Se si pensa di vedere un horror tutto trippa e budella meglio cambiar film, se si crede di vedere un horror sui fantasmini formaggini stile giappo, meglio programmarsi diversamente la serata...
Sì, perchè
L'incubo di Joanna Mills e un ufo, un oggetto strano, un dramma rurale intinto nel paranormale, un film sospeso e quasi onirico, trasognato e un tantino allucinato.
Il ritmo e lentissimo, quasi soporifero, intervallato da sporadiche visioni (alcune, come quella della Gellar allo specchio, da sobbalzo sulla poltroncina), ma l'atmosfera arcana e umidiccia della provincia americana , con i suoi misteri e le sue verità nascoste, tiene bene, e porta il film in un limbo astratto e straniante
Piuttosto originale (se proprio può ricordare il
The Gift raiminiano), abbagliato dai bellissimi scorci della provincia texana, con l'avvolgente e ipnotica fotografia di Roman Osin, con aggiunta di fattorie sperdute nel nulla, carcasse d'auto, stazioni di servizio fatiscenti, motel squallidissimi alla Bukowski, redneck sudici e poco raccomandabili, che fanno tanto horror rurale hooperiano
Il movente dell'assassinio e francamente robetta da tv movie, ma la rivelazione metempsichica nell'incidente d'auto finale mette più di un brivido
Schegge lynchiane (l'autoradio del pick-up della Gellar che di botto impazzisce e va fuori frequenza, mettendo a tormentone la canzone country "
Sweet Dreams"-che si svelerà nel pre-finale, l'incidente in mezzo alla strada di notte , il bar con le pareti rosse), spizzichi
nightmareschi (la Gellar che da una discoteca, si ritrova oniricamente nel bar malfamato), tramonti e cieli tersi bucolici quasi mallickiani e qualche brivido improvviso e ben assestato suggellano il tutto
Invasiva la musica di Dario Marianelli, e totalmente assenti gli sfx del trio KNB (non c'è una goccia di sangue, se non nella scena di autolesionismo della Gellar, un taglietto sul braccio) e chiusa finale sospesa ad un incrocio stradale
L'indiano, ma nato in Inghilterra, Asif Kapadia e forse un pò troppo snobbino (ma gira da Dio), ma meglio cento volte lui del suo più illustre connazionale Shyamalan's, almeno non vende fumo e non cerca il finalone sorpresone a tutti i costi
Lento, che carbura come un diesel, dove il mistero si infittisce e diventa ermetico man mano che il film va avanti, sino alla risoluzione finale nel fienile (con le pareti dipinte coi cavallucci marini)
Insomma, stia alla larga chi cerca un horror tout-court (ne rimarrebbe cocentemente deluso), chi invece e disposto a lasciarsi andare a qualcosa di inusuale e particolare, si accomodi (magari amando le sconfinate terre texane e l'america di
Easy Rider) a condividere l'incubo (e il malessere) di Joanna Mills.