Storia con frequenti salti temporali tra il passato (le deportazioni di ebrei nella Francia occupata) e il presente costituito da una giornalista curiosa e personaggi che ignorano il loro passato. Realizzato con cura, indovina alcuni protagonisti del passato (la bimba, il signore che la salva impersonato dal bravo Arestrup) ed è mediamente efficace sul presente. La Scott Thomas infatti assicura un viso appropriato e non eccede in drammatizzazioni ma non mi pare al meglio e i passaggi prevedibili nel film non mancano, catarsi finale compresa.
Una giornalista americana conduce un'inchiesta su una bambina ebrea francese perseguitata dai nazisti.Film drammatico in cui le vicende della bambina si "intersecano" con quelle personali della protagonista adulta. Il regista ha il merito di avere recuperato un evento storico non molto noto fuori dalla Francia (la segregazione degli ebrei parigini al Vélodrome d'Hiver) e di avere realizzato un film piuttosto sobrio, che dà il giusto spazio alle vicende principali, con una buona caratterizzazione di tutti i personaggi.Buona la prova del cast.
Per certi versi è un inno alla vita, che dovrebbe essere vissuta sempre, anche nei momenti più bui. Ovviamente, è facile dirlo (c'è infatti chi non potrà comunque salvarsi dopo una tale esperienza). Siamo al cospetto di una delle più infamanti pagine di storia Francese, che testimoniano quanto l'Europa fosse in realtà complice del genocidio. La regia è semplice ma professionale e gli attori se la cavano piuttosto bene, soprattutto la Thomas, convincente interprete di una giornalista che metterà addirittura in secondo piano la sua vita pur di ricostruire quella della bambina. Riuscito.
MEMORABILE: Un collega, sui fatti del Velodrome: "Strano che non ci siano immagini; i tedeschi documentavano tutto". "Ma non erano tedeschi...erano francesi".
Le inafferrabili volute della vita e della morte si legano al passachiave di una chiave come fossero, appunto, un invisibile portachiavi. E quella chiave e, soprattutto, la tenacia della bambina che la conserva come motore di speranza e azione, produrranno innesti nell' interiorità di più persone, in più momenti. Il soggetto del film e la misurata sceneggiatura, riescono a rendere magnificamente quel senso di ineludibile realtà con cui le storie personali rinsanguano gli indifferenziati resoconti di un genocidio. Vere o verosimili che siano.
Incredibile come questo film riesca ad andare coraggiosamente controcorrente rispetto a tante altre lacrimevoli pellicole sulla Shoah (e questo spiega in parte perché in Italia sia stato pesantemente censurato): una sceneggiatura lucida che disvela le colpe degli ex-Alleati, grande risalto al lato umano delle vicende raccontate, senza alcuna retorica. Ogni tanto il ritmo latita, ma poco importa: se siete stufi di guardare La vita è bella per l'ennessima volta, ora avete una valida alternativa. Per ricordare, sì, ma con intelligenza...
MEMORABILE: "Una storia raccontata non può essere dimenticata. Diventa qualcos'altro: il ricordo di chi eravamo, la speranza di ciò che potremo diventare".
La dimenticata quanto vergognosa segregazione e successiva deportazione degli ebrei francesi da parte dei loro connazionali narrata con due spazi temporali ben distinti. Lo stile è abbastanza sobrio, con venature di coerente drammaticità; probabilmente il finale appare minore rispetto alle interessanti situazioni precedenti. Buono il cast, con menzione per la Mayance.
Un ottimo film sulla tragedia dell'Olocausto. Questa volta si sfrutta un taglio diverso e la cosa convince. Attraverso la ricerca di una bambina al tempo dei fatti, una storia molto umana fatta di sentimenti veri e senza l'applicazione di una fuorviante retorica. È il semplice racconto di una storia. Una di quelle che chi come ma ha quasi 50 anni avrà sentito raccontare dai genitori o dai nonni che quelle tragedie le hanno vissute davvero. Bravo il cast e ottime le caratterizzazioni. Finale da antologia con un cammeo di Aidan Quinn strepitoso.
MEMORABILE: "E tu cosa avresti fatto se fossi stato lì?" (A Parigi durante il rastrellamento) "Avrei seguito l'evento per televisione come per la guerra in Iraq".
Facile commuovere quando si parla di olocausto, ma è altrettanto facile cadere nelle banalità e nei luoghi comuni. Ma non è questo il caso. La chiave di Sara è un gran bel film, che srotola pian piano la drammatica storia di Sara, trascinata via con violenza dalla sua famiglia, dalla sua casa, dalla sua vita. Interessante la ricostruzione di un fatto storico poco noto e la visione della Shoah da un altro punto di vista rispetto alla maggior parte degli altri film sul tema.
Ogni occasione per ricordare il dramma dell'olocausto è meritoria e il film di Paquet-Brenner riesce a far luce sull'evento poco noto del rastrellamento nel luglio del 42 di circa 13.000 ebrei parigini nel Velodromo d'Inverno, punto di smistamento per la deportazione verso i lager nazisti. La storia di Sara, segnata da questo evento, viene indagata ai giorni nostri dalla giornalista interpretata dalla Scott Thomas con una ricostruzione che però non convince fino in fondo e un cast non sempre adeguato e credibile.
Bel film su una pagina vergognosa della storia francese, ovvero il collaborazionismo del governo di Vichy con la Germania nazista, che portò alla deportazione degli ebrei francesi. A tratti struggente, emotivo senza essere sentimentale, privo di eccessi, elegante, autorevole. Non è facile parlare ancora e bene della Shoah, ma quello che rende l'operazione riuscita è una galleria di splendidi personaggi (memorabile Sara) e soprattutto una storia avvincente fondata sul rodato meccanismo della quest che cattura lo spettatore fino alla fine.
Giornalista cerca di scoprire se una ragazza ebrea si è salvata dall’Olocausto. Il tema, importante, guarda ai comportamenti razziali francesi (ma ce ne sono anche in Italia) che hanno condannato i loro stessi cittadini. Purtroppo il buon inizio coi flashback viene soppiantato da una ricerca poco incisiva che si allontana dal focus iniziale. Anche la questione della gravidanza appare solo un pretesto per enfatizzare alcune responsabilità. Chiusura telefonata senza le tipiche didascalie con i numeri di chi non ce l'ha fatta.
MEMORABILE: Il fratellino nell'armadio; L'incidente in auto; Stipati al velodromo.
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