L'opera prima di Squitieri fortemente voluta da Vittorio De Sica è una storia molto triste di ignoranza popolare, perdita della fede e cinismo. Il buon parroco di paese Don Paolo, al culmine di una crisi e accusato ingiustamente di aver sedotto una ragazza innamorata di lui, chiede udienza al Cardinale ma, dopo una lunga anticamera, non viene neanche ricevuto. Al suo ritorno troverà un paese in tumulto e la ragazza consegnata dal padre nelle grinfie di una fattucchiera affinché la esorcizzi... Un discreto esordio per Squitieri.
MEMORABILE: Il Cardinale che non riceve Don Paolo preferisce invece dare udienza ad un losco faccendiere...
Niente male, anzi... teso a dimostrare come la fede profonda possa da un lato far miracoli, quali tener testa per un tempo inverosimilmente lungo a piaghe quali ignoranza e superstizione e dall'altro sciogliersi come neve al sole qualora scopra come i vertici di queste sacre istituzioni siano occupati da palle di grasso inanellate, insulse e menefreghiste. Idem le forze dell'ordine, opportuniste e paracule più che mai. Se l'esempio è di tal guisa me ne vado sì in un mondo migliore, ma in un modo che fino ad allora non avrei mai pensato...
MEMORABILE: Stupenda e bravissima l'attrice che interpreta Felicita.
Eccessivo, turgido e sragionante dramma pastoral-religioso che già delinea a matita l'orbita attorno a cui muoverà il cinema successivo di Squitieri. Quel vento sabbioso, quell'arsura sospesa e catatonica sono gli indizi precoci di una enfatica attitudine al racconto western, qui incurvato con precarietà vaneggiante sui patimenti di un parroco di campagna e di un povero mandriano, vittime di padroni sordi (alti eccelsiasti e latifondisti) e tentazioni terrene prossime alla perdizione (la donna, l'istinto vendicativo, l'omicidio). Un discorso sociale e umano ancora asperrimo, titubante, sconnesso e dispersivo.
MEMORABILE: Josè Torres (il prete) che, uscito dalla cascina di un suo fedele (Salvatore Puntillo) sviene a poca distanza sulla stradicciola per il villaggio.
Bresson meets Pasolini featuring Uccelli di rovo? Troppa grazia. Squitieri ingaggiando Josè Torres evoca il western di casa nostra e ci finisce a piè pari nel finale. Declamatorio, tutto scene-madri, iper-schematico, chiaro preannuncio di tutta la filmografia a venire. Billa roncolando il cattivo latifondista inizia un'onesta carriera da cattivo del bis più bis.
Nunzio di quel cinema di impegno civile che contrassegnerà gran parte della sua carriera, l’esordio di Squitieri, ambientato in un mondo contadino primitivo e ostile, è da riscoprire anche per la poliedrica tecnica registica: racimoli di neorealismo rurale, poetiche allusioni (l’idillio tra il prete e la ragazza) e accessi di violenza grottesca (l’accusa durante la messa, l’esorcismo, la caccia all’uomo) che paiono invocare il Buñuel del periodo messicano. Eccellente la direzione degli attori, con un ieratico Torres, un sanguigno Billa e Puntillo in una delle sue rare vesti drammatiche.
MEMORABILE: L’udienza negata; montaggio uccisione/funerale; la lotta contro la fattucchiera, durante la quale Torres calpesta inavvertitamente un'immagine sacra.
Squitieri esordisce con una pellicola forse ispirata a Pasolini e Buñuel, raccontando la misera vita di un prete di campagna che sta dalla parte degli ultimi ma a cui non viene perdonato di aver ceduto alle lusinghe della carne. Il film dice, non dice, prende più direzioni, denunciando soprattutto l’ignoranza popolare e la completa disattenzione all’insegnamento di Cristo nei piani alti della chiesa. Con risultati confusi, abbozzati, imprecisi.
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Questo avrebbe dovuto essere il film d'esordio di Pasquale Squitieri, in quanto presentato in Commissione censura in data 06/02/1970 (dunque in netto anticipo rispetto alla presentazione del successivo western Django sfida Sartana, suo fattuale debutto cinematografico) ma la società produttrice P.A.C. fece ricorso in appello contro il divieto ai minori di 18 anni comminato alla pellicola in base alle seguenti motivazioni:
"La V Sezione della Commissione di Revisione Cinematografica revisionato il film [...] esprime parere favorevole per la proiezione in pubblico e per l'esportazione con divieto di visione per i minori degli anni 18, per la natura scabrosa del soggetto narrato con crudezza di immagini e con sequenze di particolare violenza specie nei tentativi di linciaggio del sacerdote; il tutto ritenuto controindicato alla particolare sensibilità dell'età evolutiva dei predetti minori. "
Soltanto qualche mese più tardi, in data 01/07/1970, la Commissione d'appello poté esprimersi e accogliere favorevolmente il ricorso della P.A.C., derubricando ai minori di 14 anni il precedente divieto al di sotto dei 18 secondo le indicazioni qui riportate:
"La Commissione di appello, formata dalla riunione delle Sezioni II e III per visionare il film [...] in base al ricorso presentato dalla società produttrice P.A.C. [...] avverso il provvedimento di divieto di visione per i minori degli anni diciotto [...] adottato su conforme parere della Sezione di I grado. [...] La Commissione, revisionato il film e sentito il rappresentante della società produttrice, considerata la particolare tematica del film, ritiene che delle innegabili sequenze di violenza siano connaturate allo stesso carattere del soggetto e comunque, non risultano tali da turbare la sensibilità dei maggiori degli anni quattordici. Per questi motivi esprime parere favorevole alla riduzione del divieto di visione ai minori degli anni quattordici che risulta peraltro giustificato dalla natura scabrosa e violenta del racconto."