In molti glelo avevano riconosciuto: parlare di un dramma come l'Olocausto sapendone trarre un film quasi comico aveva del sublime. Bisognava possedere un senso della poesia e un disincanto sconfinati. E infatti ecco le celebrazioni, gli Oscar… premi che possono montare la testa. Benigni ha capito di aver toccato il tasto giusto e ha provato a ripetersi. Dopo la discussa parentesi di PINOCCHIO tornano l'amore la guerra, e questa volta tocca al conflitto iracheno, attualissimo, a fare da sfondo alla vicenda. In una Baghdad che sembra uscita dalla pubblicità dei Baci Perugina, il professore di poesia Attilio De Giovanni raggiunge...Leggi tutto la donna amata (la solita Nicoletta Braschi) mentre questa è in fin di vita, vittima del crollo di un palazzo. Col conforto di un amico poeta (Jean Reno) le starà vicino cercando di salvarla in ogni modo procurandosi medicinali difficilissimi da trovare, in un paese devastato dalla guerra. Uno spunto che poteva offrire molto è vanificato da una sceneggiatura mediocre e una regia sfilacciatissima, che non va al di là di scenette inconsistenti che a malapena strappano di tanto in tanto un sorriso. Benigni sembra sempre meno incisivo e più stralunato, prigioniero di un personaggio ormai distante da quelli sanguigni che avevano saputo vivacizzare eccezionalmente film altrimenti non memorabili come IL MOSTRO o JOHNNY STECCHINO. Il lungo intro onirico, terribilmente noioso, è lo specchio di un autore che ha perso per strada il senso della misura e si avvia a diventare un oggetto non identificato che rischia di scontentare tutti, un poeta che rivela se stesso nella curiosa lezione di poesia all'università. Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Non ho letto critiche "benigne" su questo film. Vero, un po' moscio; vero, la faccia della signora Braschi ha stancato tutti; vero, il "vecchio" Benigni era tutta un'altra cosa (rimarrò legato per sempre a Non ci resta che piangere); vero, la trama è un filo debole... ma, tuttavia, rimango ancora piacevolmente sorpreso da quest'uomo, dalla sua bizzarra elettricitá, dalle piccole geniali trovate che mi fanno sorridere... e la lezione sulla poesia in classe? Splendida. Grazie.
Nonostante l’indubbio (e riuscitissimo) carattere poetico del film, sono troppi i riferimenti a La vita è bella (il contesto, lo stile della narrazione, il tenero, buffo e coraggioso personaggio che sdrammatizza le situazioni più tragiche): il confronto risulta inevitabile e lo penalizza. Un buon film che regala momenti di grande raffinatezza, ma Benigni deve scrollarsi di dosso quella bellissima e scomoda eredità.
Con molta diffidenza mi sono aprrestato a vedere quest'ultimo lavoro di Benigni; come spesso succede quando non ci si aspetta molto si ottiene qualcosa in più del previsto. Certamente siamo lontani dai risultati ottenuti con La vita è bella, anche se ci muoviamo su uno scenario abbastanza simile, Nicoletta Braschi si sopporta a mala pena (fortunatamente per più di metà film è in coma) e la Bagdad rappresentata suona falsa distante un miglio; ma Benigni attore riesce a convincere e anche come regista dimostra una maturità oramai assodata.
Come commedia non è male, ma dal momento che è interpretata e diretta da Benigni le aspettative vengono piuttosto deluse. Vuoi per l'atmosfera poetica che troppe volte è illimitata (con animali in 3d a mio parere fuori luogo) vuoi per uno stile narrativo troppo simile a La vita è bella, in cui il nostro protagonista fa ridere sul dramma. La trama poi appare spesso e volentieri sconclusionata, l'interpretazione della Braschi troppo pretenziosa. Ma Roberto è a mio parere ancora valido; forse meno geniale del solito, ma sempre un grand'uomo.
Noioso. Non ci sono altre parole per definire una pellicola come questa. Stavolta Benigni scrive, dirige e interpreta una pellicola che si può tranquillamente affermare sia la sua peggiore di sempre. Colpa sopratutto di un copione che non sa che strada prendere, se quella drammatica o quella comica, con personaggi che non hanno consistenza né un minimo di interesse. Gli attori non credono molto in quello che fanno; in particolare Reno, che sembra capitato sul set per puro caso. Da dimenticare.
Perennemente sospeso tra sogno e realtà, attualità ed immaginazione fantastica, La tigre e la neve è un film discontinuo. Il regista alterna momenti di grande suggestione e di forte impatto emotivo, grazie sopratutto alla sua capacità di evocazione poetica affidata alle immagini a momenti di stanca dovuti in gran parte alla sua scarsa capacità di sintesi come regista. Il Benigni scrittore (con la preziosa collaborazione di Cerami) e il Benigni attore battono ai punti il regista. Film comunque da vedere.
Un Benigni di poca sostanza, che per buona parte del film si porta appresso una sensazione di dejà vu e di scontato. E che per di più continua a sobbarcarsi l'intero peso del film: Reno e la Braschi fanno da belle statuine, regia e scenografia stavolta non centrano il bersaglio. Si salvano un paio di scene (la lezione, il posto di blocco).
Non si capisce davvero perché Benigni, dopo il successo clamoroso di La vita è bella, non possa più fare film o spettacoli leggeri ma debba sempre fare l' "impegnato", il poeta per forza. Il film è anche bello, ma ci si accorge presto che le parti migliori sono quelle comiche, in cui Benigni può dare libero sfogo alla sua inimitabile verv; tutto il resto si scorda in fretta.
MEMORABILE: Benigni che sbarca a Baghdad con la Croce Rossa.
Ha indubbiamente un ritmo un po' lento, ma non è film da buttar via; anzi è romantico, poetico e in più di un punto anche divertente. Benigni attore è ancora una forza e interpreta un personaggio da ammirare per la sua incrollabile forza di volontà, la Braschi è quello che è ma parla poco (a metà film entra in coma!), Reno è la spalla giusta e la scena tra Benigni e l'anziano uomo iracheno che gli deve dire quale medicina usare è molto molto bella.
MEMORABILE: "Se muore, per me lo si può smontare il mondo, arrotolare tutto e portarlo via..."
Il cinema di doppi sensi di Benigni segna con questa pellicola una lieve battuta d'arresto. Poesia e finzione davanti ad uno scenario di guerra perdono l'effetto sperato. Troppi rimandi alle opere precedenti e la Braschi stavolta risulta effimera. Alcune trovate non sono disprezzabili ma l'attesa era un'altra.
Roberto Benigni dopo il deludente Pinocchio tenta sulla falsariga de La vita è bella di parlare della guerra spostando l'attenzione sui tragici eventi in Iraq con un mix di sorrisi e lacrime. Il risultato è che l'operazione è da ritenersi riuscita a metà. Lui se la cava piuttosto bene, mentre Nicoletta Braschi appare appannata e poco in forma. Una menzione al bravo Jean Reno, che nel suo piccolo ruolo risulta impeccabile.
Un ottimo Roberto Benigni è protagonista e regista di un film costruito intorno all'amore che egli prova nei confronti di Vittoria, il che, per varie vicissitudini, lo porterà fino al confronto con la realtà della guerra in Iraq. Ha la pecca di essere un po' lento, ma lo trovo altamente romantico e a tratti potrebbe far scendere qualche lacrima ai più sensibili. Buona anche la parte di Jean Reno, per un buon film.
MEMORABILE: Benigni che corre come un matto alla ricerca delle medicine.
L'operazione Vita è bella reprise non funziona e il sogno si sovrappone alla realtà ma senza incantarci. I co-protagonisti, un impalpabile Reno e un'antipatica Braschi tirano ulteriormente giù il risultato e lo stesso Roberto già si va avviando verso nuovi lidi da leggio. Frasi, parole e cuoricini enfatici annientano il ritmo e si stagliano immanenti a bloccare le lancette di un orologio che non scorre. Tedioso.
Per fare poesia una sola cosa è necessaria: tutto. Così dice Attilio ai suoi studenti e in questo film lo mette in pratica: si soffre, si ride, si piange e si spera. Una pellicola ingiustamente snobbata, che contiene probabilmente uno dei monologhi più belli della storia del cinema. Certo, tutto si regge sulle spalle del protagonista, ma non è certo una novità nel cinema di Benigni e soprattutto non ha mai rappresentato un limite. Bellissimo il ricorrere di "You can never hold back spring" di Tom Waits, suo compagno in Daunbailò.
MEMORABILE: Non scrivete subito poesie d’amore che sono le più difficili, aspettate almeno un’ottantina di anni.
Poeta romantico snobbato dalla donna che ama rischia la vita, gettando il cuore e il senso del ridicolo oltre ogni ostacolo, per salvarla quando lei finisce in coma a Baghdad. Come non fosse bastato lo sbertucciato Pinocchio, Benigni si accanisce contro se stesso o meglio il Cioni che fu con questa tediosa fuga verso la Vittoria, che poi sarebbe la Braschi/moglie (troppo facile la battuta secondo cui quella della comatosa è la parte a lei più adatta), di una poeticità talmente coatta ed esibita da provocare crisi di rigetto. Il (!) è per la tigre, non per Reno che fa l'iraqueno imbarazzato.
Discutibile la tendenza di Benigni a mescolare per forza serio e faceto: se ne La vita è bella la rappresentazione della guerra edulcorata è giustificabile in quanto vi è di mezzo un bimbetto, qui non ha invece alcuna spiegazione logica. Un'impostazione esclusivamente drammatica sarebbe stata la soluzione migliore: avrebbe consentito all'attore toscano di tirare fuori per l'ennesima volta un aspetto profondo della sua personalità. Gira invece una pellicola che, pur partendo da un bellissimo spunto, si perde in inutili lungaggini e nella quale crede (viste le prove attoriali) solo lui.
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HomevideoGestarsh99 • 26/08/11 14:07 Vice capo scrivano - 21549 interventi
Disponibile in edizione Blu-Ray Disc per Cecchi Gori HV:
DATI TECNICI
* Formato video 2,35:1 Anamorfico 1080p
* Formato audio 5.1 Dolby Digital: Italiano
5.1 DTS HD: Italiano
* Sottotitoli Italiano per non udenti
* Extra Interviste a Roberto Benigni, Nicoletta Braschi e Jean Reno
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