Drammone convenzionale, ben interpretato da Franco ma che non riesce a catturare perché la trama sa troppo di già visto e il ritmo è a tratti davvero fiacco. Il meglio è dato dal parallelismo con il caso giudiziario avente uno sprecatissimo Slater per imputato. Qui e là qualche guizzo, un twist decente verso la fine, ma nel complesso siamo di fronte all'ennesima crisi esistenziale dell'autore maledetto, con una sceneggiatura stentata e una regia molto acerba.
Scrittore dipendente da farmaci e droghe, con alle spalle un pessimo rapporto con il padre, spera di trovare ispirazione per il suo prossimo romanzo seguendo il processo di un presunto uxoricida... Tipico film che mette troppa carne al fuoco, finendo per penalizzare proprio il tema più interessante - quello sulla memoria che "sistema" i ricordi del passato per dare stampelle al presente. A fronte di Franco tormentato di routine, Heard sbiadita e Slater sprecato, Ed Harris giganteggia ed è la sua prestazione a giustificare la visione di un film più pretenzioso che riuscito.
Pellicola abbastanza convenzionale in cui affiorano i ricordi a uno scrittore tossicodipendente in crisi creativa miscelandosi con le sue vicende del presente. Troppe situazioni si concatenano creando talvolta una conclamata confusione narrativa. Il finale, nonostante il malcelato buonismo, appare almeno discreto. Sempre convincente Harris, appropriato Franco, Slater e la Heard quasi pervenuti.
Strano che il bravo James Franco abbia nello stesso anno recitato per due volte la parte dello scrittore in crisi. Se per il film di Wenders poteva comunque contare su di una regia attenta e brava a valorizzare i suoi tormenti, lo stesso non si può dire per questo scialbo dramma personale, dove il povero James si dimena tra scene di autolesionismo e litigi forzati con l'ambiguo padre (un sempre efficace Ed Harris). La trama giudiziaria accessoria poi è l'ulteriore appesantimento di una sceneggiatura povera e mal pensata.
Di sospeso c'è molto in questo film, a incominciare dall'attenzione dello spettatore. Attenzione che va scemando di mezz'ora in mezz'ora. Film pretenzioso (filosofeggia, soprattutto sul finale, più su delle ovvietà che su delle verità) e confusionario (troppa carne al fuoco con un uso sconsiderato e soporifero dei flashback e delle tante devianze umane). La Heard non brilla per recitazione, si sa, ma con la parrucca posticcia in testa risulta più finta del solito. Insipidi anche gli altri (Harris e Slater a parte, a cui è riservato, però, un ruolo marginale).
Ambiguo e contorto, sfrutta il personaggio Elliot senza mai far capire se l'opera realmente è autobiografica o è solo fiction di basso livello. La vicenda criminosa alle spalle è un banale pretesto e infatti influirà poco e niente sulla trama. Resta il fiacco tentativo di fare introspezione attraverso un personaggio border-line ultra abusato che finirà col credere alle bugie che si racconta da tempo per giustificare i suoi comportamenti. L'unica cosa valida è l'interpretazione di Ed Harris, che ancora una volta si conferma attore di lusso.
MEMORABILE: La presentazione del libro di Elliot "A part" che nella realtà però non esiste.
La storia di una tormentata redenzione che passa attraverso l'analisi di un passato doloroso. Tratto dal romanzo omonimo (il titolo originale fa riferimento ad un tipo di anfetamina), un film molto ambizioso che paga la verosimile inesperienza di una regista al debutto che non riesce ad amalgamare l'elemento passato a quello presente della vicenda e a conferire un ritmo adeguato alla pellicola. Gli attori sono ben scelti ma non sempre adeguatamente valorizzati (Slater); molto brillante la prova di Ed Harris. Un'occasione perduta.
Risulta pesantemente condizionato da limiti nella scrittura che impediscono al film di acquisire un senso compiuto. Non si capisce bene quale piega voglia prendere, né da che parte vuole stare perché resta sempre tutto in sospeso. Molte sequenze imboccano un vicolo cieco e non portano a nulla e l’interpretazione di Franco, per quanto onesta, non sposta di molto il giudizio complessivo. Il caso giudiziario a cui il protagonista si appassiona resta un esempio dell’incapacità di concludere un ragionamento compiuto, restando in secondo piano e in sospeso.
Tratto dall'omonimo romanzo. Afflitto dal blocco dello scrittore e dalle dipendenze dai farmaci, Elliot segue un caso di omicidio trovando delle affinità col suo passato. Storia che purtroppo coinvolge poco. Manca di una certa verve che mantenga l'interesse sempre alto. James Franco ed Ed Harris davvero convincenti. Discrete la fotografia e la colonna sonora.
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DiscussioneRaremirko • 28/01/19 21:47 Capo call center Davinotti - 3861 interventi
Secondo me un film ingiustamente sottovalutatissimo; ammetto che il tutto sia uno splendido esempio di come fare un film tecnicamente notevole partendo dalla solita trama trita e banale, ma comunque i brutti film son ben altri.
Mega cast (Harris come al solito monumentale, Slater si intravede e basta), suoni e sequenze bellissime e fatte da Dio, breve durata che enfatizza il tutto.
Tale Romanowsky è da tenere d'occhio; con uno script un pò più sfruttabile, ci troveremmo di fronte ad un capolavoro.