Nei primi anni del '900, Daniel Plainview si arricchisce trovando dei giacimenti di petrolio. Ostacolato da un presunto predicatore, l'uomo diventa progressivamente un misantropo allontanando da sè l'unico figlio. Con questo film il regista Anderson compie un salto nel passato per raccontare una storia di avidità e sete di possesso che ha il respiro epico delle grandi opere ma che contemporaneamente cura in modo particolare la caratterizzazione psicologica del protagonista proponendo un efficace ritratto dell'avidità umana. Grande Day Lewis.
Miglior film della stagione, supportato dalla miglior interpretazione dell'anno. Questo film è un esempio della differenza tra cinema europeo e americano, di come quest'ultimo riesca ad esprimere sentimenti forti, estremi, al limite della violenza ed istinto di sopraffazione, che incarnano l'idea archetipica nell'ideologia americana. Lewis si carica la storia sulle spalle, con la sua figura magra e legnosa, istintiva e cinicamente vitale. Alla fine il prezzo da pagare per l'autodistruzione non è confinato nei limiti della propria esistenza.
MEMORABILE: I momenti del rogo del pozzo di estrazione fatto interamente di legno.
Daniel Day Lewis (il petroliere "Io sono la terza rivelazione!"), il figlio, il giovane predicatore e il fratellastro, o presunto tale, del petroliere. Sono loro i personaggi che danno sale a questo lungo film e che gli permettono di mantenersi su notevoli livelli anche quando la sceneggiatura fa rallentare la macchina narrativa. Qui il petrolio contribuisce più che altro a sporcare le anime di chi lo incrocia, dando quasi l’impressione di spurgare dalle viscere della terra più come un demone, che come oro nero; e il protagonista ne è il suo massimo adoratore (bravissimo Lewis). Da vedere.
MEMORABILE: Il figlio, ferito da un’esplosione di gas, viene presto abbandonato dal padre, che si precipita a controllare i danni subiti dal pozzo petrolifero.
Se lo si intende come negazione del femminile, devitalizzazione della Madre e amputazione della parte complementare ricettiva, There Will Be Blood esprime pienamente l'aberrazione del maschile come apoteosi fallocentrica, aborto autistico che smarrisce ogni legame consanguineo con il mondo. Anderson, dalla coralità plastica e altmaniana come rappresentazione della dissociazione antropologica contemporanea, vira al solipsismo onanista per innalzare la sua allegoria truce del potere secolarizzato. La sordità del non-figlio allora è la sola invalicabile frontiera per la salvezza. Patriarcale.
MEMORABILE: Tutti gli scontri incontri tra Padre e padre.
Maestoso e imponente. Riuscitissimo. A mio avviso un capolavoro. Film dell'anno insieme a Non è Un Paese Per Vecchi. Daniel Day Lewis magnificamente doppiato da Francesco Pannofino è perfetto. Le ambientazioni, la storia e la narrazione sono bellissime. Tutto il periodo della corsa all'oro nero poi a mio parere è troppo affascinante e pochi film riescono a calarti dentro come questo. Solo un po' lento, ma è un film che deve trattare tutto con calma. 5 pallini ma solo perché non ce ne sono 6...
Maestoso e assoluto affresco drammatico, che con una disperazione cupa e via via sempre più dolente, ritrae le origini dell'imperialismo americano e della sua forza, riflettendo anche con toni quasi biblico-epici sul rapporto tra fede e materialismo, caridini di una cultura ora come allora decadente. Cinematograficamente possente, come i kolossal di una volta; sceneggiatura forse zoppicante, ma intensissima e un'idea di cinema aliena che rapisce e stordisce, come l'interpretazione di Day Lewis.
Come sempre Anderson ha polso per illuminare un grande affresco. E un film concepito grande vale la pena di essere visto. Alla Ford, diciamo. Day-Lewis è maiuscolo. L'intenzione è encomiabile e seria. Ma gli altri personaggi? Come si fa a dare così poca forza al predicatore? Concordo con la lettura del femminile negato che fanno altri. Ma i personaggi svaniscono troppo davanti a quello (ripeto, recitato divinamente) da Day-Lewis.
Film lungo, non noioso, non banale, che tratta con toni aspri il successo e il declino di un avido ed egocentrico petroliere, interpretato da un Daniel Day Lewis magnifico. La pellicola esprime il concetto di scontro fra progresso tecnologico e fede religiosa, con un risultato unanime: la sconfitta. Colonna sonora alla Lost, fotografia eccelsa.
MEMORABILE: Io sono un falso profeta e Dio è una superstizione.
Maestoso ed epico affresco alla Ford (come giustamente ha fatto notare qualcuno), che purtroppo soffre di qualche squilibrio di troppo; nell'ultima parte il racconto si ingorga inesorabilmente, affidato come è (quasi) esclusivamente alle doti recitative (mostruose) di Daniel Day Lewis, ma è difficile non lasciarsi trasportare dalla potenza evocativa di queste immagini. Anderson matura in fretta...
Denso, scuro, prezioso, raffinato. Sintetizzato dal lento e ossessivo incedere del torvo Lewis alla ricerca del suo amato oro nero, Il petroliere si palesa come affresco della genesi della società americana. Sopraffazzione, odio, bigottismo, etica, moralità. Tutto è studiato per essere allo stesso tempo una critica al personale (il rapporto col figlio) e all'universale (le frodi alla società nascente). Grandi tutti gli attori; menzione speciale al triste imbonitore. Da vedere e rivedere per cercare di trivellare ancora più giu in questo viaggio al centro della terra del capitalismo senz'anima.
MEMORABILE: Tutto il momento iniziale, musiche stupefacenti e silenzio.
Siamo nell'area (o prossimi) dei capolavori. Difficile trovare difetti a Il petroliere: regia, paesaggi, ricostruzione dell'epoca (anche nella parte tecnica della estrazione del petrolio), attori, musiche... tutto funziona alla perfezione, incluso il raggelante finale. Forse disturberà l'incursione nella "animalità" dell'uomo, ma questo è il film. Sopra tutto si erge un Day Lewis che lavora sul suo personaggio come un ebanista scolpisce un tronco di quercia, consegnandoci una dura riflessione sulla natura dell'uomo.
Questo film di Anderson si presenta come un misto fra Bergman e Kubrick per scenografia, musica, montaggio e ripresa dei dialoghi. Il petrolio come unica ragione di vita per chi lo cerca. Lewis interpreta magistralmente un ricercatore d'oro nero in contrasto con se stesso e con chi gli sta attorno. Sicuramente un grande esempio di come si faccia cinema.
Paul Thomas Anderson si conferma e sforna un altro quasi-capolavoro. Un uomo solitario che si costruisce la carriera sulla base della ricerca dell'oro nero. Adotta un bambino, capace di cambiare a tutti gli effetti un uomo che nasce affamato di potere, si sviluppa affettuoso fino a divenire malato per il suo stesso egoismo. La fame di potere porta alla pazzia e chi ci sta intorno se ne rende conto assecondando ogni evento. Daniel Day Lewis è straordinario.
Ascesa e caduta di un cercatore di petrolio, che aspira a fondare una dinastia ma termina i suoi giorni solo e folle, abbandonato dal figlio adottivo che, a sua volta, era stato allontanato dal patrigno durante l'infanzia. Ritratto potente (e monotematico) di un uomo che insegue il successo e perde se stesso. Un "morality play" moderno, simbolico e apodittico. Come film, difettoso e fascinoso.
Ritratto di un cuore nero, un pozzo di avidità che stritola ed inghiotte quello che lo circonda, sordo a tutto quello che non riguarda i suoi interessi, come il figlio è reso sordo da un incidente. Nella monumentale interpretazione di Daniel Day Lewis, un personaggio degno di entrare nella galleria dei grandi egocentrici del sogno americano. Il rischio è quello dell'eccesso di caratterizzazione negativa: l'approdo finale alla solitudine e alla follia sembra già scritto sul suo volto fin dalle prime sequenze, quando un ritratto più sfumato avrebbe avuto una maggiore presa. Comunque memorabile
MEMORABILE: L'esplosione del pozzo, la confessione pubblica
Maestoso film ambientato a fine '800 nelle selvagge terre del west americano, racconta la vita di un cercatore d'oro nero, del suo arricchimento e della sua crescente misantropia autodistruttiva. Riuscitissima la schematizzazione dei poteri, quello capitalista e clericale, personificati dal petroliere e dal predicatore. Fotografia imponente, Lewis magnifico. Se non fosse per il finale squilibrato sarebbero 4 pallini.
Che Daniel Day Lewis fosse un attore di grande spessore ce n'eravamo già accorti. Ma la sua interpretazione ne "Il petroliere" è a dir poco sensazionale, così come la regia di Paul Thomas Anderson. Già dal titolo originale, "There will be blood", si capisce subito che il trait d'union non è solo quello nero del petrolio, ma anche il rosso del sangue. Una trionfale discesa agli inferi superbamente interpretata da attori e comprimari, un viaggio nella coscienza e nell'avidità umana sullo sfondo dell'America a ridosso dei primi del '900. Bellissimo.
Un racconto duro, sporco nelle immagini e nei concetti che non lascia indifferenti e non intende sottrarre ad un giudizio impietoso alcuni dei miti della frontiera americana. Anderson costruisce bene l'atmosfera e Day Lewis ci mette un'interpretazione devastante, giustamente premiata agli Oscar. Qualche difetto: caratteri minori che finiscono fagocitati dal protagonista, la vendetta contro il viscido predicatore sacrosanta ma fin troppo esplicita.
MEMORABILE: Io sono un falso profeta, Dio è una superstizione.
Bel film in cui i personaggi e la terra si fondono in un'unica materia, pronti a giocarsi tutto, compresi se stessi, pur di arrivare al tanto cercato oro nero. È una pellicola che sicuramente scatena emozioni forti. Bravissimo Daniel Day Lewis nel ruolo.
MEMORABILE: "Io guardo le persone e non ci vedo niente di attraente, io vedo il peggio delle persone"
Colossale nei modi e non così ricco nella sostanza. Intenso ed energico nei baffi onnipresenti di Daniel Day Lewis, che abbatte a pugni praticamente tutti gli altri personaggi. Probabilmente colpa di una sceneggiatura un po' pigra se da "quel che si dice un buon film" non abbia potuto scaturire un capolavoro a tutto tondo.
Anderson ci regala un quasi capolavoro prendendo una storia americana degna dei migliori Faulkner e Steinbeck, piena di polvere, gloria e miseria, ed ammandandola con una aura dostojevskiana, in bilico tra peccato e redenzione in cui la materialità del nero petrolio si scontra con la pretesa intangibilità di un Dio molto americano (leggasi finto). Il film regala emozioni forti anche grazie ad una grandissima fotografia, tutta impostata sul conflitto eterno (e che permea anche l'anima del protagonista) tra luce e buio. Monumentale Day Lewis.
Dopo cinque anni di assenza, ritorna Paul Thomas Anderson a grandi livelli con un dramma di ampio respiro che abbraccia quasi tutta la vita di un petroliere e i continui conflitti padre-figlio, tra la spiritualità e la materialità. Insomma argomenti pesanti trattati con grande esperienza, con un cast superbo, un Daniel Day Lewis mai così in forma e una fotografia eccezionale. Probabilmente rimane la visione più coinvolgente di Anderson, che si conferma regista dalle grandi capacità.
MEMORABILE: Sarà banale ma ovviamente... "I drink your milkshake!"
Andrò pure controcorrente ma io il film, nonostante la monumentale interpretazione di Lewis e la bellissima fotografia, l'ho trovato alquanto noiosetto. Un uomo cinico e spietato si macchia delle peggiori azioni pur di ottenere il successo economico. La sceneggiatura è senza dubbio aderente alla realtà e tratteggia in maniera precisa, enfatizzando al massimo il concetto di "american dream". Tuttavia, come già detto, nel complesso risulta lungo, noioso e con qualche passaggio a vuoto di troppo. Gli do tre pallini, ma solo per l'impegno di Day Lewis.
Il film, liberamente ispirato a "Oil!" di Sinclair, riesce nell'intento di mostrarci l'avidità umana e la sete di potere attraverso lo scontro fra un prete (un Dano in forma) e un avido capitalista (un Lewis strepitoso). Alla fine dei conti queste due non sono troppo diverse, perché con la loro capacità dialettica riescono ad aggirare la povera gente ignorante. Si evince un forte moralismo ti stampo tipicamente americano. La storia e le immagini hanno forte potere evocativo. Davvero bello. da vedere.
Il film si avvale, innanzitutto, di una consueta, grande interpretazione di Day Lewis, nei panni di un personaggio spigoloso e sgradevole, totalmente anaffettivo e incapace di qualsiasi empatia col prossimo. Il film è la storia di una parabola autodistruttiva, resa più evidente dal fatto che, di pari passo, il protagonista si arricchisce materialmente. Ma il suo cuore già nero diventa di tenebra. La regia asseconda con mestiere la superba performance del mattatore Daniel. Oscar meritato.
Il pessimo titolo italiano altera il senso del film che è il violento scontro tra un petroliere e un predicatore: due volti di una stessa ambizione fondativa degli Usa d'oggi, l'impresa selvaggia e l'integralismo cristiano. Così, Il gigante si fonde con Il figlio di Giuda, con l'amarezza di Magnolia, e ne esce una storia disturbante e fastidiosa, raccontata con un'originalità di sguardo che si sposa a quella della bella colonna sonora di Greenwood, e dominata dall'imponente performance di Day Lewis, circondato peraltro da un ottimo cast.
Sgomberiamo subito il campo critico: Il petroliere è un grande film e, a dispetto del titolo italiano, promette e mantiene blood (quel sangue del suo stesso sangue che Daniel è disposto a calpestare a beneficio del sangue nero che distrugge i campi ma che è stato, insieme a certo oltranzismo puritano, il concime della civiltà americana). Day Lewis è formidabile nell'incarnazione/interpretazione di questa degenerazione dell'american dream (da raffrontare col personaggio di Gangs of New York). Manca sempre a Anderson un po' di "naturalezza".
MEMORABILE: La scena finale pare citare il rendez vous tra Quilty e Humbert della Lolita di Kubrick.
Film splendido soprattutto grazie alla monumentale interpretazione di Day Lewis. Il suo personaggio è il centro assoluto della storia e la sua evoluzione ci fornisce un ritratto chiaro e preciso delle peggiori virtù dell'essere umano. Ho trovato ottima anche la figura interpretata da Paul Dano, predicatore di una fantomatica chiesa della terza rivelazione, dietro la quale non si nasconde affatto una feroce critica sociale nei confronti di queste realtà religiose. Davvero ottimo.
Viaggio nell'inferno personale di Daniel Plainview in una scalata verso il successo economico che lascia l'uomo in balia delle sue miserie, del suo rancore, del suo odio. Daniel Day Lewis è particolarmente adatto a un ruolo così intenso, ed è apprezzabile il rigore del regista, che non concede neanche un cedimento a sentimenti positivi da parte del protagonista e dei comprimari (soprattutto il pastore). Tuttavia il film è un po' troppo lento e la durata francamente eccessiva alla lunga fa perdere intensità: un mezzo rammarico.
Anderson abbandona la coralità ma di certo non il suo respiro antropologico ed affresca un'angariante epopea terrigna sull'avidità e la mania di grandezza, metaforizzandole nella simbiotica convivenza forzata tra i due pilastri ideologici che hanno sorretto sino ad oggi gli Stati Uniti d'America: l'ortodossia evangelica e il Capitalismo selvaggio. Daniel Day Lewis è l'incarnazione possente, sulfurea e catramosa di un individualismo prometeico e (auto) annientante, che sottrae umori vitali alla terra (il petrolio) e agli individui (il "sangue") per cibarsene bulimicamente sino a scoppiare.
MEMORABILE: Il reverendo Ely Sunday costretto a ripetere ossessivamente: "Io sono un falso profeta, Dio è una superstizione".
Il film nasce e muore nella straordinaria performance di Daniel Day Lewis. Mattatore formidabile, tutto si concentra sul suo personaggio e quindi su di lui. Arma a doppio taglio: si resta irresistibilmente ammaliati da tanta bravura ma si ha anche il vago sospetto che oltre a quella, del film non resti molto. Come succede spesso la verità sta nel mezzo: il contorno è roba buona ma non eccelsa. La regia sicuramente spicca, asettica ma nel contempo sanguigna e i due altri (non) protagonisti (figlio e predicatore) sono spalle degne. Da vedere.
La riuscita del film la si deve soprattutto alla grandissima interpretazione di Daniel Day Lewis. È lui a reggere sulle spalle le due ore e mezza (un po' troppe in verità) di spettacolo. La storia ci narra le vicende del "petroliere" che non si fermerà davanti a niente e nessuno per sete di avidità; ciò lo lascerà in un vuoto assoluto di valori veri (anche l'unico figlio si allontanerà da lui). Buona pellicola che però, a mio parere, si mantiene lontana dal capolavoro da alcuni celebrato a causa di un'eccessiva lentezza narrativa. ***
Credo di capire la volontà della regia di fare un film duro e urtante (a meno che non sia stata la forte personalità di Daniel Day Lewis a dettare il carattere del protagonista), ma non sono riuscito a farmelo piacere e a entrare in sintonia con la dimensione del film. Mi è piaciuto invece molto lo scontro tra materia e religione (falsa), buona metafora delle due anime dell'essere umano. Entrambi i rappresentanti dei due specchi sono dei perdenti, ed è giusto che sia così. Discutibile anche il commento musicale, a volte veramente fastidioso.
La descrizione e l'evoluzione del protagonista rasentano semplicemente la perfezione, per un personaggio oltretutto difficile da raccontare in tutte le sue sfaccettature: l'affetto "dovuto" per un figlio "necessariamente trovato", l'ossessione per il petrolio e l'accumulo, l'orgoglio di essere in gara con chiunque e di primeggiare su chiunque, la solitudine e la follia come conseguenza. Alla grandezza di Daniel Day-Lewis corrisponde la pochezza di un Paul Dano più invisibile di un personaggio inesistente.
Indubbiamente un bel film, girato bene e fotografato magnificamente. La prova di Day Lewis poi è semplicemente monumentale (ogni tanto anche l'Academy ci azzecca). Però la metafora è a dir poco troppo scoperta: la trivellazione qui fa venire a galla l'anima
che più nera non si può (come il petrolio appunto) non solo del protagonista ma di tutta una larga fetta d'America. Con tanti saluti al sogno americano. Nulla di veramente nuovo, ma realizzato con risultati decisamente superiori alla media. Un film davvero notevole: da vedere.
Veramente un bel film: meritato premio Oscar per Daniel Day Lewis e per la fotografia. Il film mostra la nascita del capitalismo americano e Lewis è il giusto interprete per mostrare il cinismo, la freddezza e l'avidità degli uomini protagonisti dell'epoca. Probabilmente sarebbe dovuto durare un po' di più infatti il finale sembra un po troppo frettoloso. Da vedere almeno un paio di volte.
La genesi di un minatore che diventa proprietario di pozzi petroliferi nonostante le avversità di un predicatore. Un affresco dei primi del Novecento in cui si susseguono situazioni e riferimenti al male con l'oro nero protagonista. Monumentale Day Lewis, che regala un'interpretazione intensa fatta di avidità, falso perbenismo e lucida follia. Pellicola importante.
Daniel è tra le prime vittime del capitalismo e dell'annessa bramosia di danaro: col chiodo fisso del guadagno, è un mentitore senza scrupoli, noncurante persino delle persone a lui vicine quando non gli sono più utili. Non capisco se Anderson si sia limitato a un'aspra critica del capitalismo estremo o abbia voluto esprimere di più. Film piuttosto lento. Assai bravo Day-Lewis!
MEMORABILE: Il "dialogo" fra Daniel Plainview e Plainview al momento della loro separazione.
Liberamente ispirato a un romanzo di Sinclair, è un film di alto livello ma non un capolavoro, a causa di una sceneggiatura magniloquente ma non sempre sintetica. Resta comunque la gigantesca prova di Lewis come diabolico protagonista, ben contrastato dal viscido predicatore Sunday (Dano). Usando la critica sociale al posto del nichilismo, il film riesce dove il coevo Non è un paese per vecchi ha fatto cilecca, ovvero mostrare un mondo il cui l'unico valore è il denaro. Musiche kubrickiane sia nei suoni che nell'utilizzo.
MEMORABILE: Il prologo pressoché muto; L'esplosione del pozzo; "Ho finito!"
Il potere deturpa l'uomo fin nel profondo, ci dice Anderson, attingendo dall'estetica dei Coen e da Welles di Quarto potere. Una metafora materna, per la quale l'unica penetrazione possibile è quella del terreno, dal quale nasce solo prezioso materiale putrescente anziché vita e gli affetti scemano nella voragine della turpitudine. Grande Day Lewis, ma considerevole anche il giovane Dano. Il regista pecca sempre nell'eccessiva lunghezza delle sue pellicole, anche se alla luce della mole del racconto risulta alla fine giustificabile. Memorabile il finale.
MEMORABILE: "Io sono un falso profeta e Dio è una superstizione"; L'esplosione del pozzo di petrolio, con cui esplode anche l'avidità del protagonista.
Splendido film, del bravo Anderson, sulla scalata al potere di un minatore imprenditore interpretato magistralmente dal pluri premiato Daniel Day-Lewis, fenomenale. Il film dura tanto, ma la storia appassiona, mostrandoci l'epopea di un uomo pronto a qualsiasi cosa per la sete di potere. Il ritmo è teso al punto giusto e la fotografia deliziosa, specie nelle bellissime scene esterne di trivellazione. Da non perdere.
L'epopea della scoperta del petrolio e relativo sfruttamento negli Usa da fine '800 agli anni '30 vista attraverso il conflittuale rapporto tra un affarista e un sedicente predicatore. Film di notevole impatto, sia emotivo - il protagonista è ossessionato dal suo lavoro - sia per la certosina ricostruzione ambientale (a riguardo, in dvd è disponibile un inserto di 15' assai esplicativo). Nonostante la lunghezza, si segue con passione. Senz'altro consigliato.
Maestoso affresco di sogno americano infranto, interpretato da un grande Daniel Day Lewis giustamente premiato con l'Oscar. Appassionante storia, seppur, in alcun punti, difficile da seguire, di un cercatore di petrolio che finirà risucchiato dalla sua stessa bramosia di ricchezza. Anderson dirige il tutto in maniera quasi epica.
Capita raramente di trovarsi di fronte a un'opera totale, che pur rappresentando vita e opere di uno (o più) personaggi esecrabili nella storia del cinema, ti sbatte in faccia la realtà raccontata nel modo più crudo, utilizzando tempi, suoni e attori che più esatti di così non potrebbero essere, ciascuno immerso nelle proprie colpe e miserie. La sceneggiatura è di una naturalità spiazzante così come le sequenze, sempre plausibili, certe, granitiche, tese come ogni sguardo di Day Lewis. Dedicato a Robert Altman, da studiare.
Storia importante dal punto di vista umano questa raccontata da Anderson, il quale permette a Lewis di avvalersi di un personaggio complesso e privo di sentimenti. Parlare di quest'uomo non era semplice, così come non era semplice in vita vedersela con lui. Sicuramente la durata è un po'eccessiva e a lungo andare si può correre il rischio di perdersi; ciò non toglie che, a dispetto della difficoltà di narrazione, i personaggi arrivino al limite della perfezione, nel pieno dei loro difetti umani più profondi.
La ricerca del petrolio all’inizio del Novecento mostra i lati peggiori del cercatore Plainview: ingordigia, sfruttamento di un orfano, imbrogli per avere la terra e sfruttamento della religione. Echi primordiali di capitalismo e dominio sul popolo ignorante: anche la parola di Dio può servire a dare false promesse. Day-Lewis magistrale nello storcere lo sguardo e regìa ricercata nell’inscenare trivellazioni e incendi. Lo scontro con Dano appesantisce il racconto e va oltre il tragico, tanto da apparire teatrale.
MEMORABILE: Il finto pentimento in chiesa per ottenere la concessione.
Dramma d'ambientazione d'inizio secolo che pare voler fare una dura riflessione sull'avidità umana contrapposta all'altrettanto fasulla morale cristiana; una lotta dove nessuno ne esce bene, pertanto lode al coraggio del regista nel mettere in scena temi impopolari e in un certo modo rischiosi, appena mascherati dallo scenario d'altri tempi. A livello filmico però, a parte ottime prove attoriali, il racconto risulta inutilmente prolisso e in alcune parti l'attenzione scema; meno autorialità e meno pretese avrebbero di certo giovato al ritmo.
Riuscito a metà. Daniel Day Lewis si fa carico di un'interpretazione strepitosa che scalfisce nella storia del cinema il suo personaggio: le occhiate dalle fessure degli occhi, le smorfie nei momenti di tensione e soprattutto l'intonazione fenomenale della voce. Anche la storia di per sé, sebbene forse non innovativa, è certamente potente e merita un posto nella letteratura cinematografica; eppure la (certo buona) regia non riesce a imprimere la giusta impronta al film e su tutto pesa un senso di freddezza che fa spesso calare l'attenzione.
MEMORABILE: Il finale nel 1927, unico spezzone con la giusta potenza narrativa e di conseguenza un capolavoro.
Zampillano i pozzi di petrolio e i fiumi di cupidigia dal cuore degli uomini, le trivelle e i birilli si macchiano di sangue, i demoni tentatori escono dalla porta per rientrare dalla finestra e tutto questo per della carta straccia... Monumentale spaccato biografico incentrato sul favoloso Day Lewis che, percorrendo la spina dorsale di una vicenda singola, esplora in lungo e in largo con eleganza e acume l'animo umano. Probabilmente un po' eccessivo - ma narrativamente coerente - il solo, truculento finale.
MEMORABILE: L'esplosione del pozzo; L'ultimo dialogo tra Plainview e HW.
Day Lewis ripropone una maschera simile a quella adoperata per incarnare il violento macellaio di Gangs of New York. La storia del minatore che, quasi dal niente, imbastisce un piccolo impero del petrolio - sfruttando il proprio fiuto per gli affari e il figlioletto (divenuto) sordo - appassiona e cattura proprio per il carisma del protagonista. Molto positive anche le prove di Dano, soprattutto nei panni dell'ipocrita predicatore Eli e di O'Connor quale fratello ritrovato di Daniel.
MEMORABILE: I duri confronti finali tra Daniel e il figlio e, ancor di più, con Eli.
Avidità e menzogna sono gli strumenti per prevalere sui più deboli e su cui si possono costruire le ricchezze e le fondamenta di un’intera nazione. Il prezzo da pagare, però, non è insignificante e all’ascesa materiale corrisponde una discesa morale descritta da Anderson con grande profondità. Regia virtuosa e controllata, interpretazioni sul velluto e un copione che fa riflettere. Nonostante tutto, la sensazione è che manchi quel qualcosa, piccolo e appena percettibile, che possa consacrarlo al capolavoro indiscusso, sfiorato per poco.
Come il petrolio scorre lungo le tubazioni che portano al mare, il sangue imbratta la mano del protagonista sino a confondersi con il greggio. Due personaggi che sembrano essere così distanti l'uno dall'altro finiscono invece per assomigliarsi in modo incredibile. "Il petroliere" è un pezzo di storia americana sia a livello storico sia a livello socio-culturale e politico, in cui l'immensa avidità finisce per arricchire le terre (e le tasche) a costo di inaridire per sempre l'anima. Straordinaria l'interpretazione di Daniel Day Lewis.
Dramma nero (in questo caso l'attributo pare più che mai appropriato) che porta in superficie l'aria nefasta sepolta sotto la brama di successo e ricchezza, girato e musicato come un vero thriller psicologico (e infatti, "ci sarà sangue"). Storia profondamente radicata nel passato americano, con un Anderson al vetriolo che attacca l'arrivismo in ogni sua gradazione, rigirando il coltello nella piaga dell'opportunismo e dell'ipocrisia senza risparmiare la religione (il fanatico predicatore Paul Dano). Qualche lungaggine si perde nella bellezza delle immagini. Day-Lewis stratosferico.
MEMORABILE: L'esplosione di gas e l'incidente col bambino; Le prediche esorcistiche con tanto di ceffoni; Il fratello di Day-Lewis; Finale sulla pista da bowling.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE:
Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT):
Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ:
Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICA:
Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
CuriositàZender • 24/02/08 13:12 Capo scrivano - 47698 interventi
Candidature agli Oscar 2008: Miglior film Miglior regia Miglior attore (Daniel Day Lewis)
Miglior sceneggiatura non originale Miglior scenografia Miglior fotografia Miglior montaggio Miglior sonoro
Alla bella fotografia ed al bravo Daniel Day Lewis.
HomevideoGestarsh99 • 10/09/11 15:53 Vice capo scrivano - 21546 interventi
Disponibile in edizione Blu-Ray Disc dal 07/12/2011 per Miramax/Eagle Pictures:
DATI TECNICI
* Formato video 2,40:1 Anamorfico 1080p
* Formato audio 5.1 Dolby Digital: Italiano Inglese Tedesco Francese
5.1 DTS: Italiano Tedesco
5.1 PCM: Inglese
* Sottotitoli Italiano Inglese Tedesco Francese Inglese NU
* Extra 15 minuti: Foto storiche, ricerca e ispirazione
La storia del petrolio
Trailer
Teaser
Scene eliminate
Veramente ben fatto, nulla da togliere a grand film che hanno fatto la storia e su tutti Il Gigante, ma questo ha verament ela stoffa dei grandi film del passato.
Ogni volta lo rivedo con enorme piacere, la prima parte quasi un quarto d'ora abbondante è fatto di completo silenzio, dove nessuno dei personaggi è dialogato, ma è proprio li la forza del regista Anderson la costruione di un film che è inanzitutto tutto al maschile, molto duro e crudo, proprio come il petroloio grezzo che Lewis estrae con avidità, ma anche con destrezza dai suoi pozzi, e poi il rapporto umano con il ragazzino di cui lui pur non essendone il padre se ne rpende cura, e che dopo l'incidente difenderà a spada tratta. Veramente un film d'altri tempi.