Note: E non "Il mago dell'Esselunga". Distribuito in migliaia di dvd, è un cortometraggio di circa 15’ di grande risonanza mediatica, scritto e diretto da Giuseppe Tornatore. Non è uno spot pubblicitario, ma una vicenda ambientata prima nella casa di una famiglia e poi presso un negozio Esselunga.
Uno spot di oggi di rado supera il mezzo minuto. In "Carosello" durava tre minuti, ma lo spazio al prodotto ne era minima parte. Il vedere questo cortometraggio, che è un corto ma, alla fin dei conti, è pure uno spot interminabile, benché dedicato ad un'insegna eccellente, fa capire il perché. Si può reggere il mondo perfetto di un marchio per poco tempo. Poi i sorrisi, l'esaltazione della qualità del servizio, l'esposizione del prodotti e via dicendo tediano inesorabilmente, anche se filmati in modo ineccepibile, come accade qui. Si arriva in fondo a stento.
Venti minuti di spot pubblicitario sono davvero troppi, ma d’altronde a dirigerlo (e a sceneggiarlo) è un prolisso come Tornatore... Per carità, la fattura è eccellente, ma il livello della storia (la famigliola al supermercato dove tutto è fa-vo-lo-so), della recitazione (stucchevolmente viscida) e dell’intera concezione (dove non esiste un benché minimo sprazzo di curiosità o alterità al di là del semplice “comprate comprate”) è davvero a livelli infimi. E il risultato è uno spot di 30 secondi gonfiato all’inverosimile. Terribile.
Tornatore chiamato per girare un cortometraggio che presenti la catena di superstore Esselunga. Chiaro che si tratti di un lungo spot (forse più destinato a compiacere chi l'ha prodotto che il cliente), ma l'ho trovato ben fatto e attingente agli stilemi del cinema odierno. Il supermercato, il magazzino, la catena distributiva, la produzione di gastronomia fresca... questi gli ingredienti presentati con molta enfasi ad una bella famiglia italiana dei giorni nostri; tra smaglianti sorrisi la vicenda si consuma. Girato a Pioltello (MI).
Dopo la clamorosa scivolata di Baaria, Tornatore conferma il trend discendente della sua vena artistica. Il nostro ci mette pure del discreto know-how, ma ciò che ne esce possiede caratteristiche troppe stucchevoli per essere apprezzato. L'esaltazione della filiera e dei metodi "che vogliono avvicinare il produttore al cittadino" risultano oltremodo ruffiani. Inaccettabile!
Fosse stato semplice e poco autocelebrativo allora sarebbe servito al suo scopo ma, per qualche assurdo motivo, il fatto che sia realizzato tecnicamente benissimo e che costantemente voglia sembrare un film da poter considerare indipendentemente, gli attribuisce un aspetto decisamente trash: nei dialoghi e nelle continue smorfie dei personaggi (fastidiosissimo il bambino), nel perbenismo ossessivo e nella rappresentazione di una pseudo-atmosfera "d'avventura" insistente e fuori luogo.
Viscido e fastidioso, perbenista e finto, presenta uno spaccato di vita "di plastica", proprio come il consumismo vorrebbe (e come spesso purtroppo in realtà è). Tornatore è stato grande in altri film, ma qui è davvero al peggio del peggio. Si astengano anche vegetariani, visto che non si ha neanche rispetto per pesci agonizzanti ("Guarda come saltano", dice il bimbastro). Tecnicamente ben fatto, ma altro non è che un gonfiatissimo spot tedioso, autoreferenziale e borghese ai massimi livelli.
Commovente. A stento si trattengono le lacrime nel vedere l’impegno che viene messo nel servire la signora Maria; persino l’orata, nonostante venga mangiata, si dà da fare per trovarle la fede (alla signora Maria), per non parlare del buon patron Caprotti, panettiere che sforna pani a forma di esse... lunga. Accattivante e bugiarda come la maggior parte delle pubblicità, questa poi assomiglia a una favola: infatti è una favola e come tutte (o quasi tutte) le favole ha una sua morale salvifica, se capita. Nel suo genere direi un capolavoro.
Raramente un mediometraggio provoca simile irritazione. Non è questione di destra o sinistra, di consumismo o utopia, di famiglia tradizionale o allargata. E' che nella durata monstre di 20 minuti trovi solo enfasi e pochissima ironia, che i sorrisi e le autocelebrazioni del consumatore felice in ogni dove del supermercato sanno di finto apparecchiato e non riesci a empatizzare con nessuno dei protagonisti. Adatto alle convention di venditori e scivolone pazzesco, per uno del calibro di Tornatore.
L'elogio martellante, ossessivo e stucchevole trascendono in pochi minuti nell'imbarazzante e nemmeno la firma illustre in regia toglie questa fastidiosa sensazione rinunciando alla freschezza dei vecchi Caroselli in cui comunque la pubblicità vera e propria era confinata nella conclusione. Pessima la scelta degli attori, sia la coppia di genitori impostatissima e smaccatamente forzata sia l'irritante bambino. Era sicuramente meglio girare qualche spot più stringato ed efficace direttamente per la TV.
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Panza ebbe a dire: So che a Caprotti non avrebbe fatto piacere questo paragone, ma gli spot di Woody Allen per la COOP erano molto meglio.
Me li sono rivisti, sono del 1993 e in effetti non c'è paragone. Certo lì la Coop investiva miliardi su varie campagne media e non poteva permettersi di sbagliare. Qui sembra più il pacco natalizio autoreferenziale da regalare a fornitori e dipendenti. O un vezzo del padrone a cui nessuno ha avuto il coraggio di obiettare, Tornatore compreso!
E dire che in Esselunga di pubblicità ne capiscono avendo partorito quella storica del 1995 che è finita fino al Louvre.
Ah, volevo anche spiegare che il mio giudizio netto su questo girato dell'Esselunga è esclusivamente filmico, nulla ha a che fare con le polemiche che (non di rado pretestuose) hanno interessato l'azienda e Caprotti.