Lo sciupafemmine - Film (1988)

Lo sciupafemmine

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Per una volta lo sciupafemmine di un titolo in ogni caso poco attinente non pare essere Lando Buzzanca ma un uomo d'affari tedesco: l'unica persona, cioè, che potrebbe forse salvare dal fallimento la fabbrica di jeans a San Paolo di Carlo (Figueiredo), il cugino di Peppino (Buzzanca) dal quale quest'ultimo è stato spedito a lavorare. Il ricco imprenditore ha intenzione di fare un enorme ordine di calzoni e perciò chiede un incontro a Rio coi titolari dell'azienda; Peppino ci va, ma scopre da altri clienti che il tedesco, per firmare, pretende regolarmente di portare a letto la moglie del suo fornitore e se non glielo concedi addio contratto. Vi dice qualcosa? Già:...Leggi tutto è l'ennesima riproposizione dell'idea alla base di ERITREA, l'episodio di LA MIA SIGNORA che appena un anno prima era stato recuperato da Corbucci e Calà in RIMINI RIMINI. Buzzanca, così, torna in questa poco nota trasferta brasiliana a rivestire i panni che l'avevano reso celebre fino a un decennio prima. Per quanto, come detto, non sia lui lo sciupafemmine del titolo, l'ambito in cui si muove è quello delle commedie sexy che il regista Michele Massimo Tarantino aveva già diretto in quantità a cavallo tra Anni Settanta e Ottanta. Tanto che lo spunto di partenza, utilizzato per trasferire i protagonisti all'interno dell'albergo in cui si svolgerà gran parte del film, viene presto parzialmente abbandonato in favore di un (poco) allegro gioco di porte che si aprono e si chiudono, di personaggi che si inseguono, entrano ed escono da camere altrui animando la solita farsa di nessuna pretesa basata quasi esclusivamente sui meccanismi ad incastro imposti dalla sceneggiatura, lasciando cioè poco spazio ai dialoghi per privilegiare l'azione concitata. Peppino, che ha scelto quindi come falsa moglie di suo cugino Carlo la prostituta Joana (Dorneles), accompagna la coppia improvvisata a Rio dove però li raggiunge gelosa, in segreto, pure la vera moglie (Lafond) di Carlo. Sotterfugi, furbate, equivoci e tutto il campionario del genere non ci vengono risparmiati, con figure ulteriori chiamate a movimentare l'intreccio: la coppia in luna di miele con lei arrapata e lui fessacchiotto, il suicida (Bloch) che ovviamente non riesce mai nell'intento di togliersi la vita per sopravvenuti imprevisti causati dall'irrompere violento sulla scena dei protagonisti sempre in fuga da qualcosa, il cameriere (Ankito) che per lo stesso motivo ritarda mille volte a portare il caffè nella camera dove deve, la ninfomane oversize che s'innamora di Peppino e quando lo incrocia gli si lancia addosso a braccia aperte, l'uomo d'affari tedesco che ha l'identica reazione con la moglie di Carlo (amore a prima vista nella hall) ma punta sulla seduzione raffinata, il magnaccia di San Paolo giunto lì alla ricerca della sua preziosa Joana... Senza alcuna cura per dettagli o dialoghi, LO SCIUPAFEMMINE è un'imitazione brasiliana doc (Lina Rossana Ostrakovsky l'ha scritto col nostro Tarantini, regista che qui sfrutta come star un'icona come Buzzanca) di certe nostre “commediacce” che a fine Ottanta ormai quasi più nessuno produceva. Il risultato è desolante e fa capire quanto la forza di allora fossero soprattutto attori e caratteristi particolarmente versati al genere, qui sostituiti da altri magari anche di un certo nome (come Ankito) ma più inclini allo slapstick, nel caso specifico poco amalgamato.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 16/09/21 DAL DAVINOTTI
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Panza 25/06/23 19:40 - 1834 commenti

I gusti di Panza

Commedia degli equivoci d'ambientazione carioca diretta da Tarantini che può contare su un Buzzanca ancora in forma (unico italiano nel cast), attorniato da una serie di attori locali meno brillanti. L'hotel è quasi la naturale sede di scambi di camere, incroci di coppie e cat fight, purtroppo ripetuti fino all'eccesso in un'accumulazione di personaggi e battute che raramente strappa qualche risata ("Hai un culo che è una telenovela" è la battuta migliore), solamente per merito del protagonista. Tristarella la macchietta dell'omosessuale che poteva avere senso negli anni '70.

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