Bruno Forestier, agente dell'OAS, deve uccidere un uomo ma allo stesso tempo si innamora di una ragazza di sinistra. Secondo lungometraggio di Godard e prima sua incursione nel territorio della politica. Il terrorista protagonista è di destra ma cita Lenin e ammira i repubblicani della guerra civile spagnola. La regia di Godard sa essere aperta e spaziosa nella descrizione degli ambienti ginevrini, mentre si collega in maniera angustiante alla sceneggiatura nel fotografare i chiusi e asettici anfratti dell'appartamento dei protagonisti.
JLG cambia luoghi e atomsfere dopo il folgorante esordio, mantenendone però la sintassi eterodossa e autocitandosi - oltre a concedersi un paio di apparizioni hitchcockiane. Il film è politicamente ambiguo (indice di autonomia di giudizio o di confusione?) ma evita così le trappole del trattato o del proclama, e mantiene una sua compattezza fra guizzi d'ironia, la consueta vena aforismatica e una sequenza di tortura inusitatamente lunga. Valido
MEMORABILE: "La fotografia è verità. Il cinema è verità 24 volte al secondo"
Rispetto al folgorante esordio, i passi indietro sono tanti ed evidenti. Ma Godard ha già chiara, sia dal punto vista narrativo che da quello tecnico e stilistico, la sua idea di cinema e la persegue senza paure. La storia è poca cosa, appena abbozzata:
si procede quasi come improvvisando come prevede la "grammatica" e la "sintassi" della Nouvelle vague e quella godardiana in particolare. Politicamente ed ideologicamente ambiguo (probabilmente volutamente), il film funziona solo a sprazzi: c'è
cura per le immagini e qualche bello sprazzo visivo, ma mancano momenti iconici, anche verbali.
MEMORABILE: La fotografia è la verità. Il cinema è la verità 24 volte al secondo.
Spy story degenere a Ginevra. Il protagonista è il disertore reporter Bruno Forestier, un meta-sicario, militante dell'irrazionale, vittima consapevole del meccanismo, innamoratosi per scommessa del fantasma di un'idea (in questo caso l'incantevole Veronica di Anna Karina). Irto di meccanismi dello smascheramento tipici del linguaggio di Godard: pista audio desincronizzata alterata a singulti, tagli inutili del girato, citazioni innumerevoli (tendenza fino all'UltimoNouvelle Vague). L'ossessione per il codice noir reso gioco, risemantizzato, tragico e infantile, violento e sensuale.
MEMORABILE: "Il profilo delle case di notte, contro il cielo stellato, da sempre una strana emozione, ostile, misterioso, come tutto ciò che sovrasta gli uomini".
Jean-Luc Godard HA DIRETTO ANCHE...
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Proseguiva l'opera di sfondamento della quarta parete di Godard, col protagonista che osserva negli occhi lo spettatore, come Anna Karina in "Vivre Sa Vie" (a sua volta ispirata dalla "Monica" di Bergman), in questo caso Bruno Forestier-Michel Subor lo fa al culmine dell'intensità della tortura che sta subendo e poi nuovamente durante l'arringa del suo personaggio, in cui si spiega lungamente, faticosamente, in monologo esposto all'amante silenziosa, Veronica di Anna Karina, prima dell'epilogo.
Come in molti altri Godard il mosaico criptico di citazioni sembra voler ritrarre una concezione psichica del mondo nello spazio e nel tempo.
In questo caso si contano (solo le più evidenti, molte altre sono inafferrabili): Louis Aragon, Paul Klee (molte volte), Giraoudoux, Jean de la Fontaine, Velázquez (gli occhi di Anna Karina descritti come del grigio usato dal pittore) , Renoir, Cocteau, Modigliani, Madame De Staël, "La Condizione Umana" di Andrè Malraux (uno dei romanzi generazionali più importanti per la Francia del Dopoguerra), Drieu de la Rochelle (qui usato per l'evocazione di un immaginario collaborazionista portato alla morte durante la Liberazione), "siamo entrati in guerra come da bambini si va in collegio" da "I Ragazzi Umiliati" di Bernanos, Brigitte Bardot e Jean Seberg tra fotografie provenienti dai conflitti mondiali allora in corso, Jean Paul Sartre mostrato in fotografia durante l'interrogatorio che precede la tortura quale personaggio simbolicamente indagato, la lettera di Robert Desnos alla moglie portata come esempio sommo d'amore, Lenin, Van Gogh ("un giorno la morte c'imbarcherà per un'altra stella").