Pasoliniano, vernacolare e interclassista, il ritratto scarno e malinconico di tre giovani squattrinati, cui ad un certo punto si unisce, complice, un gruppo di coetanei ricchi e dissoluti: vivono di espedienti, ozio, risse, scherzi, balli, ma sono capaci anche di grande generosità ed umanità. Ottimi e veraci gli attori, con menzione particolare per il romantico e intenso Terzieff e per l'erotismo terreno, fine e sensuale della Schiaffino, della Ferrero e della Demongeot. La sintesi più compiuta dello stile di Bolognini e della sua attenzione per facce, ambienti ed eventi quotidiani.
MEMORABILE: La rissa tra borgatari e ricchi, che si trasforma in complicità e amicizia; Terzieff che sveglia la Demongeot; La cena con la Schiaffino.
Notte balorda per due borgatari tra prostitute e furti. La sceneggiatura pasoliniana riprende l'ambientazione popolare di "Ragazzi di vita" per personaggi erranti, senza arte né parte, senza morale e senza riferimenti. Una deriva antropologica che Bolognini descrive con sicurezza e onestà, rivelando una geografia romana del vizio (ma anche di un'umanità diversa) che si anima dopo il tramonto.
Scritta da Pasolini (ma la stesura originale si discosta parecchio da quello che vediamo) e diretta da Bolognini è un'avventura picaresca che coinvolge un paio di balordi borgatari e qualche esponente borghese. Agile e scattante nella prima mezzora, si affloscia subito dopo per far spazio alla descrizione della decadenza borghese, la quale sembra affascinare molto di più il regista che la situazione del sottoproletariato tanto cara a Pasolini (infatti sono qui palesi le influenze di Visconti ed Antonioni). Riuscito a metà.
MEMORABILE: La presenza di Milian. E un paio di soluzioni visive che sembrano anticipare Kubrick (Lolita e Arancia Meccanica).
Quello che che appare più evidente in questo film è l'ottima fotografia e la bellezza (ma anche bravura) di un cast che più ricco non si può. Questa bellezza esteriore contrasta con la pochezza morale dei protagonisti, che vendono l'amicizia per pochi soldi, o cambiano partner con facilità, l'importante è "divertirsi". La mano di Pasolini, che ha contribuito alla sceneggiatura, è evidente e la regia di Bolognini è buona nella prima parte del film, che risulta più movimentata e meno cerebrale. I dialoghi, in romanesco, non sempre all'altezza.
Buon film, sceneggiato da Pasolini (e si vede) e diretto da un Bolognini in ottima forma (è una delle sue pellicole migliori). La notte brava dei protagonisti è descritta
con capacità e credibilità, così come credibili sono i personaggi e gli attori che li
interpretano che hanno le facce giuste (specie Terzieff). Splendida la fotografia in
bianco e nero di Nannuzzi. Un buon film.
Molto prima dei suoi articoli sul massacro del Circeo, Pasolini (qui non ancora un regista, ma sceneggia da un suo racconto) già mostrava l'intuizione che il motore violento e vizioso delle notti romane fosse trasversale e non di carattere classista. La regìa di Bolognini si muove agilmente sia negli sterrati di periferia che nella decadenza dei palazzi borghesi (la villa di Milian e i locali di Via Veneto), anticipando perfino le atmosfere che Fellini renderà grottesche e alienate ne La dolce vita, ma è un film soprattutto di facce e dialoghi.
MEMORABILE: Achille (Milian) elargisce dei soldi a Scintillone, nonostante la sua scusa patetica, poi continua a sventolarne altri.
Da una sceneggiatura di Pasolini un film senza le sue atmosfere tragicamente realiste (i volti dei cattivi sono più da pariolini che borgatari), un racconto fluido che passa da personaggio a personaggio dipingendo la gioventù romana con tutte le distanze sociali dai quartieri alti, pescando negli ambienti più degradati: prostitute, ricettatori, cravattari... Il tutto è piacevole su un piano estetico e fotografico, debole su quello intimamente espressivo.
MEMORABILE: La galleria di attrici italiane dalla svariata bellezza.
"Pasoliniano" senza dubbio ma solo perché si parla in romanesco per tutta la durata del film; in realtà la trama travalica ogni connotazione geografica ripiegandosi su una universale difficoltà interiore di vivere. Fotografia suggestiva, cast attoriale molto valido. La Lualdi è la più bella. Notevole il finale. Colonna sonora jazzata e incisiva.
MEMORABILE: Il saluto di Terzieff con la banconota.
Sceneggiatura di Pasolini, normalizzata ma non svilita dalla regia. Bravate ed erotismo, sentimento periferico, distorsione del desiderio, balordaggine, snobismo e allucinazione sociale nell'Italia sotto ipnosi dagli effetti del boom economico: la materia è questa. La forma ha personalità; alcuni passaggi sono poco credibili per gli intenti di realismo ma è un peccato veniale; le immagini restituiscono corpi e fantasmi di decadenza dei sensi.
Un giorno ed una notte seguendo due borgatari romani, fra tentativi di piazzare merce rubata, incontri con prostitute e con coetanei ricchi ed annoiati, scippi e scazzottate. Decisiva la sceneggiatura di Pasolini nel disegno di questi "ragazzi di vita", anche se la resa è ammorbidita dalla mano di Bolognini che smussa i toni più squallidi e disperati. In un cast di "belli" talvolta incongrui rispetto ai personaggi interpreti per eccesso di signorilità, Terzieff e Brialy sono bravi ma penalizzati dal doppiaggio, mentre il più credibile risulta Interlenghi, spaccone dalla parlantina sciolta.
MEMORABILE: La telefonata di Tomas Milian (ombroso e bellissimo); All'alba, l'ultima banconota accartocciata e gettata via
Il taglio è decisamente pasoliniano, proletario ed errabondo, senza idillio, disperato e anticonsumista. Il viaggio notturno dei borgatari rimane apolitico e, perciò, privo di redenzione, ma ricco di fascino vitale. Bolognini appone un ulteriore (e personale) strato formale popolando la storia di straordinari paesaggi urbani e di un cast d'ineguagliata bellezza e forza giovanile. Il risultato rischia sempre di apparire incongruo: un rischio ben speso per acquistare un capolavoro. Bravissimi tutti, a partire da un ambiguo Milian.
MEMORABILE: Terzieff che getta l'ultima banconota dal ponte; La festa a casa di Milian.
“Ce basta ‘na notte per un anno”, dice la Schiaffino: la frase ben riassume il film. Per i soldi da bruciare in poche ore si ruba, si picchia, si rompono amicizie. Bel film di Bolognini di ambiente pasolinano, ben diretto e ben recitato. Il difetto sta nel cast attoriale, non perché non siano tutti bravissimi, ma perché borgatari e prostitute sembrano usciti non dai racconti di Pasolini, ma da due concorsi di bellezza, maschile e femminile. I pochi ricchi, in compenso, sono persino stupendi: Milian e Conti. C'è pure la spettacolare Demongeot (deliziosa nell’inatteso tocco scherzoso).
MEMORABILE: I primi fotogrammi, che testimoniano il fallimento della recente Legge Merlin; Il getto finale della banconota.
Accattone che abbraccia La dolce vita o l'eleganza di Bolognini e il suo gusto formale al servizio della poetica Pasoliniana. Roma diventa la capitale delle scorribande di una generazione in cerca dissoluzione e assoluzione. Capitale dai contorni rarefatti, che culla ogni sorta "d'impicci" restituendoci il suo pittoresco bestiario di figure urbane. RIspetto al lirismo Pasoliniano, Bolognini antepone una ricerca estetica che ammorbidisce il racconto, ma nel suo libero girovagare - tra campi, borgate e quartieri - il quadro è quantomeno ricco e commovente.
Due ragazzi si fanno accompagnare da prostitute per piazzare dei fucili. Notte movimentata tra risse, impicci e soldi rubati, per godersi l'attimo prima di finire (prima o poi) in gattabuia. Dialoghi coloriti ma non grevi, scritti da Pasolini per muovere il gruppo di borgatari nella bella vita romana. La violenza verbale viene smorzata da Bolognini con toni a tratti morbidi, anche con lievi accenni romantici. Stuolo di donne bellissime e maschi che non comunicano disperazione ma spocchiosa voglia di vivere. Musiche di buon accompagnamento.
MEMORABILE: Coi fucili al funerale; I soldi rubati a Scintillone; I vasi d'acqua in faccia; L'orchestra al ristorante.
L'allegra notte, ma dallo sfondo decisamente amarognolo, che vede accomunarsi ragazzi di borgata e pariolini, prostitute e sfruttatori di varia estrazione. Un dipinto che tiene un buon ritmo nella parte iniziale, più da commedia, con i protagonisti che hanno verve e spontaneità, anche se quest'ultima pare penalizzata da una bellezza troppo accentuata degli attori. Nel prosieguo, che vorrebbe farsi più riflessivo, i confonti tra le persone assumono contorni parecchio verbosi e il coinvolgimento cala progressivamente, anche se qualche singola scena merita la visione.
Da una storia di Pasolini (il personaggio di Borgoantico è preso direttamente da "Ragazzi di vita"). La giornata "malandra" di Ruggero, Scintillone e Balla Balla. Con l'arrivo della sera e l'occasione di divertirsi aumenta paradossalmente la malinconia e il senso di precarietà di una gioventù povera sulla quale già "pesano gli anni futuri". Pasolini qui e nei suoi primi film ha ancora una certa indulgenza nei confronti del proletariato. Regia elegantemente manierista di Bolognini e cast ragguardevole anche da un punto di vista estetico, che non guasta. Più che buono.
MEMORABILE: Ruggero-Terzieff che scopre e legge "Inno alla morte" di Ungaretti in casa di Milian; Il lancio dell'ultima banconota.
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Buongiorno, amici. Per favore aiutami a capire l'espressione del personaggio di Interlenghi in due episodi. Dice "E 'uno della legge" e "Semo della legge" e lo accompagna con un gesto del pollice sul viso. Che cosa significa questa espressione in entrambi i casi? Grazie in anticipo.
Buongiorno, amici. Per favore aiutami a capire l'espressione del personaggio di Interlenghi in due episodi. Dice "E 'uno della legge" e "Semo della legge" e lo accompagna con un gesto del pollice sul viso. Che cosa significa questa espressione in entrambi i casi? Grazie in anticipo.
Non la ho capita neppure io...
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Nel finale si vede questo attore nelle vesti di un cantante, che potrebbe essere un vero cantante. Vi dice qualcosa?
La poesia che Ruggeretto (Laurent Terzieff) legge su un libro di proprietà di Achille (Tomas Milian), trovandola brutta, èInno alla morte, di Ungaretti, del 1925.