Annunciata da polemiche sapientemente volute (un Lupin nero è figlio del politically correct?) e sostenuta da una struttura che ridefinisce il concetto di "stagione" (con un finale che più cliffhanger non si può e una seconda parte già pronta ma tenuta per dopo), la serie mira all'aggiornamento contemporaneo sul modello dello Sherlock Bbc, attraverso l'escamotage del figlio di un immigrato senegalese che si ispira ai libri di Lupin per vendicare il padre. Abbastanza gradevole, benché l'impianto hi-tech sia dei più prevedibili e c'è molto meno Leblanc di quanto si vorrebbe.
Questa serie, (molto) liberamente ispirata alle peripezie dell'ormai centenario ladro Arsenio Lupin, si situa, ahinoi, in quello sperduto limbo in cui le esigenze artistiche e quelle commerciali sembrano due rette parallele che, come scritto su ogni sussidiario, finiscono per non incontrarsi mai. Al gran battage pubblicitario non fa infatti riscontro una qualche, nemmeno minima, novità narrativa degna di nota: le vicende di Sy si seguono quindi come si seguirebbe qualsiasi cosa mentre si è impegnati a far altro, con un occhio sullo schermo e il cervello altrove. Piatto.
Lupin sta al ladro gentiluomo letterario come la serie BBC Sherlock sta all'investigatore di Doyle. Di base questa traslazione dell'epica di Maurice Leblanc in chiave moderna funziona, anche perché le spalle di Omar Sy sono larghe e il suo fascino buca lo schermo. Però tutto l'impianto hi-tech e i sortilegi sul modello del professore de La casa di carta, per cui prima il buon Assan esce in modo rocambolesco da un vicolo cieco e poi viene spiegato il trucco, ne fanno quasi un supereroe moderno, affascinante sì ma dalla credibilità estremamente limitata. Resta un valido divertissement.
Serie breve ma decisamente riuscita, tiene in ognuna delle puntate lo spettatore con il fiato sospeso in quanto non sono certo i colpi di scena a mancare. Siamo di fronte a una buona rivisitazione della figura del famoso ladro gentiluomo, portata ai giorni nostri. Forse girarne solo due stagioni da una parte può dispiacere allo spettatore, dall’altra, però, è quello che permette alla serie di non far perdere mai lo smalto a ciascuna puntata.
Le gesta del lacro gentiluomo Lupin vengono rinverdite da un emulo che si muove nella Parigi contemporanea. Serie di successo, Lupin è destinato a un pubblico trasversale. Piace per il contesto affascinante in cui si svolgono le storie, per il ritmo sempre alto e per la simpatia naturale del suo interprete. Il giudizio viene però ridimensionato dalla elevata improbabilità di storie e situazioni che, al netto della sospensione di incredulità che sempre si deve al racconto filmato, è davvero eccessiva e fa pensare a una certa sciatteria nella fase di scrittura.
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