Di nobili origini ("Lo cunto de li cunti" di Giambattista Basile, raccolta fiabesca in napoletano del 1500, è forse la più antica del continente), i tre racconti che Garrone cerca un po' pretestuosamente di mescolare per regalare omogeneità alla narrazione non riescono a scrollarsi di dosso la sensazione che non siano stati presentati a dovere; per poterli riportare a nuovo splendore era necessario rielabolarli meglio, trovare spunti che garantissero un coinvolgimento maggiore. Perché se da un lato non si può negare al regista di saper ancora stupire con una padronanza assoluta del mezzo, che sa esaltare magnificamente gli scenari e dare grandiosità ai momenti migliori (la lotta subacquea col...Leggi tutto drago, per esempio), dall'altro è difficile sopportare a lungo i dialoghi tra le anziane sorelle o quelli tra i gemelli; o i prolungati silenzi inseriti nelle scene che anche visivamente offrono poco (l'orso che fa l'hula hoop), le mattane del re colla sua pulce o i soliloqui della regina. Garrone riesce insomma a colpire solo quando può sfoggiare l'armamentario scenografico in funzione di sequenze costruite per farlo risaltare (anche se poi la fotografia non fa certo gridare al miracolo), come se ciò che si racconta fosse del tutto accessorio e secondario. Invece quei racconti una loro forza l'avrebbero, e subordinarli così finisce con lo svilirli mettendone in risalto l'inevitabile appartenenza a un'epoca lontana, senza che nessuno dei grandi attori del ricco cast possa lasciare il segno. Non c'è mai un momento in cui il film si risollevi da una conduzione piatta per buona parte della sua (eccessiva) durata, schiavo di un orgoglioso contenimento di ogni possibile deriva spettacolare che non ha alcuna ragion d'essere, prendendo da chi deve aver scritto pensando invece a colpire, coi mezzi del tempo. I temi affrontati (l'amore in primis, naturalmente) vengono svolti proponendo spunti di riflessione già dibattuti mille altre volte e senza tanta soffocante prosopopea, nonché ripetizioni che ribadiscono inutilmente posizioni già assunte precedentemente con chiarezza da parte dei personaggi principali. E così, dopo un'ora passata a seguire più ciò che si vede che non ciò che si sente (colonna sonora esclusa, indubbiamente calzante), la noia prende a fare capolino diventando opprimente, col passare dei minuti. E dire che il finale mette in fila al castello tre o quattro immagini meravigliose... Un paio di pose mute per Ceccherini, appena più presente la Rohrwacher. John C. Reilly esce presto di scena mentre la Hayek si prende molto più spazio di un Cassel piuttosto in ombra (anche quando gli tocca di farsi la vecchia).
Liberamente ispirato a un'opera seicentesca del Basile, la pellicola mostra tre novelle in cui l'animo umano è analizzato nelle sue varie sfaccettature. La confezione è di alto livello, con ricostruzioni e scenografie di prim'ordine e lo sviluppo narrativo mai noioso, anzi in molti casi avvincente. Le tre novelle personalmente si equivalgono e si avvalgono di ottime interpretazioni.
Seppur non un capolavoro, questa coraggiosissima incursione del talentuoso Garrone in un genere talmente impopolare in Italia si può considerare a mio avviso abbondantemente riuscita. Il regista riesce a creare la giusta atmosfera fiabesca grazie alle suggestive ambientazioni e scenografie barocche e con effetti speciali assolutamente all'avanguardia per il nostro cinema. Un po' di ritmo in più in alcune parti avrebbe comunque giovato. In definitiva un bel passo avanti per noi, ma purtroppo temo che in pochi lo apprezzeranno come merita.
MEMORABILE: Il "ringiovanimento"; La pelle di pulce.
Fantasy non all'altezza delle elevate ambizioni, con velleità pittoriche che si schiantano contro l'atmosfera televisiva, la non eccelsa fotografia digitale e l'abbondante kitsch (comprensivo di seni al vento e scene horror). Cast sgraziato (specie nell'edizione inglese, con una presa diretta che fa emergere certi accenti non proprio da madrelingua) e totale mancanza di atmosfera (che sopravvive solo nei campi lunghissimi) prosciugano il possibile impatto di storielle pure abbastanza intriganti, nonostante il discutibile montaggio alternato.
Tre racconti intrecciati in un 600 immaginifico popolato di orchi e sovrani, tra metamorfosi e strani accadimenti del fato. Seguendo una sua passione per i “mostri”, Garrone approda a un fantasy alchemico ispirato a Basile, che attinge a un universo onirico per tracciare apologhi sull’equilibrio tra volontà e destino. Fotografia suggestiva, gusto pittorico-citazionista, location simboliche e incantevoli, giusto bilanciamento tra spettacolarità e introspezione, fiaba e realismo, gusto fantastico e senso filosofico. Sfida bella e riuscita.
Sfuggono le ragioni che hanno indotto il regista a passare dal realismo e dall’attualità al fiabesco dei racconti di Basile. Il risultato è piuttosto legnoso e poco coinvolgente e sfiora il kitsch mettendo insieme tre novelle eterogenee tra loro. Inoltre la presenza di attori troppo conosciuti non favorisce la fantasia, anzi la limita e si oscilla così tra un fantasy "ingessato", cinema d’autore e fiction. Notevoli le location e l’apparato scenico, la fotografia e qualche momento di tensione nella seconda parte. Musica bruttina e fuori luogo.
MEMORABILE: L'orrenda pulce; La brutalità dell'orco; Le infelici sorelle al servizio del re.
Ottimi effetti speciali e buone location per un film fantasy italiano che non ripiega su soluzioni di facile presa e d'azione come nei lavori dello stesso genere di altri paesi. Le storie hanno uno sviluppo lento nonché il gusto per l'assurdo e il crudele, finendo per coinvolgere lo spettatore. Bel cast internazionale di attori, forse non tutti adeguati.
Fantasy italiano: tre storie intrecciate in parte tra di loro rendono piacevole la visione di questo film, che fa apprezzare anche le bellezze architettoniche presenti in Italia. I colori stupefacenti e i dialoghi non banali danno quel di più. Anche se non soddisfa al 100% resta comunque un buon film.
Tre storie bizzarre di poco interesse, che sembrano più un pretesto per permettere a Garrone di sbizzarrirsi con personaggi coloriti, macchiettistici e mostri, umani e non, finendo per palesare evidenti limiti nell'interpretazione di un genere non facile. Bei costumi, altrettanto si può dire per l'ambientazione; e il drago, la mega pulce e il pipistrellone hanno persino un buon impatto visivo. Il vero problema è che proprio la parte umana risulta più posticcia dei mostri stessi. Si può anche vedere, ma offre solo, sparsi qua e là, pochi flash apprezzabili (e tutti visivi).
MEMORABILE: Il Re vede chi ha nel letto e urla: "Gettatela dalla finestra!"; L'episodio della regina possessiva (leggermente superiore agli altri).
Ottimo Garrone che s'inventa un film fiabesco come dovrebbero fare tutti, in bilico tra magia e contenuti, ispirandosi al mito e quindi trasponendo tutti i significati intrinseci possibili. Grande lezione di cinema, poco ricorso agli effetti speciali, cast internazionale, risvolti letterari, culturali e psicoanalitici. Insomma, come creare un nuovo genere partendo dal passato più remoto per nobilitarlo come pochi.
A caldo ho percepito l'assenza di fiaba ma a posteriori posso giudicarlo positivamente. Garrone non vende l'anima e le tre storie di Basile son veicolo per raccontare il cuore umano con il distacco ironico e orrorifico del regista. Così abbiamo donne vittime-eroine e uomini schiavi delle loro debolezze. Donne che usano armi come bellezza o coraggio o astuzia per sopravvivere all'orco. Il carosello finale con Viola regina vola alto e sospeso. Molto bello, anche se gli effetti speciali non sono esaltanti.
Non si può dire che sia un brutto film: almeno non tecnicamente. Visivamente siamo a livelli più che buoni e tutta la confezione è di pregio. Ma filologicamente? Ci sono parecchie "cose" discutibili. In primis la scelta linguistica: ci può stare non usare il napoletano del Seicento (troppo ostico persino per i partenopei); ma perché ricorrere all'inglese ed usare star straniere? Il neo peggiore è però quello di aver tradito lo spirito Basile: manca quel riso liberatorio e dissacrante che c'era anche nelle fiabe più cupe del testo. In ogni caso un film buono e lontano dai soliti lidi italici.
L'Italia, culla del fantasy: per i luoghi, che traspirano l'arcano; per l'humus letterario, sedimentato dalla tradizione fiabesca. Garrone dà corpo ad un'archeologia dell'immaginario; sostanzia con il digitale il materiale archetipico, infrange tabù con incursioni sanguinarie e ristabilisce nuovi, precari equilibri. Ne esce un film imperfetto nell'elaborazione del ritmo, irrisolto nell'incastro narrativo, ma unico e sconcertante nel reificare un fantastico finora solo alluso, indifferente ai modelli dominanti. Cresce a visione conclusa e impone immagini che non si dimenticano.
Le favole che mette in scena Matteo Garrone non sono certo per famiglie ma solo per adulti, perché grottesche, dark e per le diverse scene di nudo che vedono protagoniste donne sia belle che brutte. Il cast è impeccabile, specie la regina impersonata da Salma Hayek (la sola sequenza in cui divora a tavola il cuore di un drago marino per diventare la madre vale la visione del film). Fra re che circuiscono vecchie scambiate per giovani, orchi, principi e principesse sventurati, quel che mi ha colpito è un Ceccherini saltimbanco che non dice nulla.
Tre storie e tre regni, re e regine, principi e principesse; questo è Tale of Tales, un film che parla di favole e non un fantasy. Gli effetti speciali sono ridotti al minimo e i castelli e i boschi sono tutti reali ed è questo il punto forte del film, in quanto lo rende vero e non finto come la stragrande maggioranza dei prodotti di questo genere (e non). Fotografia e costumi sono fantastici e la caratura internazionale del cast aiuta molto. Il film non è un capolavoro ma è una ventata di aria fresca nel cinema italiano, qualcosa di nuovo. Finalmente.
Non capivo cosa non m'avesse convinto del film di Garrone fino a quando non ho letto una parola in uno dei commenti qui presenti e tutto mi è stato chiaro: il problema di questo ambizioso progetto è che sembra una fiction! Le location italiche sono splendide, finalmente ben utilizzate, ma la messa in scena e il modo di "raccontare" m'hanno dato l'impressione di un "vorrei fare una gran cosa, di ampio respiro internazionale, ma purtroppo m'è venuta solo una fiction di buon livello". Le tre storie sono "discretamente" interessanti. Delude.
Film dall'ambientazione fantasiosa e originale, di grande effetto, dalla trama praticamente inesistente, avvincente a livello puramente percettivo. Ottimi i costumi, ben scelte le facce e le espressioni che rievocano suggestioni favolose e archetipiche. Difficile tuttavia ravvisare in questa profusione di immagini d'effetto più profonde sintonie culturali che certa critica dice di avervi trovato.
Location italiane fantastiche e scelte bene, buona colonna sonora e fotografia adeguata al genere. Il cast internazionale può essere discutibile, ma anche questo è indice di come siano stati studiati tutti i particolari per dotare il film di pregi atti a farlo collocare il più in alto possibile nel panorama generale. Meno bene la sceneggiatura che stenta a partire, con troppe lentezze che tendono a spegnere le attenzioni dello spettatore, anche di quello più interessato. In definitiva molto visivo e con poca sostanza di fondo.
Matteo Garrone tenta coraggiosamente la strada del fantasy all'italiana ma il suo film, nonostante le lodevoli intenzioni, non può dirsi riuscito. Le storie non sono tutte egualmente interessanti: quella della pulce pecca di un ritmo soporifero e perde quota rapidamente. Non è impeccabile la scelta degli attori, fatta verosimilmente per attrarre pubblico straniero, che fa sembrare alcuni componenti del cast (Salma Hayek) assai fuori posto. Pregevoli la ricercata ambientazione e la fotografia. Deludente.
Quello di Garrone è un fantasy malato d'astenia, quasi sceneggiato da un Ende obnubilato dal Darchene, un proto-Fantaghirò anedonico e anaffettivo, che va in direzione contraria ai dettami tutti del cinema fantastico: nulla che desti mai vera fascinazione, mai che svetti qualcosa di anche solo remotamente affabulativo, che si tratti del come o del cosa, della presa visiva o narrativa. Il Trovatore che tira le fila si lascia distrarre più dagli sterili accademismi che dall'Incantamento quale categoria dello spirito narrativo, e considerato il titolo, beh, il guaio è di quelli davvero grossi.
Film di forti contrasti non solo cromatici: a fronte di una narrazione confusa e a tratti soporifera vi sono notevoli primi piani e scenografie, i paesaggi e costumi che esaltano le capacità tecniche delle nostre maestranze. Garrone è bravo a dirigere il cast (stupenda la Bebe Cave) e a comporre quadri degni di certa cinematografia nordica ma lo script e alcuni passaggi insistiti o pacchiani non aiutano il film a decollare. Giusto comunque non puntare su effetti o duelli ma sull'aspetto fiabesco e sull'animo umano.
Garrone è una vera sorpresa italiana e crea qualcosa dal sapore in tutto e per tutto internazionale nei suggestivi scenari della cara penisola, salendo alla summa grazie a Castel del monte. Le trame sottilmente intrecciate risultano interessanti, ma purtroppo si perdono tutte in un finale che lascia un amaro sapore di delusione che mi costringe a penalizzare un prodotto altrimenti ottimo. Tra l'originale e il grottesco. Merita una visione.
Garrone testimonia la propria stazza artistica pur in un'opera tutto sommato sabbatica dal punto di vista autoriale. Il film infatti si articola come un magistrale saggio visivo sui canoni fondamentali del barocco poetico: la meraviglia, l'artificio, l'esibizione di preziosismi stilistici, l'azzardato nesso tra elementi contrastanti. Il risultato, ineccepibile sul piano della forma cinematografica, è però parzialmente pregiudicato da una siderale mancanza di coinvolgimento alle storie e ai personaggi, weird per una volta senza sostanza e privi d'anima.
Va dato atto a Garrone di essere riuscito a riportare alla luce un mondo immagnifico, grazie ad alla sua inventiva e fervida immaginazione. Il reparto tecnico lo ha aiutato in questo non poco, con effetti speciali assolutamente credibili e un cast con le facce giuste, volti da un passato immaginario tra fiaba e mitologia. Pur con qualche snodo narrativo prevedibile e una trama troppo incentrata sull'orco di turno, "Il racconto dei racconti" riesce nell'impresa di riportare sul grande schermo italiano un valido fantasy di matrice internazionale.
Non è facile, nella dimensione filmica, rendere avvincente la fiaba per un pubblico adulto. Garrone, attingendo gli spunti e le note giuste dal tesoro di fiabe secentesche rielaborate da G. B. Basile, ci riesce in pieno: con effetti misurati, con suggestive declinazioni di atmosfere gotiche e del tema metamorfico, con personaggi in diverse maniere umanizzati, con lo snodarsi di vicende in cui nessuno è cattivo fino in fondo. I tessuti scenografici e i commenti musicali corredano nel migliore dei modi un film di grande impatto affabulatorio.
Dopo un inizio promettente che ci fa entrare in un mondo di castelli e barocchi stilemi, man mano che si avanza l'effetto magico svanisce. Le facce principali (Hayek e Cassel) non rendono i ruoli credibili, anche se nei personaggi marginali la scelta è più centrata. L'uso di valide location e di costumi sfarzosi elevano la confezione ma il tentativo appare telefonato e televisivo, a tratti. Bisogna riconoscere che nel panorama italiano stavolta Garrone ha provato a battere una pista differente.
MEMORABILE: Toby Jones che chiede di quale pelle si tratti.
Matteo Garrone mette in scena con grande maestria un intreccio fantasy coinvolgente, curioso e inaspettato. Lo fa tramite un'ottima direzione del variegato cast, un'eccellente fotografia; costumi, scenografie ed effetti davvero credibili e ben realizzati. Ottimo esempio di cinema (italiano) che non ha paura di osare.
Re e regine di regni lontani pagano a caro prezzo la loro bramosia. Garrone si lancia in un'operazione difficile cercando di andare a recuperare l'atmosfera magica dei racconti di Giambattista Basile per regalarci tre storie che possono essere lette come un'unica grande fiaba. Personaggi bizzarri, animali impossibili, situazioni paradossali condiscono un'opera davvero singolare capace di rendere credibile l'impossibile. Un film per chi ama ancora meravigliarsi perdendosi in mondi fantastici.
Garrone restituisce solo in parte le atmosfere che sicuramente aveva immaginato Basile (ovvero visione della realtà molto concreta e golosamente lubrica, si veda la storia delle due vecchie sorelle), si volge piuttosto verso una storia fantasy dal respiro quasi mitteleuropeo e quindi lascia delusi chi come me quasi immaginava una trasposizione filmica de La gatta Cenerentola; in compenso abbondano splendidi scorci d'Italia che conosco e amo; Cassel quasi irriconoscibile.
MEMORABILE: L'uccisione del drago nello splendido scorcio delle Gole dell'Alcantara; Castel del Monte.
Garrone prova la strada del fantasy nostrano partendo da una raccolta di fiabe del XVII secolo. L'esperimento non si può dire riuscito, visto che il film viaggia in apnea per tutta la durata e la vera ancora di salvezza si chiama Peter Suschitzky, direttore di fotografia che ha collaborato con Burton e Cronenberg (giusto per citarne qualcuno). E non aiuta nemmeno la composizione internazionale mista del cast che unisce sotto lo stesso tetto (giusto per dire) Reilly, Cassel e Ceccherini. Insomma è stata dura arrivare alla fine. ** per la fotografia.
Interessante, ma non totalmente riuscito, esempio di fantasy all'italiana, diretto con pregevole eleganza da Garrone che si diverte a mettere in scena creature e situazioni bizzarre e anche spaventose (non poche le strizzatine d'occhio all'horror, pure violento) nel contesto di tre racconti immersi in quel mondo illogico delle fiabe, dove magia e stranezze sono accettabili e frequenti. Belli gli effetti speciali e più o meno interessanti tutte le storie narrate, non sempre in parte il cast. È imperfetto, ma una visione la merita senz'altro.
MEMORABILE: La pulce gigante; La scena dello spellamento.
Hai voglia di infarcire il film di belle immagini, di ottima fotografia e di buone scenografie se poi l'intrattenimento è completamente bandito. Ne esce fuori un film visivamente molto valido, non c'è nulla da dire, ma di una noia incredibile. Tutto procede con una lentezza esasperante, senza sussulti. E anche la scelta del cast straniero non convince assolutamente, sebbene questo faccia sì che la recitazione sia migliore di quanto sarebbe stato altrimenti. L'impressione è che l'opera di Basile non sia stata resa nel migliore dei modi a livello narrativo. Mediocre.
Tre racconti scaturiti dalla nostra tradizione seicentesca, popolati da re e regine, draghi e orchi, maghi e incantesimi. Garrone dirige un film di grande respiro spettacolare, operando scelte discutibili come l'optare per un cast prevalentemente straniero, ma affascinando per la composizione pittorica delle inquadrature, la fotografia luminosa, lo sfarzo dei costumi, le splendide architetture di castelli e palazzi. A colpire è anche spietatezza delle storie narrate: intrise di sangue come spesso accade nelle fiabe classiche e senza nessun "lieto fine". Film bello e crudele.
Capolavoro di Matteo Garrone, che coraggiosamente approccia un fantasy tutto italiano. L'approccio è quello di un fantastico per adulti dai toni cupi e riflessivi e dalle tematiche esoteriche ed iniziatiche. Sorprende l'efficacia scenografica di castelli e boschi tutti italiani, a partire dal celebre Castel Del Monte, luoghi suggestivi e assolutamente reali all'interno dei quali sono calati orchi, mostri e draghi realizzati quasi interamente in analogico. Garrone ci regala una favola materica e simbolica, di non immediata fruizione, ma che si sedimenta e suggestiona nel profondo.
MEMORABILE: Tutti gli effetti speciali, realizzati superbamente e con grande realismo.
Di sicuro non è il solito fantasy destinato alle grandi platee e lo si nota sin da subito. Ognuna delle tre storie non possiede la sveltezza e la ruffianeria d'un qualsiasi altro prodotto di genere, né la facilità di lettura d'una misera storia d’amore. Si avvale delle splendide strutture italiche che gli conferiscono uno stile personale distante dall’artificioso e tracotante digitale. Forse non era necessario scomodare attori d’oltreoceano per poi utiizzarli in questo modo, alcuni ridotti a comparse. Non tutte le storie destano interesse allo stessa maniera.
Una bellissima fiaba nera a episodi, film complesso e ricco di simbolismi. Location emozionanti e super cast nel quale ai divi di Hollywood e di Londra vengono affiancati onesti e attori italiani che non sfigurano affatto (Scarpa, Pistoni). Non si può che trovare molto divertente il personaggio di Vincent Cassel, che si dimostra davvero un porco dalla prima all’ultima scena.
I racconti di folclore che Basile pubblicò influenzarono l'intero universo degli autori di fiabe, persino i Grimm; ma le fiabe in origine non erano edulcorate come ci ha abituato la Disney. Garrone seleziona tre racconti da Basile e con un cast internazionale crea un'affresco dalla confezione curatissima, con ambientazioni italiane da sogno (Castel del Monte, Roccascalegna, le grotte di Mottola, ecc.); ma se l'atmosfera è d'eccezione ne fa le spese la dinamica degli eventi in sceneggiatura, troppo accademica nei tempi. Piacevole ma piuttosto stucchevole nel risultato finale.
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