Green border - Film (2023)

Al confine tra Polonia e Bielorussia si incontra un gruppo di persone incerte sul loro destino. Girato come un documentario (l'uso del bianco e nero risulta superfluo, dato che si trattano argomenti attualissimi, purtroppo), la pellicola offre vari momenti drammatici che coinvolgono la povera gente, senza tralasciare aspetti crudi (ad esempio le guardie che si divertono a fare commenti cattivi sui rifugiati perché puzzano troppo, secondo loro). Si segue con interesse sino alla conclusione e lascia inevitabilmente con l'amaro in bocca. In definitiva buono e spinge anche a riflettere.

Girato con tecnica decisamente derivativa in bianco e nero verista e camera a spalla; sceneggiato in modo da far valere una forte impronta ideologica, il film ha il merito di non annoiare, nonostante la lunghezza eccessiva, cercando di spaziare anche oltre il tema dominante del gruppo di migranti ai confini tra Bielorussia e Polonia, rimpallati di qua e di là dalla spietata polizia di frontiera dei due paesi. Si perde però nell'ultimo quarto nel voler dimostrare che il popolo polacco ha poco da spartire con le scelte draconiane del suo Governo, finendo così per diventare didascalico.

Ha l’urgenza e l’immediatezza del documento febbrile e bruciante, della denuncia contro la disumanità delle istituzioni e i crimini della sua polizia che respinge i profughi sul confine polacco, il Mur della vergogna europea. Film potente e agghiacciante, dalla carica al contempo politica e umana, che lascia sconvolti per il racconto spietato, enfatizzato da un violento b/n e interpretazioni poderose. Un carosello di personaggi di una tragedia umana dove vittime, carnefici, testimoni e volonterosi condividono un fazzoletto di terra insidiosa. Da vedere.