Tutte le cose che Malick racconta in questo film, la maggior parte sotto forma di pensieri più che con parole dette, non sono di immediata e completa comprensione. La storia di Rick sceneggiatore in crisi non è così originale, almeno al cinema; il modo di rappresentarla, con l'aiuto della fotografia di Lubezki e di una valida soundtrack invece sì, ma da questo regista è il minimo che ci si possa aspettare. Le figure dei tarocchi, come destino assegnato, puntellano il percorso del cavaliere distratto, in cerca di comprendere ciò che lo circonda.
MEMORABILE: Il padre (un ottimo Dennehy) chiede perdono in ginocchio.
Mattonata d'autore dove non bastano l'eccelsa qualità fotografica, la Blanchett o lo charme femminile declinato in più forme per ravvivare un modo di raccontare volutamente criptico sulla solita ricerca dell'io interiore in mezzo alle rovine e all'apparenza degli ambienti hollywoodiani e dei festini delle classi abbienti. A Malick piace così, The tree of life era pesantino ma più lineare e magnetico. Qui ogni singolo elemento o attore evapora presto senza poter concretizzare un filo narrativo minimamente forte.
I modelli di Vogue, stesi su terrazze e bagnasciuga, o quelli che si aggirano anodini tra parquet e tende di lino nei più laccati cataloghi di design, dialogano con Dio: congelati nell'esistenza, si dissolvono nella nostalgia delle Origini... Ispirato a un testo gnostico, elevato all'archetipo dalle figure dei Tarocchi che ne scandiscono - arbitrariamente - il dispiegarsi farraginoso, è un vero film-bidone, perché risuona a vuoto mentre rotola a precipizio verso il baratro che lo inghiotte; un Bacio Perugina che nutre un'umanità impresentabile alle soglie dell'iniziazione. Puro trash d'autore.
L'errante protagonista in piena crisi d'identità vaga alla ricerca di un senso che non è detto troverà. Messa in scena di un'allegorica seduta psicanalitica priva di alcuna emozione o empatia. Malick si destreggia con le sue inquadrature sinuose e mostra il bello che ruota attorno alla sceneggiatura. Location, party, donne stupende come una cornice dorata vuota al centro (non mancano poi le forzature familiari). Bale è monoespressivo anche perché la voce fuori campo parla con frasi da cioccolatini...
Frammenti, scanditi dalle carte dei tarocchi, nella vita di uno sceneggiatore di successo infelice, tormentato dai sensi di colpa, girovago in cerca di se stesso: e se poi si trova e non si piace? Battuta sciocca, lo so, ma di fronte a tanti ghirigori filosofici sul significato dell'esistenza, vien da pensare che se fosse un precario part time magari si farebbe meno problemi. I soldi non danno la felicità? Ma dai, chi l'avrebbe mai detto. E chi l'avrebbe mai detto che l'emozionante cantore delle terre cattive avrebbe finito per fare cinema d'autore di tale incommensurabile noia?
Forse il film più complesso di Terrence Malick. Diviso in capitoli, è una sorta di metafora sull'esistenza e sul conoscere (e accettare) se stessi attraverso un pellegrinaggio mentale più che fisico. Storia troppo filosofica, che forse poteva durare meno di due ore. Difficile da "metabolizzare" subito, merita più visioni (almeno per i fan del regista). Ottima la fotografia.
Una sorta di florilegio della banalità autoriale al cinema. Uno sceneggiatore in crisi (sai che idea originale...) disserta sulla vita, sul senso delle cose e sui dubbi che lo attanagliano. Terrence Malick, purtroppo, conferma la parabola discendente del suo cinema, che diventa una sorta di dissertazione ombelicale che ha come elemento portante una noia profonda e insopportabile,
Terrence Malick HA DIRETTO ANCHE...
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DiscussioneRaremirko • 21/08/20 23:24 Call center Davinotti - 3862 interventi
Effettivamente un Malick meno ispirato 'stavolta, a causa di uno script leggermente meno incisivo rispetto a lavori passati e futuri.
Megacast, solita grande regia, sonoro da paura, ma la vicenda filmica di questo personaggio legato al mondo dello spettacolo non è chiarissima, come non è troppo ben collocata la storia dei tarocchi.
2 ore che volano come sempre, ma vale più a livello emotivo che di script.