Minore produzione Hammer che avvolge in un’atmosfera goticheggiante la solita famiglia malata che cova odio e pazzia e termina distrutta dall’immancabile fuoco purificatore. Il racconto procede lineare e senza sorprese, aderendo più ai canoni del dramma a tinte fosche – si allude anche all’incesto - che a quelli del thriller. Interpretazioni ordinarie, tranne qualche colpo di reni ben assestato qua e là da Reed.
Buon psyco-thriller della Hammer, piuttosto morbosetto per l'epoca. Ottimo senza mai essere eccessivo Oliver Reed. Da citare anche la Burrell. Gli intrighi si sprecano e, l'uno dopo l'altro, vengono ben assestati allo spettatore: da suspence la scena con l'auto sul precipizio. Da vedere.
Meriterebbe molto come storia, bravura degli attori (un Reed sbarbatello e alcolizzato stile Paul Gascoigne), tipizzazione dei personaggi (azzeccata la figura dell'amministratore, unica persona incorruttibile in un branco di cerebrolesi e simulatori) e curiosità del film (ad esempio l'immagine distorta per descrivere un annegamento, un killer con maschera di gomma...) La conclusione è però pressocchè scontata e perviene al termine di un vistoso calo del film.
Norman Bates non era figlio unico: ebbe molti fratelli! Dalla costola dell'anti-eroe di Psyco, ecco un altro schizoide di buon livello, un Olivier Reed convincente e competente. Il film, però, mi è sembrato un pallido riflesso dell'assai più sofisticato Dementia 13, contaminazione tra dramma (famiglia come malsano brodo di coltura di perversioni) ed elementi thriller ed horror (il pupazzo assassino), combinazione felicemente spiazzante. Banaluccio, però, il finale, comunque un film che vale la visione.
Uno psycho (nella risoluzione)-thriller convenzionale, che oscilla tra melodramma e suggestioni horror, con villa e famigliola malsana d'ordinanza. Non ha veri e propri difetti, ma manca di verve e personalità. Reed manda avanti la baracca con la sua buona caratterizzazione dell'inquieto e psicotico Simon senza però salvare la pellicola dalla schiera dei dimenticabili senza infamia e senza lode. Qualche scena da ricordare comunque c'è.
MEMORABILE: L'auto sul precipizio; La maschera; La rivelazione finale.
E' la solita storia, più o meno, a base di intrighi familiari (c'è anche la solita
eredità da spartire), segreti, pazzia, complotti ed ammennicoli vari. Eppure questo
thrillerino targato Hammer, non riesce a regalare un ragguardevole carico di tensione né particolari sorprese allo spettatore, ma si lascia comunque guardare
senza particolari intoppi fino alla fine. Del cast si segnala Reed.
Una famiglia "dannata" è alle prese con l'ingordigia di una eredità lasciata prematuramente, con tutti i colpi di scena che una produzione Hammer riesce a trasfondere. Inequivocabili e inimitabili le tipiche atmosfere inquietanti, a cui il bianco e nero qui aggiunge ulteriore profondità. Ottimo cast con un Oliver Reed fuoriclasse. Da annoverare tra i piccoli grandi classici.
Discreto giallo sul consueto nido di vipere familiari. Francis dirige con buon mestiere sfruttando, almeno nella prima parte, la selvaggia malìa del paesaggio marino, buono per infondere un tono cupo a tutta la vicenda. Vicenda che, nel rimbalzare lo spettatore da un presunto colpevole all'altro, alla lunga riesce sin troppo lambiccata. Gli ultimi dieci minuti però, con una decisa impennata macabra, alzano il livello. Bravo Reed.
Lo specialista Francis gira in un bel bianco e nero un thriller gotico con tutti i classici ingredienti del genere: la famiglia con i suoi scheletri nell'armadio, l'ambientazione in una villa isolata, l'eredità contesa, le turbe psichiche. Molto breve e altrettanto scorrevole, per l'epoca risulta discretamente morboso e contiene almeno due belle sequenze di suspense, ma la prevedibilità della trama gli impedisce di coltivare ambizioni superiori alla media. Non male il cast, in cui spicca un giovane e schizzato Oliver Reed.
MEMORABILE: L'auto sul precipizio; L'aggressione in maschera.
Dramma a tinte thriller, molto interessante sebbene non tra i migliori della Hammer. La cosa migliore sono le atmosfere che, unite a una prima parte piena di sorprese, tengono lo spettatore ben coinvolto nella vicenda. La seconda parte si fa più prevedibile e sfocia verso un finale che sa di incompiuto, ma la buona regia e la prova di un Reed fenomenale tengono in piedi tutto. Buono.
Dvvero un grande thriller! Sulla scia di Psyco è però un viaggio morbosissimo incastonato in un microcosmo borghese e malato. Ogni personaggio è senza redenzione; dal fratello necrofilo e alcolizzato al cadavere nascosto, la sorella incestuosa, le maschere orrorifiche fino ad arrivare al cinismo della matrona di casa. Finale tra il romantico e il macabro. Davvero una piacevole sorpresa, questo gioiellino!
Adolescente suicida dopo la morte dei genitori riappare otto anni dopo per la gioia della sorella affezionata, l'ira del fratello avido e lo scetticismo della zia arpia... Produzione Universal, che, pur di durata contenuta, riesce ad inanellare un discreto numero di colpi di scena, alcuni riusciti altri meno. Bella l'ambientazione divisa tra la villa dove risiede la famiglia problematica e le splendide scogliere del Dorset, gustosa l'atmosfera tra il gotico e l'horror, ma il vero punto di forza è l'interpretazione istrionica di Reed, mascalzone seduttivo a cui mancano molte rotelle.
MEMORABILE: "Nessuno mi può lasciare" attraverso l'acqua del laghetto.
Una spettacolare villa sulla costa inglese ospita ciò che resta di una famiglia ultrabenestante, traumatizzata dall'improvvisa ricomparsa di un fratello creduto morto suicida. Ciò scatena una rivoluzione nelle aspettative, anche economiche, in seguito all'eredità e ognuno mostra il suo lato più vulnerabile o più ambiguo. Un thriller di stampo classico che, nonostante qualche sorpresa, scivola via piuttosto piattamente - compreso il comparto psicologico alquanto manierato - in una discesa verso una catarsi paranoica (compensata però dall'accenno a un inaspettato lieto fine).
Morboso e necroforo composto di melodramma e horror, con quella riconoscibile malinconia di fondo e tutti i luoghi comuni del mistery borghese. Nel suo marasma generale alcuni personaggi acquisiscono spessore (la zia Harriet) mentre altri si perdono nel nulla (Eleanor), ma gli umori disadorni, spesso slabbrati, sono tracce di meravigliosi richiami. Ottima Sheila Burrell.
Confezione esteticamente impeccabile per questa produzione Hammer sempre in bilico fra thriller, giallo, gotico, horror. I continui cambi di direzione modificano ripetutamente la geometria dei rapporti umani e la prospettiva dello spettatore, che viene condotto all'interno di torbidi scenari dominati da una costante raffinatezza britannica che non ha bisogno di ricorrere a stordenti effetti speciali per stupirti. Notevole l'organista alcoolico Oliver Reed e la sottilmente incestuosa zietta; al contrario di Alexander Davion, tendente al rigido. Forse un po' frettoloso il finale.
MEMORABILE: La divisa da pin-up dell'infermierina Françoise.
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