Palma d'oro a Cannes, l'ultima opera di Ceylan è un mastodontico lavoro sul senso e dissenso dell'esistenza filtrato dagli occhi di un uomo, agiato, colto e al contempo disilluso e arrogante. Incorniciato dai magnifici, muti paesaggi che raggelano con il proseguo della vicenda, è impreziosito dal virtuoso tecnicismo a cui ci ha abituato il regista, con un uso magistrale della luce naturale a compendio dei fittissimo sproloquio a volte ridondante che in più di un'occasione stordisce per concetti troppe volte sottolineati. Buono ma non eccelso.
MEMORABILE: Nihal sotto la neve si reca a consegnare i soldi al maestro e alla sua famiglia.
Come in Uzak, i paesaggi brulli e innevati dell’Anatolia tornano ad accogliere un altro film di distanze insolvibili, ma questa volta messe in discussione in un fiume di parole (inusuale per Ceylan) per affermarne ancor di più la fragilità, il rancore e il cieco orgoglio di chi le perpetua. E quindi il regno si trasforma in prigione, perché la ricchezza materiale diviene povertà sentimentale e incapacità nei rapporti; le piaghe dell’anima si accentuano col freddo e il sonno d’inverno appare più come un grande, innevato purgatorio nel quale amaramente si annaspa cercando il coraggio di accettarsi per ciò che si è.
Non è facilissimo dare un giudizio su Il regno d'inverno. Poiché da un lato v'è eccellenza (inquadrature studiate sin nel minimo dettaglio, uso impareggiabile della luce naturale, sfondo paesaggistico che si fa talora protagonista, entrando nella narrazione, recitazione naturale), dall'altro noia (dialoghi infinitamente lunghi, latitanza di momenti di viva emozione). Lascia, infine, un interrogativo: erano questi 196 minuti la soluzione migliore per raccontare questa opera?
Splendido visivamente parlando, con una fotografia meravigliosa che sa sfruttare "naturalmente" ogni elemento a sua disposizione: dagli splendidi e mozzafiato scenari naturali, agli interni, agli agenti atmosferici che alludono ad una condizione dell'anima che più gelida non si può. Si può discutere della sua lunghezza e verbosità e dei suoi ritmi lentissimi ma è un film complesso, meritoriamente lontano dalle mode, che non cerca il facile plauso del pubblico, né offre soluzioni semplici , e che non dà risposte rassicuranti. Proprio per questo merita una seconda visione, armandosi di pazienza.
Si stenta a giustificare la lunghezza snervante di questo lavoro appellandosi alle qualità estetiche e scenografiche e al virtusismo della regia. Estendere a livello di messaggio universale le nevrosi pur giustificate di una famiglia che vive tra i monti della Cappadocia richiede una dose eccessiva di buona volontà da parte dello spettatore. Lungaggini, verbosità e ripetizioni avvolte in un drammone d'altri tempi, con tematiche poco comprensibili che sfiorano appena le corde emotive e intellettive. Più che buona la prova dei protagonisti.
MEMORABILE: Le terrbili lungaggini dei vari dialoghi; Bellissima la musica schubertiana in un'esecuzione discutibile.
Se non ci si lascia intimorire dalla durata non indifferente, Il regno d’inverno è opera cinematografica appagante; un film imperniato sui contrasti, tra ricchezza e povertà, modernità e vita rurale, sentimenti e freddezza. Il teatro è un villaggio dell’Anatolia, una natura aspra e affascinante, resa sullo schermo in maniera suggestiva ed evocativa. Lunghe conversazioni che dipanano progressivamente la psicologia dei personaggi e la recitazione affidata ad un gruppo di ottimi attori ben doppiati nella nostra lingua. Notevole.
Un pugno di personaggi impegnati per oltre tre ore in discussioni ora banali ora profonde, interrotti brevemente da esterni in una natura arida e gelida di grande bellezza. Siamo in una sperduta località dell'Anatolia, ma l'impressione è quella di trovarsi nel mezzo della steppa, tanto è forte l'analogia con la grande letteratura russa dell'ottocento per la capacità, attraverso i dialoghi, di pennellare ritratti psicologici dettagliati, impietosi ma sempre profondamente umani. Cinema impegnativo ma che ripaga ampiamente l'attenzione richiesta, anche grazie ad interpretazioni di grande spessore
MEMORABILE: La mano tesa al bacio del bambino; il dialogo/scontro fra fratello e sorella
Spaccato di vita che affonda nella psicologia per narrare un’esistenza di contrasti (il progressista turco con giovane moglie e gli affittuari dimessi, la sorella fallita che spara sentenze senza muovere un dito, il turismo effimero nella tradizione locale). Dialoghi che scandagliano l’ipocrisia, col sottofondo religioso che fa da collante per tutti ma sembra solo un manifesto per lavarsi la coscienza. Fotografia calda per gli interni e glaciale per le ambientazioni. Istanbul è ambita, ma l’unico che prova a raggiungerla è un cavallo bianco.
MEMORABILE: Il cavallo che attraversa il fossato imbizzarendosi.
La bellezza abbaciante dell'ambientazione (cornice non del tutto funzionale a un film soprattutto d'interni), la meravigliosa mano di Ceylan che sfoggia inquadrature di un rigore fuori dalla norma, potrebbero far pensare a un film più orientato verso la forma che la sostanza. Per fortuna l'incredibile sceneggiatura si avvale di dialoghi di pregio (resi egregiamente dal meraviglioso doppiaggio) e mostra con una certa "ferocia" che le dinamiche di potere (marito-moglie; fratello-sorella) hanno carattere universale, nonostante il retaggio culturale diverso dal nostro.
Haluk Bilginer HA RECITATO ANCHE IN...
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
Ciao Didda ;)
Dirti che non è un film impegnativo sarebbe asserire il falso,però rimane secondo me da vedere senz'altro.Nonostante la durata fiume e i fitti dialoghi il film rimane scorrevole e il ritmo,se entri bene nelle dinamiche dei rapporti dei personaggi,non manca.Poi l'incredibile lavoro di regia sulle luci naturali e gli scenari innevati meritano sicuramente un'attenta visione.L'unico consiglio che mi sento di darti è magari di guardarlo quando sei nel mood giusto.Ovvio,se vuoi vederlo al cinema devi affrettarti perchè non credo che rimarrà molto ;)
Grazie della prontissima risposta. Penso che sia più probabile un recupero in DVD/bluray. Mi dispiacerebbe di più non vedere Ruffini in sala.C'è una stagione di italianate che mi aspetta...
P.s partecipa di più al forum che il tuo giudizio mi interessa sempre (anche perché su certe cose abbiamo gusti simili)
concordo con Vic, Didda puoi comunque iniziare recuperando qualche opera precedente di Ceylan, tipo il magistrale Il piacere e l'amore o il bellissimo Le tre scimmie.
Le tre scimmie mi era piaciuto tantissimo, ma lo ricordo pochissimo. Ho un ricordo più che buono pure di Uzak ma l'ho visto secoli fa..
Mi recupererò il piacere e l'amore. Grazie Mickes, prezioso come sempre!