruoli, genialmente narrato con un montaggio alternato, tra polizia e bande criminali. Tra gli attori superbo Lorre e il suo epilogo. Peccato per alcune prolissità e dialoghi poco funzionali che pregiudicano la godibilità globale del film. La fotografia è molto bella ma non sempre uniforme.
MEMORABILE: Il capo dei boss "stiamo esercitando una professione e dobbiamo continuare a vivere, per questo il mostro va catturato"
A giusto titolo annoverato fra i capolavori di sempre, ritengo sia questa una pellicola che non si può non aver visto almeno una volta. La regia è attenta e procede benissimo. Alcune scene impressionanti per l'epoca. Su tutte (e suonerà scontato) la scena del tribunale sommario. Il mostro nella sua inquietudine, pazzia, malattia è assolutamente interpretato in modo magistrale.
Capolavoro assoluto dell'espressionismo tedesco e della cinematografia mondiale, può contare sulla prodigiosa regia di Lang che, pur essendo al suo primo film sonoro, sfrutta al meglio e con insuperata maestria le nuove potenzialità del mezzo cinematografico. Splendide anche la messa in scena e la sceneggiatura, che tratta con rara delicatezza, sobrietà ed efficacia temi come quello della pedofolia e degli assassini seriali. Ciliegina sulla torta, la maiuscola prova di Lorre, che è muto per quasi tutto il film e che, quando apre bocca, mette i brividi.
MEMORABILE: Tutto il film, ma soprattutto i primi dieci minuti, la caccia al mostro ed il "processo" finale.
È un capolavoro immenso. Lo è perché le sue immagini risalenti ad oltre settant'anni fa sono vive, fresche, come se fossero state girate pochi anni fa. Meravigliosi sono i movimenti di camera (incredibilmente innovativi per l'epoca) e l'uso della messa a fuoco (esempio su tutti, il cestino delle carte fuori fuoco per tenere a fuoco la mano che lo afferrerà poco dopo). E, ovviamente, eccellente è l'interpretazione del protagonista, il killer, le cui espressioni rimangono nell'inconscio di chi ha visto il film. Per sempre.
La polizia brancola nel buio e i criminali non riescono più a crminaleggiare in pace per causa sua, perchè i poliziotti perquisiscono e interrogano tutti. Il mostro di Dusseldorf è una vera calamità pe i cittadini, onesti e non, ma soprattutto per le povere bambine che uccide. Bravo il protagonista, con la sua aria innocente, il suo fischiettare mentre scrive alla stampa, concludendo con "Non ho ancora finito", o mentre sta per entrare in azione. Interessanti anche le indagini su più fronti, con l'ultilizzo persino dei barboni. Godibili gli interrogatori e la ricerca di indizi. Grande film.
MEMORABILE: La bambina lancia la palla contro un manifesto che parla del mostro. Poi compare un'ombra: è lui. La parte finale (nella vecchia distilleria).
L'indimenticabile Peter Lorre è il nonno di tutti i serial killer cinematografici moderni, ma pochi degli epigoni possono contare sul suo spessore: riesce a suscitare pena e ribrezzo nello stesso tempo e l'orrore per i suoi crimini non ne nasconde l'umanità, sia pur deviata. Capolavoro che colpisce per l'implacabilità del parallelismo fra giustizia pubblica e giustizia privata (le riunioni dei capi-banda sono simili a quelle del capo della polizia), l'uso sapiente del sonoro (il motivetto fischiettato), alcune bellissime soluzioni visive. Capolavoro senza tempo.
MEMORABILE: L'attesa da parte della madre di una delle bambine, il segno col gessetto, il "processo" finale.
Questo film è grande per tanti motivi: le riprese assolutamente originali, per esempio dall'alto, oppure l'ombra di M che appare sul manifesto con la taglia dove la bambina gioca a palla. Le luci e le atmosfere create, lo stesso fischiettare di M ha un suono macabro, la scelta di Lorrie poi è fondamentale. Le fumose riunioni in parallelo della polizia e della malavita che per motivi diversi vogliono trovare l'assassino. Il film è pieno di trovate che coinvolgono e mantengono alta la tensione, anche se già si conosce il bruto. Senz'altro fondamentale.
La ragione per cui l'unico horror che amo in questo momento è proprio il cinema non strettamente horror (il Lynch di Strade perdute, il Von Trier di Antichrist) è il fulcro di questo film: la psiche. Se gli sceneggiatori si concentrassero di più sul campo dello scibile ancora parzialmente oscuro (la mente umana) e meno sul "dopare" i loro film con effetti grafici si potrebbero avvicinare ad un film come "M", inquietante dopo settant'anni. Regia modernissima, denuncia sociale lungimirante, unica pecca la recitazione di Lorre, coinvolgente ma quella sì, datata.
MEMORABILE: "Quando cammino per le strade ho la sensazione di essere seguito, invece sono io ad inseguire me stesso..."
Si aggiunge il sonoro allo stile di Lang e Peter Lorre è il capostipite dei tanti serial killer del cinema, col suo fischiettare e la figura ambigua, ributtante e commovente. Lang porta al culmine tutta l'esperienza impressionista e la scuola brechtiana, specie nel ritratto della comune dei ladri. Il regista anticipa, con le divise della milizia, gli ambienti claustrofobici, l'arrivo del mostro psicotico la letale esperienza nazista. Film capolavoro, purtroppo impossibile da vedere integralmente (solo il dvd inglese ha una versione più lunga di tutte).
MEMORABILE: Lorre, processato dai ladri, parla delle voci che sente in testa; proviamo ribrezzo e pietà allo stesso tempo.
"M" senza Peter Lorre non sarebbe stato lo stesso film. Doveroso segnalare una delle interpretazioni più azzeccate della storia del cinema di tutti i generi. Il suo viso sgradevole e perciò attraente, la sua statura minuta ideale per un ruolo di "strisciante" repellenza. Eppure il suo sguardo è pieno di struggente umanità, oserei dire. Lang da par suo riesce ad usare questo ometto facendolo diventare un gigante. Il finale è un po' retorico ma va bene così (siamo nel 1931).
Bel film, nel quale Fritz Lang fa un ottimo lavoro alla regia. Pur se datato, risulta molto attuale e legato a vicende che oggi (purtroppo) fanno parte del nostro quotidiano. Ottimo l'uso del sonoro, fortemente tematico e finalizzato allo scioglimento della trama. Buona la prova di Peter Lorre, perfetto come incarnazione del serial killer. Pellicola non eccezionale, ma da vedere data "l'età" come rappresentativa del genere.
Capolavoro assoluto e manifesto dell'espressionismo tedesco, questo film di Lang conferma anche dopo decenni la propria potenza cinematografica. Il tema è affrontato in modo tanto umano quanto terribilmente coinvolgente, tramite un'ottima sceneggiatura e sequenze in cui il regista sperimenta montaggi e chiaroscuri con risultati sorprendenti. La profonda introspezione psicologica (un misto di orrore e pietà) e l'attualità del suo messaggio sono una sorprendente prova di lungimiranza. Superlativa la prova di Lorre.
MEMORABILE: L'ombra che compare sul manifesto, seguita dalla frase "Che bella palla che hai..."
Film capolavoro girato alla fine della traballante Repubblica di Weimar, da cui trae l'atmosfera di incertezza sociale. Un grande Peter Lorre che con la sua personalità sudaticcia, molle e sfuggente, incarna alla grande la parte dell'omicida seriale. Molto efficaci sia l'uso del sonoro con il motivetto fischiato dall'assassino e magistrale la sua arringa finale davanti al tribunale popolare. Una pellicola monumento!
MEMORABILE: L'arringa finale davanti al tribunale popolare.
Indiscutibile l'importanza che ha avuto per il cinema a pochi anni dall'introduzione del sonoro, ma valutato con distacco per quello che offre, non lo ritengo un capolavoro. Ha due periodi memorabili, che sono l'introduzione e il finale in crescendo, ma all'interno non manca di imperfezioni, come certi momenti caotici e passaggi semplificati. L'apprensione che trasmette è costruita in modo lineare ma efficace. Alcuni temi trattati sono di rilevanza sia individuale (la follia) che collettiva (il ruolo della giustizia). ***
Il primo film sonoro di Fritz Lang è anche l'antesignano (nonchè una delle opere più riuscite) della cinematografia dedicata ai serial killer. Giustamente considerata un esempio di espressionismo, l'opera è contraddistinta da un eccellente uno della fotografia oltre che da una regia incisiva e da un'ottima interpretazione di Peter Lorre che regala al "mostro" una vasta gamma di espressioni.
Un film che ha contribuito enormemente a definire il linguaggio cinematografico che ancora adesso viene adottato. È impressionante sapere che è stato girato nel 1931. Un uso espressionistico della tecnica di ripresa e montaggio (non per nulla è considerato un capolavoro dell'Espressionismo) unito a superbe prove di attore (Peter Lorre ovviamente su tutti) consegnano alla storia questo capolavoro. Visto e rivisto non perde un'oncia del suo fascino.
Perturbatore dell'ordine sociale e di quello criminale, Beckert, assassino di ragazzine, è un ragazzone: faccia paffuta e triste, occhi sgranati e ansiosi, cammina fischiettando e si volta impaurito, perseguitato dal suo immaginario "doppio". Immagini di marmorea potenza espressiva (il posto vuoto a tavola di Elsie, l'ombra di Beckert che la sovrasta, le smorfie feroci dei malavitosi nel processo, le tre "madri dolorose" nel finale), scandiscono le tappe di un viaggio nella mente di un assassino, e dell'esplorazione di una follia personale e collettiva.
MEMORABILE: Il palloncino di Elsie impigliato nei fili della corrente: è una natura morta!
Una pietra miliare. Rarefatto e drammaticamente attuale nonostante gli ottanta anni di vita. L'inquietudine e la sorpresa aleggiano nella narrazione che mostra elementi di notevole senso di espressione. Le riprese contribuiscono a creare il plumbeo clima.
M è l'inizio della passione del cinema per i serial killer, questi personaggi malati, figli di una società innamorata della malattia. Lang, grazie a un Lorre in gran forma, ha realizzato una pellicola importante, magari non invecchiata benissimo ma ancora in grado di rappresentare ottimamente atmosfere tetre e il tipico atteggiamento delle masse verso questi personaggi. I difetti sono quindi perfettamente perdonabili, per il suo essere, ancora dopo 80 anni, un film di argomento moderno realizzato con passione. Da vedere.
Polizia e malavita all'inseguimento del serial killer pedofilo: mostro sì, con tanto di "M" sulla spalla, ma soprattutto fragile maniaco dilaniato dai mostri che lo divorano di dentro, che sembrano rifrangersi nelle ambiguità di un sistema sociale invertito (il tribunale dei criminali). Tra la strepitosa interpretazione di Lorre e altrettanto sorprendenti invenzioni registiche (derivate dalla grande lezione espressionista, ma anche da una sensibilità acuta dell'inquadratura, specie in movimenti insinuanti), il film entra nel novero dei "must".
L'inizio del film è da applausi, una lezione di regia che dopo ottant'anni è tutt'altro che superata. Il finale al contrario è una lezione di cattivo cinema altresì conosciuta come LO SPIEGONE, una piaga da cui non ci libereremo mai. Nel mezzo si ondeggia tra questi due estremi e scene magistrali si alternano a lungaggini che solo l'età del paziente può giustificare. Sicuramente un pezzo di storia del cinema che va trattato con rispetto: c'è ancora molto da imparare da questi fotogrammi.
MEMORABILE: Il primo adescamento; la riunione parallela di polizia e criminali; la M sul cappotto.
Partiamo dalla fine, trionfo di misericordia ed apologia contro la pena di morte. Il film è il primo sonoro di Fritz Lang, con atmosfere cupe e tensive e un sottofondo malsano che ben si associa alla mente disturbata del protagonista. Un vero classico su cui ogni commento sembra diventare superfluo...
Non riuscirò mai, per fortuna, ad individuare nelle lentezze sparse lungo pellicole come questa, alcun crisma di negatività. Quel che si definisce "lentezza" è il quieto e limpido stagno magico dove una rapita attenzione sguazza beata. Perché vi si rende il senso di una progressione del tempo quasi reale, intimamente conforme alle emozioni, alle reazioni, alle elucubrazioni ed ai dialoghi che, in una tragica vicenda collettiva del genere, possono ipotizzarsi. Ci si invischia nel clima dei fatti, singolarmente partecipi. Pensando. Pure nei thrills!
MEMORABILE: La dimensione meditativa che, aleggiando per tutto il film, sia nei momenti di ritmo che negli altri, nell'esito finale suggestivamente si compie.
Capolavoro del cinema espressionista tedesco e del maestro Fritz Lang, è ancora di gradevolissima visione al giorno d'oggi con uno sguardo rivolto verso il cinema di una volta, grazie alle sue inquadrature sui dettagli e le inconfondibili atmosfere noir anni '20. Magistrale Peter Lorre nell'impersonare il famigerato mostro, insuperabile nella sua difesa durante il processo farsa inscenato dai criminali della città. Qualche momento di pausa durante tutta la durata del film non può esimerci dalla visione.
La Ragione illuministica si sgretola pressata dalla relatività della giustizia e dall’indeterminatezza (o universalità) della colpa e diffonde un senso di grigiore e impotenza che Lang incanala attraverso i moduli espressionisti del simbolo (il continuo ricorrere del cerchio) e della sottrazione per alludere agli infanticidi appena commessi (la palla, il palloncino tra i fili del traliccio, il posto a tavola vuoto). Straordinario Lorre, beneficato dall’utilizzo del sonoro per intensificare contorsioni e struggimenti degni di un divo del muto. Psicologico, politico e di sconcertante attualità.
MEMORABILE: Il fischio; il processo sommario e la disperata autodifesa-accusa di Lorre.
Monumentale capolavoro di Lang con un Lorre sublime e stravolgente. Grazie ad una sceneggiatura perfetta e una regia che è forse il punto più alto dell'Espressionismo tedesco, Lang regala qui la sua opera più indelebile e completa. Inquadrature all'avanguardia, un montaggio che alterna pause e frenesia in modo magistrale, un sonoro che taglia come una lama. Per il sottoscritto uno dei film più importanti mai apparsi sul grande schermo. Fondamentale.
Pellicola profetica e intrisa di temi universali e senza tempo. Peter Lorre, figura maligna e cattiva, ma allo stesso tempo quasi struggente quando il Mostro che c'è in lui cambia ed esce in tutta la sua, seppur alterata, umanità. Tecnica di ripresa, sapiente utilizzo del montaggio e della musica, appeal narrativo che ha fatto scuola nel corso degli anni, sono i tratti distintivi di una grandissima opera che può vantare anche un'ottima indagine psicologica sull'individuo. ****.
Difficile non rimanere inquietati dalla sinistra figura di Petere Lorre (alias il mostro di Dusseldorf) in quest'opera veramente impressionante per bellezza e contenuti. Il male nel suo lato peggiore, quello che vede coinvolti loro malgrado dei bambini, viene mostrato nella soggettiva del mostro malato e mentalmente degenerato. Un'opera unica e affascinante che lascia allo spettatore, grazie a i suoi tempi dilatati, lo spazio necessario per pensare e per soffermarsi sui singoli dettagli. Lorre è da top ten dei cattivi di sempre.
Quando ci si imbatte in un capolavoro è sempre difficile parlarne perché ogni parola sembra togliergli qualcosa. Qui siamo sicuramente davanti ad una delle punte più alte dell'Espressionismo tedesco. Il film è pervaso da una tensione malsana che si può leggere sui volti delle persone, sulle autorità che non riescono ad afferrare il mostro. Straordinario il richiamo mnemonico del motivo fischiettato dall'assassino; un leitmotiv innocente e subdolo. Monumentale Peter Lorre. Da non perdere! *****
Lang Prende di mira certa giustizia sommaria e i linciaggi, situazioni che appartengono a tutte le epoche quando si tratta di un mostro che uccide bambine: Lorre riesce a fare pietà di fronte a un tribunale di ladri e assassini. Il film è comunque ottimo, espressionista ma anche realista. Notevoli le inquadrature dei particolari: sopratutto i sigari, le sigarette, il fumo negli ambienti, i boccali di birra, le divise delle guardie e tutta la parte delle indagini. Bei volti gli attori.
In un asse cartesiano che misurasse sulla retta delle ascisse il grado di antichità di una pellicola, e su quella delle ordinate il livello di validità attuale del suo linguaggio, M rappresenterebbe il picco più elevato dell'insieme. Al di là dell'importanza di genere (innumerevoli gli affettuosi omaggi e le citazioni blsafeme) l'uso del sonoro e del montaggio hanno educato un'epoca di spettatori (e di cineasti) a modi inediti di concepire il racconto. Imprescindibile.
MEMORABILE: Il motivetto del Peer Gynt di Grieg ("Nell'antro del re della montagna") fischiettato dal protagonista.
Un’opera importante e all’avanguardia per costruzioni narrativa e scenica in grado di stupire a distanza di decenni. Apre a più di un pensiero; in particolare su quanto possa essere pericolosa la massa arrivando ad arrogarsi il diritto di giudicare un uomo lasciandosi trasportare dall’impulsività con il rischio grande di commettere errori. Magnificente l’interpretazione di Peter Lorre, profondamente immerso nella parte. Merita tutte le parole spese per celebrarlo, non dimenticando l’anno d’uscita.
MEMORABILE: La M sulla giacca; Il processo clandestino.
Monumentale. Se dopo l'incipit fenomenale (con la filastrocca e il terribile "non-visto") il film si incanala lungo quella che pare un'ordinaria indagine poliziesca, tutto d'un tratto lo vediamo svoltare facendo entrare in gioco la banda di malfattori, per poi tingersi di un'efficacissima tinta politica nel finale (le famose porte aperte, tutt'ora attuali). La regia è magistrale e mai così matura in un film di quegli anni; la soggettiva nel covo dei ladri ricorda paro paro Scorsese. Indimenticabili le facce di ogni caratterista.
Miracolosamente in bilico fra muto e sonoro, è il film più raffinato di Lang (grazie alla collaborazione con la Harbou): di estrema essenzialità la messa in scena (l'iniziale scomparsa della bambina, i tratteggi psicologici del mostro) e audacissimo il costante parallelo fra apparato repressivo istituzionale e mondo criminale (le riunioni in contemporanea dei vertici della polizia e delle gang). Ottimo Lorre, assieme vittima e carnefice, un carattere simbolico potentissimo che, nell'ambiguità, prefigura i decenni storici a venire.
Primo film sonoro di Fritz Lang, straordinario per intensità ed efficacia visiva. Il genio di Lang si manifesta continuamente, da alcune scelte registiche, diventate autentico culto presso i fans e non, sino al grande montaggio, passando per dialoghi e ritmo rari per un film di quel periodo. Alcune scene e inquadrature sono tra le più famose della storia del cinema e aiutano a creare un'atmosfera sempre all'altezza. Straordinari Peter Lorre e la scena del processo.
All'alba della Germania nazista, con il paese già formalmente in mano a Hitler, ecco spuntare fuori un lungometraggio incentrato su un villain fisicamente più grottesco che pauroso e tuttavia incarnazione di un male così profondo da non essere nemmeno rappresentabile direttamente. Di più: egli, coram populo, ammette di sapere di essere malato e di non saper resistere alla forza interiore che lo spinge al delitto. Tesi detonante ora: figurarsi allora. O forse ora e allora sono legati molto più strettamente di quanto si possa pensare?
Se si pensa che questo film fu girato (a costi altissimi) per essere un blockbuster, è sconvolgente constatarne la longevità. Dopo 90 anni si vede con un piacere non annebbiato dall'ammirazione o dall'auctoritas. E' semplicemente un capolavoro, pieno di idee, di note ironiche e satiriche attualissime, citazioni dell'arte figurativa coeva (quanto Dix, quanto Grosz), di strabilianti interpretazioni. Su tutto è straordinaria la sequenza del processo dei criminali, geniale ribaltamento prospettico (non l'unico del film).
Certe volte è difficile giudicare film così antichi. Qui non accade: colpiscono la freschezza e la modernità delle soluzioni visive, il senso del ritmo da cui ci sarebbe ancor oggi da imparare (perfetto il montaggio alternato di molte scene), il gusto scenografico con un magnifico bianco e nero. Lang dirige il tutto come un meccanismo ad orologeria. Indimenticabile Lorre: il suo serial killer col volto da bambino e gli occhi sgranati sembra più vittima braccata dalle proprie pulsioni che carnefice. Il parallelismo continuo tra forze di polizia e criminali ha molto di beffardo.
MEMORABILE: L'ombra sul manifesto; Il viso di Lorre al vedere la bambina nella vetrina; La M sulla spalla; Il tribunale dei criminali; Il monologo finale di Lorre
Serial killer di bambine viene cacciato sia dalla polizia che dai criminali. Il tema, inquietante, viene trattato senza morbosità verso le vittime, creando la tensione come fosse un film muto. Ampio spazio alle indagini, con gli scarsi mezzi dell’epoca, e seconda parte capolavoro con l’interrogatorio finale. Regia che sfrutta le geometrie degli spazi ed è impeccabile nelle scelte dei primi piani e nei tempi. Viene affrontato anche il tema della giustizia privata, tema caldo nel periodo storico.
MEMORABILE: La M sulla spalla; Le pagine delle indagini abbinate alle immagini vere; L’impulso ad uccidere.
Grandioso apologo sulla giustizia col marchio inconfondibile di Fritz Lang, che parte dall'espressionismo per gettare semi che faranno crescere molto cinema successivo. La straordinaria forza delle immagini quasi fa passare in secondo piano una storia che, pur intrisa di uno splendido simbolismo, mantiene una linearità narrativa esemplare. Ottima prova del cast con Lorre superlativo che s'mpadronisce del personaggio facendone uno dei memorabili cattivi della storia del cinema. Un capolavoro assoluto che dopo quasi un secolo conserva una sconcertante attualità. Visione obbligatoria.
MEMORABILE: Il processo improvvisato dai malavitosi; La magistrale fotografia di Falkenberg.
Grande opera che stupisce per l'asetticità del racconto e l'intensità dell'interpretazione di Peter Lorre, non senza la potenza e la profonda drammaticità di alcune inquadrature anche di profilo. Ispirato alle vicende di Peter Kürten, detto "il vampiro di Dusseldorf", accusato di avere commesso una trentina di omicidi (uomini, donne e bambini), poi condannato a morte per decapitazione proprio nello stesso anno d'uscita del film. Grande anche nel finale, sospeso come il giudizio.
MEMORABILE: Il posto a tavola vuoto nel silenzio; La corsa lungo le scale del palazzo; Il discorso finale del mostro.
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Il titolo originale avrebbe dovuto essere The murderers are among us, con un velato accenno alle squadre criminali naziste delle SA. lang decise poi di modificarlo nel timore che il riferimento risultasse troppo esplicito e pericoloso.
Dvd e Blu-ray della A&R saranno a doppio disco e conterranno sia la versione originale di Fritz Lang che il remake del 1951 (di Joseph Losey).
Questo è estremamente interessante. Il film di Lang è sicuramente un capolavoro. Quello di Losey non l'ho mai visto, ma immagino che meriti. (segnalo che il film diretto da Losey dovrebbe essere in inglese con sub. italici, almeno secondo quanto segnalato in scheda dal sito DvdStore).
Dvd e Blu-ray della A&R saranno a doppio disco e conterranno sia la versione originale di Fritz Lang che il remake del 1951 (di Joseph Losey).
Questo è estremamente interessante. Il film di Lang è sicuramente un capolavoro. Quello di Losey non l'ho mai visto, ma immagino che meriti. (segnalo che il film diretto da Losey dovrebbe essere in inglese con sub. italici, almeno secondo quanto segnalato in scheda dal sito DvdStore).
Segnalazione corretta, la fascetta della cover, sia del dvd che del blu-ray, segnala la medesima informazione circa il film di Losey.
immagine (a 1:03:08) presa dal DVD A&R (a mio parere un'ottima edizione) che ha una durata complessiva di 1:49:26 (Il master utilizzato è sicuramente quello della Criterion):