La rivolta degli apaches - Film (1951)

Un giocatore professionista viene cacciato dal villaggio per immoralità. Quando ritorna per avvertire che gli apache sono alle porte, nessuno gli crede. Capolavoro misconosciuto di Fregonese, che con mezzi ridotti e un cast non sempre all'altezza, costruisce, con il suo innato talento visivo e tecnico, nonchè con una solida narrativa lovedole, un western al cardiopalma, duro e cinico nel rappresentare un mondo puritano condizionato dai pregiudizi. Notevoli le sequenze finali.

Scacciato dal villaggio a seguito di una campagna moralizzatrice, un giocatore professionista vi torna per avvertire dell'arrivo di indiani ostili. Inizialmente non viene creduto ma quando la minaccia si palesa, saprà riscattarsi agli occhi dei concittadini e della donna che ama... Davanti al pericolo, i pregiudizi devono cedere il posto ai veri valori umani: è l'insegnamento di questo bel western, girato con mezzi limitati ed un cast di secondo piano, ma teso e avvincente, soprattutto nella lunga parte dell'assedio all'interno della Chiesa.

Western "indiani vs cowboys" talmente basico nello schema narrativo ed essenziale nella messa scena di Fregonese, da trascendere in una metafora del puritanesimo assediato da forze intestine e oscure: nella lunga, bellissima sequenza finale nella Chiesa accerchiata, sembra di essere in un film di John Carpenter, con gli indiani che si fanno entità fantasmatiche e liminari, pronte a ghermire e trascinare i sopravvissuti nelle tenebre. D'altra parte produce Val Lewton - per la prima e ultima volta a colori - maestro di ombre psicoanalitiche e orrori suggeriti.

Straordinario piccolo western con pochi attori, scenari essenziali (di fatto un piccolo villaggio e una chiesa) ma una tensione che cresce con il passare dei minuti e una storia non banale (il perbenismo, il razzismo, il valore vero delle persone). In Francia è oggetto di culto ed è una scelta ben giustificata, per un film potente che si segue con grande attenzione.