Note: Aka "Hallucination - La fossa", "L'abisso", These Are the Damned". Soggetto tratto dal romanzo di fantascienza The Children of Light di Henry Lionel Lawrence, pubblicato in Italia col titolo "Fossa di isolamento" nel 1962 come volume n. 290 della collania Urania.
Un Losey minore che presenta alcuni difetti, in particolar modo troppa staticità nella prima parte e che non sfrutta al meglio un soggetto interessante che si rianima solo nella seconda parte della pellicola. Naturalmente i lati positivi non mancano e l'analisi di una società violenta e piena di paranoie è abbastanza buona. L'alone di mistero si mantiene vivo a lungo (poiché il regista svela le sue "intenzioni" solo alla fine) e la conclusione è funzionale e pienamente in linea col tono lugubre e pessimista dell'opera.
I "dannati" del titolo originario sono bambini tenuti misteriosamente segregati. Peccato che una storia potenzialmente forte approdi a un film debole e insipido. E pensare che di spunti ce ne sono, non solo narrativamente, ma anche visivamente e simbolicamente: il parallelo tra i bambini e i teddy boys, o le sculture logorate che l'artista scolpisce di fronte a un vasto mare sono segnali interessanti. Ma la sceneggiatura inciampa spesso nel ridicolo o nell'insensato (perdendosi noiosamente nell'inutile prima parte) e la regia non ha mordente.
Il gran maestro black listed Losey ci mette del suo nel destreggiarsi in una trama curiosa che parte come un'Arancia meccanica ante litteram (l'aggressione dei teddy boy) e si sviluppa poi in un fantathriller cupo su fanciulli radioattivi. Non lo aiutano probabilmente i diktat commerciali della Hammer e certamente la legnosità inespressiva di Macdonald Carey e della Field: fatto sta che l'andamento è troppo ieratico e non riesce a star dietro ai "salti" di registro della sceneggiatura. Bravi il torvo e problematico Reed, la Lindfors e Knox.
Spunti di sceneggiatura interessanti e movimenti di macchina sprecati per un film non riuscito. Non è credibile nel suo incipit che in qualche modo anticipa Arancia meccanica, né nel suo seguito. L'attrice protagonista poi (e il suo personaggio) sembra posare per una convention facendo porre agli spettatori la seguente domanda: "Che ci faccio qui?". La seconda parte slitta nella fantascienza primordiale (cinematograficamente parlando). Devo aggiungere altro?
Distopico inglese all'ombra dell'orwelliana paranoia nucleare, prodotto dalla Hammer e diretto da Joseph Losey che cerca di venirne fuori con un film di fantascienza, un'allegoria sociale e personaggi verosimili. Ne ricava un'opera latente, irrigidita su una sceneggiatura letteraria che cercando di dare spazio ai personaggi (il prolisso incipit) finisce con l'arrivare al cuore del racconto fuori tempo massimo. Il distacco critico e la freddezza narrativa di Losey impediscono alla topica di genere di scatenare qualsiasi partecipazione emotiva, generando un film letargico, "a tesi". Deludente.
Dipinta in un indimenticabile bianco e nero, una delle distopie cinematografiche più sottovalutate. L'apocalisse (atomica) è già fra noi, coi suoi terrori e distrugge coscienze e sentimenti; una erosione dell'anima simboleggiata dalle opere dell'artista Freya (creazioni della scultrice Elisabeth Frinks) che popolano inquietanti le desolate coste inglesi in cui vivono prigionieri i bambini cavia, innocenti vittime di una ragion di Stato inumana. Una finis terrae dolente e senza speranza.
I bambini in Bikini, figli dei funghi più e prima che dei fiori, deportati dal villaggio alla fossa comune del (futuro del) mondo e predittivi di uno stoccaggio rifiuti che di lì a un paio di lustri diverrà increscioso per l'abitabilità del pianeta: per approdare a tanto di invitante nukestopia, Losey scrocca (e diluisce fino a renderlo insapore) un po' di succo d'arancia a Burgess, lascia che sia la forma a sobbarcarsi il grosso del carico pesante, rendendo bradicardico il battito narrativo e lasciando che quanto incolla tesi, ipotesi e sintesi si secchi subito dopo essere stato applicato.
Sceneggiatura allucinata che parte come un teddy-boys movie in cui un gruppo di delinquentelli si diverte a picchiare duro e poi si trasforma in un film futurista da fine del mondo. Colpisce il clima freddo e di distaccata enfasi, con dialoghi al limite dell'assurdo, interrotto da qualche nota "calda" che denota affezione umana. Nel complesso desolato, irregolare e soprattutto non completamente riuscito nel suo intento apocalittico moraleggiante.
Il lungo preludio, quando il turista americano in vacanza sulla costa inglese viene malmenato da un gruppo di giovinastri, può trarre in inganno sulla reale natura di questo film di fantascienza pre-apocalittica che svela a poco a poco le sue carte prima di approdare all'epilogo drammatico. Ed è proprio questa chiusura disperata il pregio maggiore di un'opera certo imperfetta oltre che sbilanciata tra le sue parti per il troppo spazio concesso alle vicende della coppia in fuga ma originale nel plot e potente nel suo pessimismo integrale sulla natura umana.
Nel film di Losey, In qualche modo imparentato con Il villaggio dei dannati (ma ancor più col suo sequel del '64), lo scontro e le incomprensioni generazionali, fra giovani pericolosi e vecchi detentori del potere, si diramano in tronconi narrativi apparentemente slegati fra loro (da una parte i teppisti fischiettanti ante-Arancia meccanica, dall'altra la poco etica prigionia dei bimbi radioattivi a opera dei militari), per poi trovare nell'amaro finale una visione d'insieme uniformemente pessimistica (ed essenzialmente adattabile a qualsiasi realtà storica). Difettato ma riuscito.
MEMORABILE: Gli sguardi pietrificanti di Oliver Reed; Le sculture; Il rifugio nella scogliera; La fuga dei bambini; La corsa in auto di Reed; "Help! Help us!".
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CuriositàRufus68 • 6/09/16 21:03 Contatti col mondo - 218 interventi
Il film è tratto dal romanzo di fantascienza Fossa d'isolamento (The children of light, 1960) di Henry Lionel Lawrence (1908-1990).
In italiano ha avuto tre edizioni:
Urania nr. 290 (1962)
Urania nr. 603 (1972)
Classici Urania 32 (1979)
DiscussioneZender • 24/08/19 18:15 Capo scrivano - 47199 interventi
Non saprei. Ricordo di averlo letto in qualche libro, ma in effetti non parrebbe essere presente nelle locandine d'epoca. Lo sposterò negli aka.
CuriositàDaniela • 5/06/20 14:07 Gran Burattinaio - 5903 interventi
Nel 1972 la TV italiana ha dedicato un ciclo a Joseph Losey. In questa occasione, il film è stato presentato col il titolo "La fossa", previo ridoppiaggio non essendo disponibile il sonoro originale.
Fonte:
https://www.altrimondi.org/hallucination-di-joseph-losey/
donde scaturisce il sottotitolo la fossa? locandina e titoli di testa non lo menzionano...
A questa domanda ha risposto oggi Daniela con la sua curiosità:
"Nel 1972 la TV italiana ha dedicato un ciclo a Joseph Losey. In questa occasione, il film è stato presentato col il titolo "La fossa", previo ridoppiaggio non essendo disponibile il sonoro originale."
DiscussioneDaniela • 7/06/20 07:45 Gran Burattinaio - 5903 interventi
In un paio di commenti, ho letto l'opinione che Losey avrebbe "scimmiottato" o comunque tratto spunto per i suoi teppisti da Arancia meccanica. Questo è astrattamente possibile, ma molto improbabile, considerato che A Clockwork Orange di Anthony Burgess è stato pubblicato nel 1962, ossia lo stesso anno di uscita del film.
Inoltre vorrei far notare che la banda di teddy boys violenti è presente nel romanzo di fantascienza pubblicato nel 1960 a cui la sceneggiatura del film di Losey è ispirata, sia pure con qualche libertà.
DiscussioneZender • 7/06/20 09:03 Capo scrivano - 47199 interventi
OK, uno l'ho corretto, Schramm ho un dubbio, vediamo che dice.
se lucius e giuan parlano di anticipazione, io ho scavalcato la transenna e dato una pennellata extra di verde kaki perché l'aggressione a inizio film al professore di letteratura presenta più di una similitudine con quella delle prime pagine di un'arancia a orologeria, a partire dal fatto che avviene ai danni di un professore di lettere (o almeno così mi pare di ricordare, non ho un ricordo fresco né felicissimo del film - non proprio opera che rivedrei immediatamente o volentieri), quindi ok il puro caso e il "plagio involontario", ok la sincronicità junghiana, ok la noosfera e le idee che fluttuano nell'aria che vengono captate da più artifex nello stesso periodo di fase creativa, ma delle due l'una; o burgess ha tratto ispirazione da lawrence .o losey da burgess. oppure dell'una le due: nessuno ha preso spunto da nessuno ed è una incredibile combinazione, che per quanto mi compete resta adombrata dalla legittimità dell'ipotesi, che è molto improbabile ma non del tutto impossibile, considerato che tra uscita del libro e realizzazione del film potrebbe esserci stato un breve iato cronologico e che losey lo stesse leggendo durante le riprese. di fatto è quasi un automatismo, se si ha il libro di burgess tra i 10 top hits letterari da portarsi nella bara, ravvisare una forte parentela tra le due aggressioni specie quanto a modalità.
DiscussioneDaniela • 8/06/20 07:55 Gran Burattinaio - 5903 interventi
Schramm ebbe a dire:
delle due l'una; o burgess ha tratto ispirazione da lawrence .o losey da burgess. oppure dell'una le due: nessuno ha preso spunto da nessuno ed è una incredibile combinazione, che per quanto mi compete resta adombrata dalla legittimità dell'ipotesi, che è molto improbabile ma non del tutto impossibile, considerato che tra uscita del libro e realizzazione del film potrebbe esserci stato un breve iato cronologico e che losey lo stesse leggendo durante le riprese
Certo, tutto è possibile, ma, come ho già scritto sopra, una banda di teppisti violenti dai nomi evocativi (Caesar, Cassius) era già presente nel libro di Lawrence, pubblicato in Inghilterra nel 1960, ossia due anni prima di quello di Burgess, e a quello è ispirata la sceneggiatura del film di Losey, quindi ritengo molto più probabile la comune influenza dell'"aria del tempo".
Qui sotto, la copertina della seconda edizione italiana del romanzo nella collana Urania:
donde scaturisce il sottotitolo la fossa? locandina e titoli di testa non lo menzionano...
A questa domanda ha risposto oggi Daniela con la sua curiosità: "Nel 1972 la TV italiana ha dedicato un ciclo a Joseph Losey. In questa occasione, il film è stato presentato col il titolo "La fossa", previo ridoppiaggio non essendo disponibile il sonoro originale."
Secondo quanto riportato nel libro "A qualcuno piace l'horror" di Stefano Leonforte, la versione tramessa in quell'occasione dalla RAI era quella integrale approvata da Losey e non quella uscita nei cinema. Questo spiegherebbe anche il ri-doppiaggio.