Certo che da un genio della settima arte, che ha brillato per la trilogia di
Ritorno al futuro,
La morte ti fa bella e
Le verità nascoste (non dimenticando quel gioiello che è l'episodio di
Storie incredibili) , per di più unendo il suo talento con quello di Guilermo Del Toro (e Alfonso Cuaron in veste di co-produttore) ci si poteva aspettare qualcosa di più cupo e fantasioso che la solita favoletta per famiglie , politicamente corretta e fastidiosamente paradisneyana.
Qualcosa del Zemeckis che fu rimane, tra le pagine gialle di un giornale, come l'incidente stradale iniziale sotto la neve a Chicago (per qualche secondo salta fuori ancora la grande tecnica del regista di
Contact), le hit anni 60 di
Forrest Gump e soprattutto il glamour/macabro della
Morte ti fa bella con la congrega di streghe all'unisono, snob e sofisticate, che si mutano in megere calve e pustolose, senza le dita dei piedi, con mani adunche, artigliose e allungabili, una bocca dai denti aguzzi che si apre a dismisura in un ghigno baviano malefico e le nari che si ingrossano , il close up, riflesso nello specchio delle brame, del volto scheletrico e putrescente della Strega suprema, nonchè le pozioni magiche come quelle di Isabella Rossellini.
Poi il film frana sotto il peso dell'inconsistenza bambocciosa senza troppa fantasia ( i tre topolini in CG stile
Alvin superstar, come il gatto, che sembrano usciti da un prodotto Disney o Pixar) guardando più a un pubblico decisamente infantile (come la proiezione iniziale e la voce fuori campo che narra le gesta delle streghe tramite un proiettore o il bruttissimo e pacchiano finale col luna park per topolini e le diapositive) e dimenticando (totalmente e volutamente) i gustosi tocchi horror/fiabeschi/naif della versione roeghiana.
La stregonesca favoletta coveniana zemeckisiana tenta, timidamente, qualche barlume horror/grottesco (la ragazzina trasformata in gallina dai riverberi alla
Freaks, la congrega di streghe che, una volta mangiata la zuppa di piselli senza aglio, si muta in un branco di mostruosi ratti-prettamente in CG-portando scompiglio nel lussuoso ristorante dell'albergo e dove anche la Strega suprema diviene un megaratto antropomorfo degno della
Creatura del cimitero) ma sempre tenendosi dentro i confini della fola edificante e bambinesca.
La Hathaway gigioneggia stregoneggiando sopra le righe, ancheggiando goffa sui tacchi a spillo, con un terribile slang russo (ma dovrebbe essere norvegese), con aria mefistofelicamente snob da
Morte ti fa bella, appunto, e a lei sono relegate le parti migliori del film (al congresso nella grande sala delle riunioni o quando si toglie le décolleté mostrando i suoi piedi deformi).
Anche Zemeckis si accoda alla nociva moda del politicamente corretto (la nonna e il ragazzino preso di mira dalle streghe cattive sono di colore e le streghe, tranne una, tutte bianche e altezzose) affidandosi al suo consumato mestiere per la messa in scena ma senza metterci troppa anima o passione.
Se in Roeg i pupazzosi topolini e la vera (e mostruosa) natura della Strega suprema della Huston erano miracolati dal genio di Jim Henson, quel che resta della nuova versione e una sterile e poco incisiva fiabetta in CG, che la apparenta, sempre di più, ad un sofisticato cartone animato (rinverdendo i poco lusinghieri fasti del Zemeckis d'animazione).
Chi ha paura delle streghe?