Imperfetto, ma curioso. La comicità surreale (qui apolitica) di Dario Fo funziona a corrente alternata, ma è innegabile che il film abbia una freschezza interessante. Peccato per l’episodio dei cani, divertente nella sua realizzazione, ma concluso banalmente. Fo è un aspirante giornalista svitato, snodato, candido, che prende per oro colato tutto quello che gli altri dicono. La Rame fa la vamp di provincia, la Moll la finta ingenua, Umberto D’Orsi il giornalista. Si sorride.
Dario Fo evidentemente non era destinato al cinema, anche se questo suo esordio non dispiace. Il suo personaggio richiama un po' quelli del cinema muto, soprattutto nelle (numerose) scene in cui corre su e giù per la città, scene velocizzate in moviola, peraltro. La storia non è eccezionale ma si sorride sino al termine, ed il personaggio di Umberto D'Orsi, giornalista celato sotto vari travestimenti per i suoi scoop, è gustoso.
Qui fortunatamente scevra di connotazioni politiche, la comicità di Dario Fo può scatenarsi in una spensierata commedia di provincia, a tratti chapliniana sia per le mimiche e certi sguardi mesti del primattore, sia per i ritmi accelerati impressi da Lizzani soprattutto all'inizio e alla fine. I partners sono scelti con accortezza e adempiono al dovere di rappresentare veraci tipizzazioni.
MEMORABILE: L'arrivo nella palestra; Fo e il vigile; la partita a calciobalilla; l'inseguimento dei cani.
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