Viaggio di un'ora e mezzo dentro "La processione al calvario" di Bruegel. Idea originale solo in apparenza (dal cinema sperimentale fino a Dario Argento il tema è stato abbondantemente sfruttato), portata avanti con una pretenziosità e un compiacimento che mettono i brividi. Si cerca la pittoricità totale, si ottiene la grossolana artificiosità di immagini palesemente fotoritoccate digitalmente. La catatonia di ritmo e attori infliggono la mazzata finale ad un film che sta alla pittura come 300 di Snyder sta ai fumetti. Tremendo.
Il film riprende un dipinto del fiammingo Breugel, cercando di entrare negli occhi del pittore all'interno del farsi dell'opera, ma lo fa coi metodi sbagliati: i numerosi piani-sequenza digitali non sono ciò che si addice a una pellicola che vuole celebrare una pittura di quattro secoli fa e neppure la fotografia, nitida all'eccesso e sgargiante nei colori. La staticità è predominante e lascia molto rimpiangere la lentezza del vicino nella tematica La ragazza dall'orecchino di perla. Tanto ricercato da diventare insopportabile dopo pochi minuti.
Majewski percorre una strada in salita, quella della filmica pittorica, già tracciata (con dubbi risultati) da grandi nomi come Sokurov e Greenaway e non si può certo dire che il polacco si faciliti la vita, con tutti quei silenzi e quelle fissità che conciliano col sonno. Gli va riconosciuta una certa onestà d'intenti e la volontà di entrare veramente nello spirito del dipinto (e nella dialettica storica), ma oltre a quello c'è veramente poco e non sono certo alcuni dettagli cruenti o ardite digitalizzazioni a farci sobbalzare.
Opera visionaria di grande impatto visivo in cui il mistero dell'arte è contemplato egregiamente. Finanziato dall'istituto cinematografico polacco s'ispira all'opera del pittore fiammingo Bruegel. Le immagini regnano sovrane con questo sovrapporsi di reale e digitale corredate da un silenzio riflessivo che conduce alla meditazione. Sorprendente se lo si osserva con vena artistica preponderante.
Majewski analizza il quadro di Bruegel e ne tira fuori un film. Dà vita ai personaggi, ne mette in risalto alcuni piuttosto che altri, si inventa possibili retroscena e descrive scene di vita familiari. Fotograficamente l'impresa riesce, poco importa quali mezzi si siano usati: tutto è lecito per arrivare allo scopo. La passione di Cristo sembra passare in secondo piano. Tutto rimane sulla superficie della grande tavola, gli approfondimenti sono lasciati all'attenzione di chi ha la pazienza di seguire ritmi che lasciano spazi per riflettere.
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