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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Ancora una volta al cinema “il giorno più bello” indica tradizionalmente quello del matrimonio, ma qui a sposarsi sono due maschi, Andrea (Venitucci) e Filippo (Vassallo). E' il secondo a raccontare in flashback come tutto si sia svolto, rivolgendosi a una contadina di Alberobello (dove è ambientato il film) che sotto il sole ascolta l’intera storia; da quando, cioè, Filippo rientra a testa bassa da Milano dove lavorava come broker. Un debito di 250.000 euro da saldare e il matrimonio con Andrea da celebrare: due cose che non possono stare insieme, ma a far quadrare i conti potrebbe essere il nonno (Viviani) di Filippo, ricco notaio di una lunga stirpe che,...Leggi tutto pur di avere un erede (l’altro suo nipote, che chiama impietosamente “Palle secche”, è sterile), si dice disposto a pagare mezzo milione di euro come “dote”. Naturalmente non può immaginare che Filippo sia gay e questi non ha ovviamente intenzione di rivelarglielo; per ottenere quei soldi, anzi, chiede a una sua cara amica (Steigerwalt) di fingere di essere lei l’Andrea dei futuri inviti di nozze e di presentarsi in famiglia come la sposa.

Un piano di non facile realizzazione, pensato all’insaputa non solo dei parenti ma di Andrea stesso. I rischi sono molteplici e spiegarli tutti sarebbe impossibile: trappole in ogni dove, equivoci e – sopra a ogni cosa – una montagna di bugie da difendere fino all'ultimo. Anche perché in arrivo dall’America ci sono pure la madre (Del Piano) di Andrea e il suo nuovo compagno (Palka), politico religiosissimo. Eppure Filippo non sembra preoccuparsi troppo, anche per la sua indole pacata che sfiora a tratti l’apatia; pensa forse che qualsiasi problema si possa in qualche modo risolvere e mette in atto il suo piano cercando di far combaciare tutto. Qualcuno nelle due famiglie sa bene che i due sposi sono gay, ma la maggioranza no e il gioco sta tutto qui, nell’osservare come passo dopo passo crolli il castello di carte. Di positivo c’è che lo farà lentamente, con gli inconvenienti che si moltiplicheranno via via, aumentando i motivi di risata.

Non tutti i personaggi sono chiamati a intervenire sull’aspetto comico, perché esiste comunque anche una componente legata allo “sdoganamento” dell’omosessualità in certi ambienti (si sa che il Sud è molto meno incline ad accettarla) e la volontà di non cercare la risata ad ogni costo. Se il nonno e il padre (Cimaglia) rappresentano la mentalità meno aperta, l’amica è semplicemente innamorata di Filippo e cerca di riconquistarlo (dopo un fugace bacio scambiato in gioventù). La narrazione in flashback appesantisce un po’ l’insieme rendendo meno immediati alcuni passaggi, ma la storia si segue per fortuna con una certa facilità. Non brilla particolarmente il cast, in compenso la confezione (al di là di una brutta fotografia) non è affatto semiamatoriale come capita talvolta in casi simili; il soggetto è piuttosto ben studiato e il meccanismo complesso gira discretamente.

Forse ci si poteva aspettare più spigliatezza nelle interpretazioni, magari più profondità nell’affrontare il tema, ma in fondo siamo in presenza di una commedia senza particolari ambizioni e non va dimenticato che, in epoca di politically correct, non è sempre facile non urtare la sensibilità di qualcuno cercando di far ridere con argomenti che un tempo si maneggiavano utilizzando un umorismo ben più greve. Poi certo, gli espedienti e le situazioni non hanno alcunché di originale; si gioca soprattutto coll’ingegnosità (teorica) della strategia utilizzata da Filippo, si inseriscono figure bizzarre come il fratello “Palle secche” (Sinisi) e si punta sull’arcigno nonno cui dà il volto l’ottimo Vittorio Viviani. Poi qualche scivolone come la colomba “drogata” e qualche scena interessante non portata a termine (il sexy soccer dell’addio al celibato). Con altri mezzi un soggetto simile avrebbe potuto conseguire risultati molto più apprezzabili.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 9/09/24 DAL DAVINOTTI
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