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TITOLO INSERITO IL GIORNO 16/10/19 DAL BENEMERITO BUIOMEGA71
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Buiomega71 16/10/19 01:07 - 2901 commenti

I gusti di Buiomega71

Un austero ritratto del mondo seminarista che apparenta il film a Thérèse (lì le suore, qui i sacerdoti) con un occhio al cinema di Pasolini e Bellocchio (la pantomima sacrilega del vescovo in classe), tra lucertole fulciane prese di mira, onanistici peccati della carne in doccia con una fotografia osè, La magnifica preda proiettato "velatamente" come in Nuovo cinema Paradiso e Marilyn Monroe che si palesa, a colori, in carne e ossa come tentazione erotica al pretino. Qualche scivolone nella retorica non inficia il rigore formale di un'opera a suo modo coraggiosa.
MEMORABILE: Lo spaccio dei calendarietti profumati con donnine succinte; Vomitando le barbabietole; Davanti ai manifesti della Dolce vita e di Universo proibito.

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  • Discussione Buiomega71 • 16/10/19 11:00
    Consigliere - 25933 interventi
    Opera a suo modo coraggiosa, che si rifà a certo cinema austero e (anti)religioso (penso a Thèrèse, là un convento di monache di clausura, quì un seminario con sacerdoti da forgiare o ad alcuni riverberi bressoniani/dreyeriani), immerso nel livido bianco e nero di Andrea Locatelli (solo l'incipit e la nostalgica chiusa finale sono a colori), in un lungo flashback tra dolorosi ricordi di gioventù e vocazioni illusorie.

    Cecconi adotta un rigore formale quasi kubrickiano nel livore e nell'asetticità delle riprese (si veda , a d esempio, la sequenza del rettore nella camerata dei ragazzi a cui ordina di togliersi i calzettoni) che lo avvicina al cinema di Paolo Benvenuti, rifacendosi alle lezioni di maestri come Pasolini o Bellocchio (spesso mi veniva in mente il Bellocchio de Nel nome del padre o quei primi piani sui giovinotti tipici del regista/poeta friulano, come nella sequenza della sacrilega pantomima vescovile in classe che deride le alte sfere gerarchiche della chiesa).

    Quasi tutto girato all'interno del seminario, con le sue ritualità e i suoi dogmi prestabiliti, nel cortile a giocare a pallone nell'ora di svago, la mensa, le visite dal padre spirituale, il rettore sempre addosso come il sergente Hartman di Full metal jacket, l'appuntamento settimanale con il barbiere, in biblioteca, la collezione dei santini come se fossero le figurine dei calciatori, le visite dei genitori nel parlatorio, il prepar messa recitando i passi in latino.

    Ma dietro l'angolo , a tendere i giovani pretini, ci sono i desideri della carne.

    E quì Cecconi gioca con abilità e senso della narrazione, tra i bagliori di un cinema neorealista che non si fà più e le crisi interiori ben rese e accentuate.

    Si passa davanti al cinemino che proietta La dolce vita e il "mondo" Universo proibito, e i pretini devono chinare la testa, su ordine dell'inflessibile rettore, al cineforum del seminario scorrono le immagini della Magnifica preda, con censure "artigianali" del padre spirituale, come succedeva in Nuovo cinema paradiso, quando compare Marilyn Monroe alla chitarra, la stessa Marilyn Monroe, che fattasi carne (e a colori) tormenterà le notti insonni del giovane seminarista Guido, richiamando in lui i piaceri della carne (sequenza, tra l'altro, geniale dai sapori surreali quasi felliniani).

    Una lucertola presa a fiondate come Fulci insegna (e di quel Fulci "lucano" vengono ripresi i volti sudati e sghignazzanti dei ragazzini), le foto sconce di modelle russmeyeriane accendono in Guido il desiderio onanistico sotto la doccia, passandosi la foto peccaminosa (lanciatale da due ragazzacci al di là delle mura del seminario) su tutto il corpo e oltre, l'infatuazione per la bella Giulia che fà vacillare in lui la fede (stop frame sulla letterina che Giulia le scrive) in un continuo gioco di attese e paure oltre il cancello del seminario.

    Il razzismo non poi tanto velato (il "pugliese" viene apostrofato come "marocchino" o nel peggiore dei casi "bastardo" , proprio dal severo rettore) le crisi di rabbia (sempre il pugliese che si avventa sul rettore), la costrizione a finire ciò che si ha nel piatto (vomitando, sulla tazza, le barbabietole), il mistero che circonda le parole "circoncisione", "glande" e "prepuzio", tanto che i novelli seminaristi le cercano-senza successo-sul vocabolario, gli ormoni che rivendicano il loro status solo vedendo una donna che stende i panni (con reggiseno in bella vista), i discorsi deliranti e farneticanti del padre spirituale (il cinematografo come strumento del demonio-non tralasciando di accanirsi anche sulla Dolce vita-, il corpo femminile che verrà divorato dai vermi), lo spaccio dei calendarietti profumati con disegnate donnine succinte, una sigaretta fumata fugacemente nei bagni, un diario personale dove scrivere le proprie emozioni e i propri scombussolamenti interiori, le punizione sempre più crudeli e rigide (Guido non potrà vedere sua madre al colloquio solo perchè ha le scarpe sporche, l'umiliazione del "pugliese" davanti a tutta la classe perchè non ha studiato).

    Sempre più convinto che la chiesa sia un nugolo di pazzi invasati, Il seminarista non fa altro che confermare la mia tesi (ma già Thèrèse aveva detto tutto in proposito), sottolineando le la carità cristiana e la bontà NON fanno parte del mondo seminarista, ma solo regole e punizioni, umiliazioni e castrazione totale della sessualità

    Non scevro da luoghi comuni (i ragazzini sembrano usciti dal libro Cuore: il meridionale, quello dal cuore d'oro e malaticcio, il ricco figlio di papà) e da stoccate progressiste (si tira in ballo Don Milani), il film ha una pecca non da poco, non accenna mai al tema dell'omosessualità dentro le mura del seminario (il materiale non mancava) e solo verso la fine l'ombra oscura della pedofilia salta fuori (il rettore c'ha il vizietto con i seminaristi più piccoli).

    Opera comunque che brilla di (fosca) luce propria nel panorama dell'odierno cinema italiano, con un tema non facile e irto di spine, che si fregia di un ottimo cast di sconosciuti (di rilievo Francesco Tasselli nel ruolo del carognoso e inflessibile rettore) e da una notevole ricostruzione d'epoca attenta fin nei minimi dettagli (l'ambientazione è in quel di Prato, alla fine degli anni 50 inizio 60), per essere un film indipendente e fuori da Cinecittà.

    Lodevole il coraggio di Cecconi, che sà narrare con delicatezza e sensibilità, un piccolo mondo a parte di un italia che non c'è più, con buona pace dello zio Aristide e dei suoi pruriginosi voti di castità.
    Ultima modifica: 16/10/19 21:40 da Buiomega71
  • Homevideo Buiomega71 • 16/10/19 11:23
    Consigliere - 25933 interventi
    Buono il dvd targato Cecchi Gori

    Formato: 1.77:1

    Audio: italiano

    Sottotitoli: italiano, italiano per non udenti, inglese.

    Come extra: breve intervista a Gabriele Cecconi, scene tagliate (un dialogo tra Guido e Sandro sofferente sul letto, l'inzio, dove il piccolo Guido viene accompagnato da sua madre per entrare in seminario e passa davanti al cinemino dove si ferma a guardare il manifesto di BEN HUR con sottofondo Ciao ciao bambina di Domenico Modugno, un discorso dei giovani seminaristi sui "peccati mortali"), anteprima nazionale del film con intervento, sul palco, del regista Gabriele Cecconi (per un totale di 10 minuti), trailer.

    Durata effettiva: 1h, 44m e 05s


    Immagine al minuto 00.45.42. "Occhi a terra!" ordina il rettore, i giovani seminaristi passano a testa bassa davanti al cinemino che proietta Universo proibito e La dolce vita.

    Ultima modifica: 16/10/19 14:15 da Buiomega71
  • Discussione Buiomega71 • 16/10/19 11:30
    Consigliere - 25933 interventi
    Come stagista (aiuto macchinista) Fabio Pucci (il nostro Deepred89)

    Ultima modifica: 16/10/19 14:10 da Zender