Grazie signore p... - Film (1972)

Due disinibite ragazze, Anna ed Eva, non hanno alcun timore nello scambiarsi l'amante: lo fanno come dovesse trattarsi di un oggetto qualsiasi, assimilabile ad un capo d'abbigliamento. In quel di Pantelleria mettono gli occhi su Marco, ma ogni tentativo di sedurlo finisce male. C'è un drammatico motivo, da ricercare nella professione della madre del giovane. Lento, ma ammaliante per la buona scenografia (naturale), la discreta presenza d'attori affascinanti, una sceneggiatura ben svolta ed una partitura musicale evocativa.

Trasuda solarità e ottimismo questa vicenda esotico-erotico-edipica sullo sfondo del mare e delle grotte di Pantelleria: non solo per il paesaggio in sé, ma anche per la naturalezza e l’espansività della Galli e della Santilli che, epigone della cosmopolita e libertina Emanuelle, si adoperano con il cuore e con il corpo per guarire i traumi dell’introverso Keller. Purissima arte i ripetuti nudi integrali della Santilli, offerti con la spontaneità tipica del cinema anni Settanta. Aiuto regista, il csc Di Grazia ha il consistente ruolo del bighellone Mimì. Piacevole.

Credo che per tanti ventenni valga ancora la pena di vederlo, visto che tutte le generazioni son piene di teenager maschili che hanno questa bellezza quasi dannata, perché rovinata da un'infelicità abissale di fondo, il più delle volte causata da un rapporto squilibrato con la madre... Sottolineo che le location siciliane sono magnifiche, ma Savino è un regista crudo, legato all'immediato, a quello che è, e in tal modo se con I ragazzi della Roma violenta riesce a fare un capolavoro assoluto, qui invece manca quella poesia che sarebbe importante...

Savino, autore del passabile I ragazzi della Roma violenta, ci propina questo pessimo dramma dalle medie tinte erotiche e con un bel cast femminile (quello maschile è da dimenticare invece anche nell'aspetto). Storia ridicola che non si regge in piedi e finale davvero allucinante. Per il sottoscritto una mezza fesseria.

A cavallo tra il dramma edipico e la commedia (poco) sexy, sullo sfondo esotico di Pantelleria. La vicenda in sè avrebbe potuto essere sviluppata e sfruttata meglio; invece abbondano i tempi morti e il ritmo è soporifero, nonostante l'uso veramente massiccio delle musiche (belli i brani degli Osanna). Si salvano la bellezza del paesaggio, la Santilli e la scena clou del rito etrusco, per il resto si può tranquillamente soprassedere. Molto seventies, ma con tutti i difetti e quasi nessun pregio del caso. In mano a un Alberto Cavallone, chissà...

Dramma erotico-esistenziale su sfondi marini insertato con siparietti da commediaccia dialettal-pecoreccia. Savino divaga in modo soporifero e inconcludente per un'ora buona prima di giungere al dunque, cioè al sedicente rito etrusco con cui la Santilli e la Stewart svezzano il povero Hiram Keller, rovinosamente precipitato dall'empireo felliniano in produzioni di sottobosco. Per chi si accontenta, ci sono il mare e il sole di Pantelleria, le canzoni degli Osanna e le grazie di due mitiche icone femminili del cinema bis.

Il montaggio confuso e le inquadrature semi-amatoriali non offuscano le buone idee del film. La canzone degli Osanna introduce l'uomo schiavo del possesso, del potere e del vile materialismo, in contrasto con la spiritualità isolazionistica di Marco, legata agli ancestrali riti iniziatici inseriti in una natura evocatrice dei popoli antichi ben valorizzata. Il cinema nostrano ha detto grazie alla zia Gastoni, dirà grazie alla nonna Fenech e qui semplicemente ringrazia due manipolatrici dell'eros sensibili nel sondare la psiche del protagonista.

Non esaltante questa variazione sul tema dell'iniziazione sessuale che inizialmente si perde in lunghi giri di poca sostanza delle due turiste per Pantelleria (ma che almeno possono contare sui brulli e affascinanti paesaggi panteschi) e che poi nella seconda cerca di sviluppare la trama sino a un affascinante finale sacrale, l'unico momento che smuove lo spettatore. Insomma, l'idea, seppur non freschissima, c'era ma è tutto il resto che non funziona a dovere. Da segnalare le musiche di Chiaramello e la canzone degli Osanna sui titoli di testa.

Non è facile da giudicare. Ottime sono sicuramente l'ambientazione e l'atmosfera isolana, chiusa e morbosa e si apprezzano anche un montaggio e una fotografia piacevolmente amatoriali. Recitazione discreta. La storia invece presenta uno spunto discreto ma sviluppato male e lentamente. Troppo musicato (grandi però i brani degli Osanna) e con molte incongruenze visive. I pezzi filosofici sono interessanti ma spesso un po' attaccati alla bell'e meglio. La sufficienza comunque la strappa.