Una storia d'amore travagliata fra un diplomatico italiano e una contessa già sposata. Al centro dell'intreccio gli inverosimili passaggi da un capo all'altro del mondo di un paio di orecchini; ma la qualità della pellicola non sta nella trama bensì nell'ottima ricostruzione d'epoca e negli audaci (per l'epoca), lunghi movimenti di carrello fatti da Ophuls. Ritmo molto lento, finale telefonato ma film da vedere almeno una volta.
Paradigma d’eleganza cinematografica, con quelle sinuose riprese che, con impercettibile nonchalance, disegnano sguardi che avvinghiano i corpi e accarezzano cose e luoghi. Fino all’ipnotico pseudo-pianosequenza che unisce in un unico vorticoso ballo il progressivo innamoramento di Madame e del suo amante. Fascinoso e avvolgente il plot stesso, come un nuovo Girotondo che affida ai preziosi orecchini il ruolo di testimone di staffetta, di strumento del destino e di silente prova (anzi, materializzazione) d’amore.
L'obiettivo del regista di rappresentare la fatuità attraverso uno dei suoi simboli (i gioielli) può dirsi senz'altro raggiunto; il problema è che questi concetti di fatuità e vuoto dipinti in modo preciso ed impeccabile sino al manierismo del ritratto d'ambiente dell'alta società della Belle époque travolgono anche la trama, statica, stancante e priva di progressione drammatica se non negli ultimissimi minuti. Davvero troppo poco per l'esimio Max Ophulus.
MEMORABILE: I frammenti delle lettere scritte e mai spedite che vengono gettate dal treno in corsa.
Con una messa in scena raffinatissima e un po' estenuata, Ophüls gioca con lo spettatore proponendogli una commedia galante con equivoci. L'ambientazione tardo-ottocentesca, con i suoi sfarzi e i suoi riti, inevitabilmente ci raggiunge un po' a fatica nel secolo presente. Poi però, con la stessa maestria con cui fa danzare i suoi amanti per notti e notti in un'unica (splendida) sequenza, il regista cambia piani e vira il racconto in una tragedia, magistralmente solo suggerita. Kubrick amava questo film e si capisce: i movimenti di macchina sono ipnotici.
Un incantevole gioco al massacro. Sotto le impeccabili vesti formali di un melodramma mitteleuropeo (anche se l'azione si svolge in Francia), dominato dall'imperio del caso e della fatalità, il regista, novello Schnitzler, analizza le leggi che regolano la vita dei ceti dominanti. Ciò che è apparente fatuità è, invece, sostanza e norma che sostiene un intero universo sociale ("è solo superficialmente superficiale", sentenzia un protagonista). Chi vi deroga è, quindi, perduto. Eccellente il cast, grande Boyer.
Orecchini che passano di mano in mano, fatui come la protagonista nella sequenza iniziale, quando sceglie quale gioiello sacrificare all'insaputa del marito sposato per convenienza, ma ogni passaggio riscalda i cuori di diamante, come il cuore di Louise si scalda dell'amore di un altro uomo. In una Parigi che assomiglia alla Vienna asburgica, un valzer di sentimenti solo superficialmente superficiale, come recita una battuta del film, ennesimo capolavoro di finezza e malinconico disincanto di un maestro del cinema, con un epilogo che ne ricorda un altro indimenticabile di 20 anni prima.
MEMORABILE: "Ripetetemi la frase che preferisco: io non vi amo, io non vi amo..."
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CuriositàRufus68 • 18/09/16 13:23 Contatti col mondo - 220 interventi
Pellicola tratta dal libro di Louise Lévèque de Vilmorin (1902-1969), Madame de ..., uscito nel 1951 e pubblicato in Italia solo nel 1953 (Rizzoli) in seguito all'uscita del film (i tre protagonisti principali appaiono sulla copertina; la traduzione è di Ugo Dèttore).
La stessa versione fu ripubblicata nel 1993 dalla Sellerio nella collana "La Memoria" (la Darrieux in copertina).
DiscussioneRaremirko • 4/02/19 22:19 Call center Davinotti - 3862 interventi
Molto molto buono e pieno di dialoghi sofisticati, molto pensati, che spesso colpiscono; bene De Sica in un ruolo misurato e buona la rappresentazione di una nobiltà incorreggibile e conservatrice.
Triste sino al finale, ha retto decisamente bene alla prova del tempo.
Un film molto meno banale di quello che si possa pensare