Le verità - Film (2017)

Comincia come una ZONA MORTA de noantri, continua suggerendo che invece potrebbe trattarsi di qualcosa di molto più complesso. Il fatto è che Gabriele Manetti (Montanari), di ritorno a Napoli dall'India dove ha concluso per l'azienda di famiglia un importante affare, ha delle inquietanti visioni: veloci flash che è convinto mostrino il futuro, anche se il medesimo non sembra poi verificarsi immediatamente nell'identico modo. Lo confessa alla propria fidanzata (Romanoff) e al miglior amico (Nevola) - al quale suggerisce pure, azzeccandoci, le domande che il professore (Scarpa) gli farà a un esame di medicina...Leggi tutto - ma nessuno sembra prenderlo sul serio (“Coincidenze”...). Una ragazza in spiaggia (Safroncik) coglie la sua tristezza, lo spinge a riprendere a dipingere, sua antica passione prima di passare a lavorare per il padre (Diberti) in fabbrica, mentre proprio quest'ultimo decide di offrirgli più spazio in dirigenza e come prima cosa lo incarica di licenziare un po' di dipendenti anziani...

Non può essere un buon momento, per Gabriele, che giorno dopo giorno vive ossessionato dalle sue visioni non sempre di facile interpretazione. Il film procede mantenendo un costante alone di mistero intorno alla decifrazione degli eventi aprendo a un'inquietante domanda: cosa è vero e cosa immaginato, nella vita di Gabriele? E cosa comunicano le deformazioni improvvise che costantemente (fin troppo, a dire il vero) alterano le immagini sullo schermo con sdoppiamenti, sfocature, colori modificati? E' evidente che qualcosa non funzioni, nella testa di Gabriele, tutto sta a capire cosa e fino a che punto. Gli spunti per variare sul tema della precognizione c'erano (con un'attenzione inedita agli infortuni sul lavoro nella parentesi dell'uomo ferito dalla pressa), Tommaso Montanari pur senza far gridare alla grande interpretazione riesce tutto sommato a reggere il ruolo, ma il caos che genera un soggetto confuso condurrà poi a un finale aperto le cui possibili interpretazioni resteranno in ogni caso a loro volta inevitabilmente fumose.

Di positivo c'è che si riesce a generare una certa curiosità nei confronti dell'attesa soluzione, perché non è mai chiaro fino a che punto ciò che si prevede si verificherà e in che misura, di negativo c'è però molto altro; a cominciare dalla soluzione stessa, naturalmente, per arrivare a una serie di scene di transizione che dicono poco o nulla, prolungate senza ragione alla ricerca forse di una cifra autoriale che riesce assai difficile individuare. Anche perché il confezionamento non è dei migliori, con la frequente impressione che ci si avvicini a una messa in scena povera molto penalizzante (gli effetti provocati sui fotogrammi dalle visioni sono terribili) che, unita a pause indesiderate e a una ripetitività che soprattutto nella prima parte si fa sentire, non aiuta. Dispiace per il desiderio di proporre qualcosa di diverso dal solito, in un panorama italiano al momento piuttosto asfittico, ma il regista e cosceneggiatore Giuseppe Alessio Nuzzo è in fondo all'esordio, nel lungometraggio, e non sarebbe giusto chiedergli di lavorare come chi è nel cinema da anni. Fugacissimo cameo di Maria Grazia Cucinotta nel ruolo della madre di Gabriele.

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