La fine di un mistero - Film (2003)

La fine di un mistero

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

L'ultimo film di Nino Manfredi lo vede nei panni di un vecchietto privo di memoria e decisamente malconcio, poco in grado d'intendere e di volere. Colpito da un proiettile in testa durante gli anni della guerra civile a Granada, era stato soccorso da un pecoraio (Landa) che l'aveva fatto curare, rimesso in sesto e consegnato alle suore. Tornato a Granada quarant'anni dopo (è il 1980) per prendere possesso del casale del padre deceduto, l'ex pecoraio ritrova il poveruomo nell'ospizio locale, dove ancora tutti lo chiamano Tartaruga come l'avevo ribattezzato lui (era l'unica parola o quasi che aveva pronunciato). Chi era quell'uomo? Perché si commuove vedendo in tv un film con Salvador Dalì? E se fosse...Leggi tutto Federico Garcìa Lorca, il poeta fucilato nel 1936 a soli 38 anni il cui corpo non fu mai ritrovato? L'ipotesi è stimolante, ma il film non fa nulla per renderla interessante. Si limita a seguire stancamente il sonnolento peregrinare di un Manfredi invecchiatissimo (morirà l'anno dopo), che dice quattro parole in tutto il film lasciando a Landa il compito di stimolarne invano i ricordi. Ma è come sbattere contro un muro di gomma e non è certo il rapporto del protagonista con un'amica piuttosto volgare che lo sostiene nella ricerca ad arricchire il film. Fotografia sgradevole nei toni ocra dei flashback d'epoca, musiche anonime di Morricone. Brutto ricordare Manfredi così.
Marcel M.J. Davinotti jr.
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TITOLO INSERITO IL GIORNO 30/03/15 DAL DAVINOTTI
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Harden1980 27/05/23 13:06 - 122 commenti

I gusti di Harden1980

L'ultima interpretazione di Manfredi sul grande schermo prima della sua scomparsa lascia il segno, nonostante la confezione mediocre. Il film è poca cosa, nonostante lo spunto sia interessante. Il cast sembra che reciti in una commedia di Almodóvar più che in un dramma, la fotografia da videogioco e le invadenti e brutte musiche di Morricone non fanno che peggiorare la situazione. Peccato perché Ninetto è sempre grandissimo, nonostante pronunci quattro battute in croce.

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