Stanco di vagabondare Johnny Guitar torna da Vienna, la sua vecchia fiamma, tenutaria di un saloon. Ma il paese è tutto contro di lei... Folle, fiammeggiante melò western di barocca furia (quei colori che nemmeno Sirk... ) e di esplicita polemica anti-maccartista. Ma il messaggio conta poco, a travolgere schiere di cinefili (Scorsese ad esempio è un illustre adoratore ) è la messa in scena senza imbarazzi e decisamente larger than life di sentimenti e pulsioni (anche erotiche). A dir poco anticonvenzionale, dentro e fuori dal western. Da vedere
Eccezionale e struggente western, in cui Ray dà il meglio di sè, grazie ad uno stile visivo barocco e fiammeggiante che può contare su uno straordinario uso dei colori (merito suo e del direttore della fotografia Harry Stradling), che raggiunge risultati mai visti prima. La sceneggiatura, che si rifà ai moduli della tragedia greca, è tesa e serrata tanto da coinvolgere lo spettatore dall'inizio alla fine. In filigrana sono chiari i riferimenti al maccartismo. Belle le prove degli attori. Una perla di raro splendore. Da vedere e rivedere.
Vero e proprio capolavoro della storia del cinema, è un western in cui prevalgono i toni del melodramma accentuati in un tono quasi da tragedia greca. Tutto l'andamento del film è infatti improntato ad un'estrema cupezza alla quale fa da forte contrasto una fotografia abbagliante dai colori sgargianti. Ottima la prova del cast con una grande Joan Crawford.
Abiti e décor western per un melodramma di passioni riaccese tra antichi amanti, letali rivalità tra primedonne, feroci intolleranze puritane. Prossima a Gioventù bruciata, la regia di Ray trasmette un’intensità profonda, sfruttando il cromatismo saturo della fotografia e le superbe interpretazioni dell’intero cast: oltre i tre comprimari Crawford (romanticamente mascolina), Hayden e Brady, la rancorosa McCambridge, il violento Borgnine, l’insicuro e malaticcio Dano, il giovane impetuoso Cooper, l’eroico barman Marlowe. Storica canzone di Peggy Lee.
Epico western le cui scene (statiche o mosse, di massa o no) il regista costruisce impeccabilmente. La magnetica Crawford recita con occhi coloratissimi, guance incavate e piega amara sulle labbra. Hayden ben sottorecita, così non viene schiacciato, avendone anzi risalto. Grande cast e sceneggiatori che forniscono le battute che tutti vorremmo avere nella vita reale. Gli uomini hanno saggezza, ma solo dopo essersi dimostrati pecoroni. Perde due bricioli di logica nel finale, ma non importa. Doppiaggi formidabili (Cigoli, Simoneschi, Calavetta).
MEMORABILE: Vienna, in bianco al pianoforte, vede la sua casa invasa da uomini (e donna) in nero.
Grande western che deve la sua intensità alle due protagoniste. Due donne: Vienna, decisa, risoluta, leale, conquistatrice di uomini, ma ama solo Johnny, ed Emma, che odia Vienna per il suo charme conquistatore e il suo successo negli affari e riuscirà a trascinarle contro tutto il paese, fino a farle metter il cappio al collo. Colori saturi (TruColor), location selvagge e architetture d'autore, ottima regia e sceneggiatura, interpreti di prima grandezza, ne fanno un classico del genere. Musiche di Victor Young e Peggy Lee canta "Johnny Guitar".
Quasi mezzo film si svolge dentro un saloon, sono i dialoghi incisivi a dargli rilievo. Nella seconda metà però lo svolgimento si ribalta e la pellicola assume un maggior vigore derivante da scene esterne tese e serrate. Protagoniste assolute sono le figure femminili e quando ci sono due donne in conflitto non mancano le scintille. La resa dei conti finale tra le due antagoniste da sola vale tutto il film. Joan Crawford fa più cambi d’abito di una valletta tv ma è perfetta nella parte di donna mascolinizzata non priva di sentimenti. ***!
Western romantico grondante lirismo in cui, insolitamente, vengono messe in primo piano le figure femminili. Eccezionale la prova di Mercedes McCambridge, nella sua perfidia, rabbia, invidia di chi brama e non può avere. Girato per buona parte in spazi chiusi si avvale di una notevole regia. Da ricordare anche le interpretazioni di Sterling Hayden (in uno dei suoi migliori ruoli in assoluto) e di Joan Crawford vestita di bianco. Capolavoro.
Tra i migliori film di Ray: drammone in costumi western dove prevalgono invidia, gelosia, ira e cupidigia. Cast di prim'ordine, dalla gigantesca Crawford alla perfetta antagonista McCambridge, oltre a un posato e intenso Hayden. Colori fiammanti a mo' di contrappeso alla tetraggine della vicenda, divisa in una prima parte più statica condita da efficaci dialoghi e una seconda più movimentata, in cui inevitabilmente si perde un po' d'intensità. Lontano da un western classico, ancora da apprezzare, nonostante una certa ingenuità di alcune scelte.
MEMORABILE: Vienna difende il ferito Turkey anche di fronte a venti uomini armati; Johnny invita Vienna a mentirgli sui suoi sentimenti.
Uno dei migliori western che abbia visto. Nicholas Ray è stato un grande regista e questo lo conferma. È una sorta anche di critica alla "caccia alle streghe" che c'era in quel periodo negli USA. Eccellente cast, ma un applauso speciale lo faccio alla McCambridge: perfetta nel ruolo di donna assetata di vendetta.
Condivido la linea di critica statunitense all'uscita di questo classico western sui generis che, pur ricco della presenza scenica di Joan Crawford e di una regia dal sapore teatrale, si arena spesso su una recitazione eccessiva, una trama a volte ferma, elementi pacchiani nei costumi di scena. Comunque un prodotto notevole, con ottime tecniche di colore e colonna sonora. L'allestimento del saloon è originalissimo e risente della lezione di F. L. Wright, di cui il regista fu allievo.
Non ci sono sfumature in questo film, tutto è all’ennesima potenza: amore, odio, avidità, rancore. Un universo che vive con intensa passione, che travolge tutto come una valanga, mosso da due donne al calor bianco, dai colori simbolici e dall’incedere mascolino, fino a un inedito duello tra eroine. Tutt’attorno, uomini in branco, assetati di soldi o sangue, tranne Johnny, che assiste quasi impotente allo scontro titanico in uno sputo di terra, in cui non c’è un barlume di pacificazione, ma solo violenza primitiva. Stupendamente eccessivo.
Pellicola fondamentale nel processo di astrazione operato sul genere western. Ray, attraverso le chiavi dell'eccesso visuale e della simbolizzazione scenografica, definisce uno spazio che è prim'ancora mentale che emotivo: la taverna è un utero scavato nella roccia, il rifugio dei banditi è celato da una cascata battesimale, i tramonti grondano il rosso della passione, Vienna suona il pianoforte in un abito virginale e il fuoco divampando redime da un passato innominabile. L'imperiosa Joan Crawfrod avrebbe meritato una più degna avversaria: dovrà pazientare ancora qualche anno. Un grande film.
Prodotto come un B-movie, con abuso di mascherini per i panorami e una città che non vedremo mai, Johnny Guitar è assurto al mito grazie alla sofisticata rielaborazione che Ray fece di un genere, il western, allora impronosticabilmente adatto ad accogliere brani di melodramma, psicanalisi e furore visivo. Adorato dai cinefili, a me pare che la sovrastruttura, simbolica e narrativa, tanti anni dopo risulti barocca e faticosa. Resta un film tecnicamente stupendo ed è dura dargli meno di ***!. Recitazione in tono col film: fiammeggiante, tranne il pacato Hayden.
Il miglior western al femminile mai girato: il titolo è dedicato a Johnny, il pistolero stanco di Hayden in cerca di approdo, ma la protagonista assoluta è Vienna, la tenutaria di saloon impersonata con Crawford con memorabile arroganza divistica, impegnata nello scontro con un'altra donna forte, l'Emma di Mercedes McCambridge, anche lei sopra le righe. Il loro duello alla pistola è un affronto allo stereotipo che vede nel western un genere "maschio" per eccellenza e nello stesso tempo un omaggio appassionato allo stesso genere. Magistrale l'uso del colore in chiave psicologia.
Capolavoro e unicum del cinema western. Volutamente Ray ribalta tutte le logiche e gli stereotipi del western; superando il genere ci narra una storia che avvicina il profondo west alle cronache politico-artistiche del 1954: la paura degli ipocriti e bigotti che diventa specchio del maccartismo e della paura del comunismo. Un western poetico, intellettuale e graffiante che segna il passaggio dal vecchio al nuovo, cinematograficamente e socialmente. Superba regia, bello il truecolor molto barocco, splendide interpretazioni di Hayden e Crawford.
MEMORABILE: I primi 30' che già gridano al capolavoro; La delazione del giovane Turkey; Lo splendido lavoro sul colore e il bellissimo gioco di soggettive.
Strepitosamente emblematico della capacità di Nick Ray di portar all'estrema tensione alcune tematiche cardine del melodramma per sublimarne poi gli eccessi in un contesto visivo di plasticità tanto visionaria da risultar avanguardista. Così il quadrilatero Vienna-Ballerino Kid-Johhny Guitar-Emma è reso con barocchismi archetipici che solo la palpitante passione per il cinema che emana in ogni frammento riesce non solo a farci accettare ma amare con robusto struggimento. Meravigliosamente fameliche Joan e la McCambridge. Da stravedere.
MEMORABILE: Joan al piano; La morte di John Carradine; La McCambridge arringa la folla.
Solido western con tutti i pregi e i difetti della tradizione classica. Il tratto caratteristico è dato ovviamente dal personaggio di Vienna, atipico fino a quasi (purtroppo) il finale, magistralmente interpretato da una grintosa Joan Crawford. Se la presentazione iniziale del saloon e dei dissidi con gli abitanti della vicina cittadina sono molto interessanti, gli snodi di trama lasciano presto per strada qualche buco e qualche banalità (molto bella però la scena dell'impiccagione), fino al finale che fa crollare la qualità dell'opera. Colori accesi ma a dispetto di molti scenari.
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In occasione del Torino Film Festival la pellicola verrà proiettata nei seguenti giorni:
17 novembre ore 20,00 Cinema Massimo
19 novembre ore 14,30 Cinema Greenwich
20 novembre ore 20,00 Cinema Greenwich
21 novembre ore 14,30 Cinema Greenwich
Occasione più unica che rara di vedere o rivedere un capolavoro barocco del cinema.
CuriositàColumbo • 9/01/11 09:40 Pulizia ai piani - 1097 interventi
Ray seppe aggirare i limiti del sistema Trucolor (che rendeva male il blu) accentuando un netto cromatismo in bianco (gli abiti di Vienna) e nero (la notte spesso avvolta nelle fiamme). (Fonte Morandini)
MusicheColumbo • 26/07/11 09:34 Pulizia ai piani - 1097 interventi
Non si può non citare la bellissima ballata folk "Johnny Guitar" scritta da Victor Young e Peggy Lee, che la lanciò sul mercato internazionale.