Film sobrio e scarno nella messa in scena che porta avanti un chiaro punto di vista e lo fa con una radicalità ed una sorta di "manicheismo" che potrebbe dar fastidio. Ma in fondo regia e sceneggiatura non fanno altro che sposare, legittimamente, un punto di vista e portano avanti una storia di vita vissuta come, purtroppo, ce ne sono tante. E va detto che il film funziona ed il crescendo emotivo e drammatico colpisce nel segno, rendendo perfettamente l'idea della sofferenza che le persone (soprattutto i bambini) sono costretti a subire in queste circostanza. Buon film.
Quest'opera prima di Legrand non ha certo i limiti e le ingenuità che spesso affliggono gli esordi dietro la macchina da presa. Un dramma in gran parte trattenuto, compresso e per questo più forte quando la verità improvvisamente si manifesta fugando ogni attenuante psicologica o sociologica. Una storia ormai diventata cronaca di ordinaria crudeltà mentale, che si regge in gran parte sul non detto o sull'accennato e sull'espressività dei protagonisti colti in momenti emotivamente al limite. Il finale sgomenta per il suo scatto, ma era nell'aria.
MEMORABILE: Il giudice e l'affido; Julien tra due fuochi; La scampanellata notturna; La vasca da bagno.
Un uomo usa il figlio minore di appena 11 anni per continuare a far pressione sull'ex moglie che sta tentando di rifarsi una vita lontano da lui... Una storia di violenza domestica, tanto ordinaria da sembrare tratta di una delle tante simili di cui è costellata la cronaca quotidiana. Violenza psicologica, di cui è vittima soprattutto il piccolo Julien, che sottende una violenza fisica pregressa ai danni della madre, destinata a riaffiorare con prepotenza nell'epilogo, momento culminante drammatico di un film fino ad allora trattenuto, allusivo, comunque molto coinvolgente.
Cupo e realistico racconto di violenza domestica nella Francia dei nostri giorni. Il povero ragazzino Julien si trova costretto in modo straziante a subire i condizionamenti e le violenze del padre che non accetta la separazione e l'allontanamento dal figlio. Il regista sceglie un approccio diretto e scarno, di angosciante effetto, senza fornire troppe spiegazioni sui pregressi ma ponendo l'accento sui tipici atteggiamenti violenti degli uomini incapaci di accettare la separazione.
Piace (o bisognerebbe dire atterrisce) e convince per l'abilità di sostenere una tesi piuttosto linearmente, insinuando però subliminalmente nello spettatore (soprattutto maschile) la sensazione che potrebbe esserci un'alternativa di qualche sorta, finendo poi con lo sprofondarlo senza fiato né bronco nell'evidenza d'un ossessione irredimibile di possesso. Secco e senza orpelli (superficialmente) psicologici, il film di Legrand, come quelli di Garenq, ha la forza (e il limite) della consequenzialità etica e narrativa. Ottima direzione del cast con il tremante piccolo Gloria in testa.
MEMORABILE: La tensione tra Menochet e i suoi genitori; La telefonata "salvifica" della vecchietta vicina di casa alla polizia.
Storia dell’affido congiunto di un bambino a genitori separati, con escalation ossessiva e violenta del padre. Il racconto insiste sulle tensioni psicologiche dei protagonisti con uno sguardo esplicitamente oggettivo, sommergendo lo spettatore con la tensione soffocante nella quale si trova soprattutto il piccolo (straordinario interprete), schiacciato da dinamiche troppo grandi per lui. Film acerbo (soprattutto nell’estremizzazione delle passioni, tirate sul limite) ma non lascia indifferenti: un’opera prima di valore.
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In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DiscussioneDaniela • 9/05/19 12:37 Gran Burattinaio - 5411 interventi
Si tratta del lungometraggio d'esordio del regista
Xavier Legrand aveva inizialmente previsto di realizzare tre corti sul tema delle violenze coniugali, ma la buona accoglienza critica ricevuta dal primo Avant que de tout perdre - candidato all'Oscar nella sua categoria - l'ha convinto a fondere le idee per i due seguenti in un unico lungometraggio, con gli stessi personaggi principali presenti nel corto interpretati dagli stessi attori.
L'affido ha ricevuto vari premi e riconoscimenti internazionali, fra cui il Leone d'argento - Premio speciale per la regia per la regia alla 74ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e 5 premi César (fra cui miglior film e migliore attrice protagonista).
Senza dubbio un film riuscito ma secondo me comunque sopravvalutato; cinema del reale, ok, ma non privo di noia e limiti.
Il finale quasi Kubrickiano aggiunge suspance ma prima di arrivarci occorre sorbirsi storie e scene che si son già viste in altri lidi, anche se non necessariamente in modo migliore.
Kinodrop
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Cotola 22/04/19 01:10 - 7749 commenti
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