Celebratissima trasposizione francese del classico di Stevenson, questo LE TESTAMENT DU DOCTEUR CORDELIER sposta l'azione da Londra a Parigi ambientandola in epoca contemporanea. Jekyll e Hyde diventano rispettivamente monsieur Cordelier e monsieur Opale, con il primo che ha appena deciso di lasciare la sua intera eredità al secondo, il quale presto si scoprirà essere un vero farabutto. Ciò che più colpisce, in questa versione “leggera” e solare del romanzo di Stevenson, è la caratterizzazione di Hyde/Opale: non più una sorta di mostro deforme gobbo e schivo quanto invece un signore alto e pieno di tic, una sorta di Walter Matthau ancor più dinoccolato con movenze comiche e gesti degni di...Leggi tutto Totò. Non è un caso che, quando entra in scena, la musichetta che l'accompagna ricordi proprio quella delle vecchie comiche. La prima parte indubbiamente funziona, è un solido esempio di regia semplice ed efficace, con un cast ben diretto e una sceneggiatura molto ben costruita. Poi invece, quando subentra il nastro magnetico rivelatore con la voce di Jekyll/Cordelier e il film fa partire un lungo flashback riassuntivo, ci si perde nella banalità. E tutti i grandi meriti riconosciuti a Renoir per aver saputo identificare nel contrasto tra pensiero popolare e pensiero borghese il vero dramma interiore di Cordelier appaiono forzati: la differenza è sempre tra Bene e Male (come lo stesso Cordelier specifica) e altre letture sono sì plausibili ma troppo speciose. Un film ben realizzato ma datato e lento, nella seconda parte.
Coprodotto con la Tv, questa rivisitazione renoiriana del classico di Stevenson, si avvale della superba prova di Barrault. L'eccesso grottesco della sua incarnazione del lato oscuro (Monsieur Opale) è, in fondo, una proiezione, nell'ambito dell'arte della rappresentazione, della trasgressione delle convenzioni che il personaggio persegue nella (sua) realtà. L'incipit (con Renoir che giunge negli studi televisivi e presenta il film) pare quasi una prova generale del successivo Il piccolo teatro di Jean Renoir.
Buona versione francese del classico di Stevenson. Il film si regge sull'ottimo protagonista, ma anche su un buon cast di contorno e un ritmo che non demorde mai. Ottima la regia di Jean Renoir, notevoli (per quanto riguarda le trasformazioni) gli effetti speciali di make-up. Sicuramente da vedere.
E' impossibile non rimanere colpiti da questo pseudo Hyde dai movimenti innaturali, la faccia da schiaffi e voglia di menar le mani, i piedi e tutto ciò che può far male al poveretto di turno. Certo, fa parecchio sorridere il suo atteggiamento (all'inizio, sembra quasi che sfotta, ma poi, giù mazzate; e quando viene inseguito, scappa, ma se può, due bastonate le dà comunque). Il resto è più che altro attesa, con dialoghi passabili e attori che se la cavano. Lascia perplessi la scelta della colonna sonora da "Oggi le comiche", quando compare lo sciroccato, ma visto il personaggio, ci può stare.
MEMORABILE: Lo psicologo sulla scelta del dottore di lasciare tutto allo psicopatico (che è sempre lui): "Un pazzo che fa testamento a favore di un altro pazzo".
Tra i molti adattamenti del classico di Stevenson quello di Renoir spicca per il lavoro di emancipazione dai codici dell’horror: attualizzando la definizione di ambienti e tipologie in funzione del realismo, Renoir, senza tradire la fonte letteraria, connota il quotidiano parigino d'inquietudini insinuanti, squilibri dissociativi e paranoie borghesi, impostando le condizioni repressive delle istituzioni sociali. La tensione monta al minuto, sebbene, nel complesso, il film possa apparire troppo lungo (un’abitudine francese…). Superlativa e straniante l’interpretazione del dinoccolato Barrault.
Il gusto necrofilo (sotteso e suggerito, ma pregnante e allarmante) muove il triste protagonista (Jean-Louis Barrault, ossia - nei panni duplici del dott. Cordelier e di Monsier Opale - un alter ego di Jekyll & Hyde) a far uso di sostanze narcotizzanti, ònde abusare dei corpi di prosperose pazienti, rese simili a corpi inanimati quando sospinte - loro malgrado - tra le braccia di Morfeo. Pellicola sadiana di alta caratura, che sembra proporre temi viziosi (e squilibranti) prelevati, di peso, da Le 120 giornate di Sodoma.
La storia di Jekyll/Hyde in una cornice intellettual-borghese, molto parigina, in cui l'oggetto non è la ricerca del bene e del male, ma il superamento della gabbia morale e sociale che impedise il libero arbitrio, sia pure maligno. Problema di coscienza e di ambiguità della coscienza stessa, insomma: filosofia anziché horror. Ma il racconto, intrappolato in una struttura farraginosa (con prologo metafilmico) e appesantito dai tempi morti, non decolla. E l'unica cosa davvero bella è la figura dinoccolata del mostro, parto di un grande Barrault.
Il prologo, con lo stesso Renoir che introduce la storia parlando da uno studio televisivo, proietta il film fuori dall'orbita dell'horror, lo colloca sul terreno del reportage para-scientifico, con pretese di realismo ("per quanto incredibile, tutto ciò è realmente accaduto!"), ma i moduli narrativi sono quelli della commedia:molti personaggi, un certo sarcasmo molto parigino. Il "mostro" fa quasi tenerezza: una delle sue trasgressioni è palpeggiare un'infermiera! Riduttiva la chiave di lettura anti-borghese del classico di Stevenson: non un gran film, anche se diretto con gusto e con classe.
MEMORABILE: "Per la prima volta mi sono sentito una creatura libera, alla quale era concesso ogni arbitrio!"; l'aggressione notturna alla bambina.
Visto in tv da ragazzino, l'ho rivist oggi in dvd. Ne sono rimasto coinvolto come la prima volta. Anche se la trama ricorda Jekyll e Hyde, devo dire che Opale ha qualcosa di diverso sia nei movimenti, ma sopratutto nella cattiveria. È veramente inquietante. Mi è ripiaciuto moltissimo. Consigliato!
Per una volta l'infedele titolo italiano coglie nel segno, facendo coincidere il "mostro" con il dr. Cordelier e non col suo doppio mr. Opale, che ha una cattiveria quasi fanciullesca: picchia i bimbi, fa cadere gli storpi, palpeggia le domestiche. Fa quello che lo stimato dr. Cordelier, sepolcro imbiancato, farebbe in piena luce e non solo al riparo nel suo studio, se solo glielo consentisse la sua ipocrisia. Creativa versione del classico stevensoniano, interpretata con classe da Barrault, diretta da Renoir con qualche ingenuità perdonabile.
MEMORABILE: La camminata sgemba di Mr.Opale che passeggia per strada, accompagnato da una musichetta da comica muta
Il protagonista si muove a scatti, con la stessa mimica a cui erano abituati gli attori del cinema muto. Il risultato: un'interpretazione a dir poco imbarazzante a metà strada tra Totò e Chaplin, che rende involontariamente il personaggio comico-grottesco. Si può cercare di dare qualsiasi significato alla pantomima, resta un film davvero mediocre.
Rivisitazione abbastanza personale di Dottor Jekyll e Mr. Hide da parte di Renoir.
Il cambiamento è soprattutto filosofico: non più la lotta tra Bene e Male ma tra un
animo borghese e schiavo delle convenzioni ed uno più "popolare" e libero dalle regole
della società. Nonostante siano indubbie le qualità del film, il risultato finale non convince appieno forse perché manca, almeno in parte, di un pathos e di una tensione narrativa che la storia avrebbe richiesto. Un buon film ma un po' deludente.
Adattamento del romanzo di Stevenson con spostamento della vicenda da Londra a Parigi e di conseguenza c'è uno cambio di nome dei personaggi. Renoir mantiene alcuni tratti del racconto originale come le caratteristiche fisiche (più piccolo e giovane) di Monsieur Opale (Hyde) e il mistero sul fatto che Cordelier e Opale siano la stessa persona. Ambientazione contemporanea francese che ha un suo fascino in un gradevole bianco e nero.
Pensato e diretto sia per la televisione che per il cinema è un prodotto, per gli anni in cui fu girato, certamente innovativo non solo per l’interpretazione del celebre racconto di Stevenson, ma per la tecnica caratterizzata dal contemporaneo impiego di più macchine da presa. Barrault studia e dà vita ai personaggi di Opale e Cordellier in modo perfetto, notevole il caratteristico tema musicale. Il conflitto tra le personalità trova qui il suo motore nella freddezza e del calcolo piiù che nel dramma interiore e nella solitudine. Da vedere.
Versione apocrifa del Dottor Jekyll & mr. Hyde che tradendo la cornice del romanzo (ambientazione parigina e contemporanea) finisce per essergli a tratti molto più fedele delle puritane versioni hollywoodiane. C'è da dire piuttosto che il film sembra più vecchio di quanto non sia (la produzione televisiva fu sperimentale, ma oggi pare povera), il che non ne inficia la godibilità: monsieur Opale è un mr. Hyde dai tratti chapliniani, che distribuisce bastonate e palpeggiamenti con andatura dinoccolata e movenze slapstick di un impagabile Barrault.
MEMORABILE: Il prologo in cui Renoir in persona introduce il film girando l'introduzione di una inesistente tramissione in stile Alfred Hitchcock presenta.
Buona versione parigina del classico di Stevenson che parte cogliendo lo spettatore di sorpresa con una brutale rottura della quarta parete d'ambientazione televisiva. Di lì in poi il film prosegue in maniera tradizionale, con una curiosa e riuscita resa di Hyde (o monsieur Opale), goffo, buffo, quasi fanciullesco. Molto più scabrosi e disturbanti i momenti in cui l'alter ego "buono", il dottor Cordelier, abusa delle sue pazienti, vivendo un sordido dramma morale. A parte qualche lentezza, il film si lascia seguire, pur non essendo esaltante.
La repressione degli istinti reca la virtù, la liberazione da essi il delitto e la sozzura morale. L'ennesima variazione sul tema del doppio stevensoniano si arricchisce di una chiave di lettura: Barrault è assolutamente straordinario nel rendere un personaggio pressato dai bassifondi dell'anima (il Cordelier-Jekyll) che si scatena nel suo alter ego (Opale-Hyde) maligno, puerile e malvagio, la cui deformità scimmiesca è specchio d'una falsa libertà. Un apologo apparentemente semplice, ma dotato di fascino inesauribile. Ottimo bianco e nero.
Niente brividi freddi per quest’ennesima versione di Dr. Jekyll e Mr. Hide in cui la contrapposizione bene/male sgorga dal desiderio umano di provare a vivere un’esistenza tutta istintuale e ferina, lontana da ogni remora sociale. Purtroppo tutta l’operazione trasuda una comicità fuori luogo, con un “mostro” che più posticcio e pasticciato non si poteva. Solo la prima parte riesce in parte a riproporre le cupe atmosfere che ci si sarebbe aspettate in tutto il film. Renoir fa un buco nell’ acqua, stavolta.
Un Mr. Hyde, anzi, pardon, un Monsieur Opale che pare uno Charlot spettinato, un Dottor Jerryll, un Walter Chiari che rifà Guido De Rege senza Campanini; più vicino come concetto al grottesco Pallinov di “Cuore di cane” che a Mr. Hyde. Il ritrito conflitto tra bene e male (non certo ideato da Stevenson), tra ragione e istinto, tra civiltà e bestialità. Gente perbene e gente “permale” insomma. Pretenzioso senza ragione di esserlo in quanto privo di spunti nuovi, pure nella forma, che parte, dopo un'ora di arruffata ripetività, con un noioso e prevedibile diario flashback narrato.
MEMORABILE: L’animalesco e anticonvenzionale Opale che la mattina non manca però di annodarsi con cura la cravatta.
Renoir rivisita il concetto di bene e male non dissociandoli, bensì come compartecipi dello stesso animo umano. Tesi al passo coi tempi che alterna momenti viziosi (i palpeggiamenti) ad aggressività disumana (con la bambina). Il personaggio del folle è costruito bene nella sua libertà espressiva e finisce nel cinema muto. La prima parte è esplicita come spiegazione della trasformazione, nella seconda c’è l’inevitabile pistolotto per concludere.
MEMORABILE: I calci alle stampelle; La trasformazione.
E' lo stesso regista che in un finto set televisivo presenta la versione francese del celebre racconto di Stevenson, cambiando i nomi dei protagonisti e l'ambientazione generale vagamente espressionista. Molto indovinata la figura del disarticolato doppio di Cordelier, monsieur Opale, che si muove al ritmo di una musica da cinema muto, liberazione vivente del lato oscuro del suo artefice. Migliore la prima parte, poi si avverte il peso di un moralismo che spiega il pregresso inquietante di un uomo condizionato e disturbato, attraverso un didascalico flashback. Un Renoir minore.
Si percepisce il sentore di un cinema di qualità, spinto da un’idea da perseguire che l’introduzione metacinematografica mette in chiaro fin da subito. Il vero protagonista è Monsieur Opale, bislacco e dinoccolato figuro dalle molteplici sfumature che rimandano ad argomentazioni profonde e sempre valide. Renoir porta il tema del doppio sul piano delle convenzioni sociali dalle quali ognuno vorrebbe evadere, partendo dal dottor Cordelier, borghese dalle emozioni soffocate che cercano una via d’uscita. Davvero una piccola chicca da non confinare a mero racconto gotico.
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"Cosa può essere più fedele alla crudele filosofia del Grande Scellerato, infatti, che volere con una pozione divenire un degenerato entusiasta praticante del male?
Superando l'opera stevensoniana, Renoir nell'illustrarci le deviazioni che il dottor Cordelier (Barrault) praticava prima dell'inizio dei suoi esperimenti, abbraccia, poi, in pieno, l'anti-etica sadiana, mostrandoci il futuro monsier Opale, ancora stimato professionista, abusare, nel suo studio, delle pazienti proditoriamente narcotizzate, esattamente come fanno i viziosi nei racconti delle Centoventi giornate di Sodoma quando vogliono il sonno, o la simulazione della morte, delle ragazze oggetto del loro desiderio necrofilo."
Federico de Zigno, "Il marchese de Sade al cinema", Amarcord n. 6
Dalla televisione al cinema: Jekyll & Hyde sotto l'influsso della Nouvelle Vague
Il testamento del mostro è nato come programma televisivo proposto dal regista alle televisioni per tentare un tipo di regia innovativa e sperimentale, ovvero in diretta TV.
Esperimento che avrebbe poi permesso di traslare al cinema questo nuovo modo d'intendere "le riprese", sull'onda della nuova corrente artistica che prese nome di Nouvelle Vague: ovvero velocità di ripresa, budget limitatissimi, ambientazioni in "esterni".
La complessità del progetto, data in primo luogo dalla fedele riproposizione narrativa del testo di partenza (Il dottor Jekyll & Mr. Hyde di Stevenson), impedirono di procedere nella direzione pensata, per approdare poi alla realizzazione di un film vero e proprio.