Va da sè che un autore del calibro di Russel non necessiti di presentazioni, ma questo strampalato dramma, venato di ambientazioni che il titolo vorrebbe "gotiche", si perde in una narrazione confusa, incoerente quando non "astratta": come le atmosfere del film, che sembrano riallacciarsi a temi popolari (La Bella e la Bestia) sviluppati con troppa presunzione. Alcune sequenze oniriche (come da manifesto) sono efficaci, ma è il senso d'incompiuto che predomina al termine della visione. Charles Band, con la sua Full Moon produrrà Meridian, un clone.
Quella di mettere in scena il "duello" letterario (a quanto pare vero) che portò alla nascita del "Frankestein" di Shelley ed "Il vampiro" di Polidori era un'idea abbastanza interessante ed accattivante. Peccato che la realizzazione sia piuttosto mediocre e Russell deluda non poco sia dal punto di vista narrativo (ma non è una novità) sia sotto il profilo visivo che solo a tratti si discosta dalla banalità. Solo per i fan del regista o per chi è interessato all'argomento.
Ken Russel è un grandissimo matto, lo sanno tutti quelli che hanno visto almeno un paio di suoi film. Effettivamente questo "Gothic" risulta un po' indigesto, tante sono le bizzarie nei dialoghi, nelle visioni oniriche, negli incubi di questo manipolo di letterati rinchiusi in una villa. Però le immagini sono così evocative e disturbanti che non si può che lodare la sperimentazione messa in atto dal regista de I Diavoli. Un pallino in più per il solo coraggio.
Magniloquente e spiritistico. Byron, Shelley e Polidori – nonché le ispirazioni per i loro romanzi in fieri - rivivono in questo magma di lusso e putredine messo in scena da Russell entro un vortice cromatico di barocchismi visivi, incubi orrorifici, fattezze grottesche, laudano, veli, feti, sanguisughe, ragnatele ed enfasi letteraria: ma i vuoti narrativi ed (emotivi) sono difficili da colmare, anche quando nell’immagine acquatica finale vediamo formarsi il volto della creatura di Frankenstein.
Un film eccelso che non ha bisogno di commenti. Le immagini trasportano lo spettatore in un mondo lontano e apparentemente irreale. Uno dei film più affascinanti del genio visionario di Ken Russell, impreziosito da una stupenda colonna sonora. Dal talento figurativo del regista un balzo nel decadentismo più arcano.
Poco più di ottanta minuti di deliri visivi ad opera del fido Ken Russell. Sesso, droga e horror in mancanza del rock'n'roll... è quasi un contenitore di tutti gli stereotipi del racconto gotico e fantastico. Sceneggiatura quasi inesistente ma gran gioco formale con splendida fotografia. Ma è una sfarzosità più indotta (dalla splendida regia) che reale, che trasforma genialmente un film minimalista in uno immaginifico. Eccessivo e un po' volgarotto in alcuni punti, è comunque un film che affascina. E soprattutto inquieta. Da vedere.
"Gothic" racconta dell'incontro di Byron e Percy B. Shelley con la moglie Mary in una villa nella periferia di Ginevra. Guidati dalla loro immaginazione, decidono di eseguire una sorta di seduta spiritica. Da questo, Mary prenderà ispirazione per scrivere il suo capolavoro letterario "Frankenstein". Si racconta tutta la vicenda allegoricamente, con scene surreali di buon livello. Teatrale e visionario, ma non basta per non rendere il film limitato e spesso contorto.
La buona presenza scenica di Gabriel Byrne non riesce a rendere accettabile un'opera come questa. Qui si racconta come la Shelley e altri grandi letterati presero spunto per il capolavoro di Frankenstein e dei vampiri. Molto confusionario e casinista con sequenze che stancano non solo la vista, ma abbassano la soglia di sopportabilità per scene poco comprensibili. Un'esistenza fra immaginazione e realtà che poteva essere presentata molto meglio di quello che si è fatto.
Nella villa di Byron sono invitati gli Shelley con la sorellastra della moglie e Polidoro. Vivranno una notte di immagini terrificanti, con sottofondi demoniaci ed erotici. Tutto un sogno? Si avverte una certa claustrofobia guardando il film, non facendo venire altro che la voglia di uscire dalla villa. Diretto bene, interpretato bene, ma è la sceneggiatura che "zoppica".
Non del tutto riuscito soprattutto dal punto di vista della sceneggiatura. Dal punto di vista tecnico è invece ineccepibile (luci, scenografie, belle musiche). Nel cast cito la compianta Natasha Richardson e Sands,gli altri risultano (volutamente) un pochino troppo sopra le righe, a mio avviso. Almeno una volta merita la visione, ma si poteva fare di meglio.
Esagitato, rutilante delirio troppo fine a se stesso, eccessivamente schiavo delle immagini bizzarre, disturbanti (o almeno presunte tali, come gli occhi al posto dei capezzoli) e quasi totalmente privo di tensione, di vera suspence. E' tutto troppo immediato; e anche la spiegazione finale, che giustificherà ciò che gli occhi hanno visto, dandogli se non altro un perchè, non servirà a salvare questa zoppicante pellicola, che tende anche, qua e là, a scivolare nel ridicolo (l'armatura con erezione è degna di un film demenziale). Mediocre.
MEMORABILE: "Per primo piatto le tue labbra, per secondo il tuo corpo e per dessert la tua anima"; "Fai bene cara a temere la morte; l'immortalità è per i poeti".
Niente di eccezionale. Patinato e hollywoodiano, mischia gotico (poco), fantastico e orrore. Piuttosto male, a dire il vero. Alcune sequenze, come quella famosa del seno con gli occhi, fanno la loro figura, ma il film rimane alquanto noiosetto e insipido: due pallini.
Lo zio Ken e la teatralità dell'orrore, come farà nell'Ultima Salomè, chiude le sue follie e i suoi deliri in un luogo chiuso e angusto, una villa sul lago. Capezzoli con gli occhi, bambole meccaniche post-fellinaie, suonatrici di pianoforte senza testa, baccanali orgiastici, feti, piccoli mostri con le fattezze del dio Pan, la Cry che sfonda vetrate come nel miglior Argento... Zampate di iconoclastia puramente russeliane si mischiano a odori mortiferi, stati di allucinazione e macabre pantomime. Ipnotico lo score di Thomas Dolby. Mefistofelico.
MEMORABILE: Polidori e i suoi folli deliri; Polidori e il crocefisso; La bambola meccanica; L'armatura fallica; Il marciscente baccanale; Nel cortile bendati...
La celebre estate del 1816 a villa Diodati, dove nacquero Frankenstein e il vampiro. Una notte di deliri e visioni dovuti al laudano, durante la quale i protagonisti evocano un qualcosa di oscuro che prende vita dalle loro paure e li possiede. Esteticamente ottimo, con la villa neoclassica sulle rive del lago. Ci sono rimandi alla pittura di Henry Fussli (l'incubo di Mary ispirato al famoso dipinto tra le scene migliori) e a quell'epoca romantica. Bella fotografia notturna negli interni illuminati dalle candele, dai fulmini e grande atmosfera gotica ottocentesca.
MEMORABILE: Quale amore: quello tra un dio pazzo e il diavolo?
Ineccepibile la tecnica, ottima fotografia, buona colonna sonora e attori che fanno di tutto per assecondare le atmosfere che si sono volute creare e rendersi credibili. I personaggi, si sa, sono reali, così come i fatti che hanno ispirato il film. Un'opera del genere deve creare un interesse più che alto (magari "filosofeggiando" sulle turbe più nascoste delle menti umane, specie se sono menti artistiche) per far sopportare scene da horror di bassa categoria. Da guardare con il cannocchiale.
La famosa estate creativa di Byron, Shelley e Polidori, si rapprende qui in una notte di allucinazioni in cui i cinque protagonisti si trovano faccia a faccia con le proprie paure e i germi della loro creatività “gotica”. Russell descrive il vorticoso inabissarsi dei personaggi nel delirio attraverso una visionarietà intensa segnata dall’instabilità, dall’obliquità, dalla veduta per scorci, da una fotografia cromaticamente ridondante. Non una storia, ma una condizione, alla Füssli (citato), drogata dalle alterazioni della mente. Un trip.
Russell regala allo spettatore un’inconsueta pellicola grottesca con quel gusto sperimentale che dava un sapore tanto speciale alle produzioni degli anni ’80. Moltissime le inquadrature in campo lungo per dare profondità e conferire dimensione all’incubo che i letterati protagonisti stanno vivendo. Scorre piacevole senza uno schema fisso. L’atmosfera morbosa e lisergica è egregiamente delineata. Scenografie azzeccate. Bravo e inquietante Platt/Polidori; fascinosa la Cyr. Gli ultimi 20 minuti sono i meno convincenti poiché sopra le righe.
MEMORABILE: Le citazioni omaggio per Fussli e Magritte; Lord Byron: “L’assedio di Otranto, Vathek, Il monaco; Un peccato ogni pagina”.
Gotico solo nel titolo, il film di Russel ritaglia un avvenimento nella vita di due grandi autori romantici che si "sfidano" a creare immaginifiche fantasie a tema orrorifico, come feticci alle paure d'ogni tempo. Purtroppo non si può non concludere quanto tutta l'operazione abbia l'aspetto di un pasticcio infinito, senza né capo né coda, per nulla spaventevole, con grande spreco di recitazione, costumi, arredi, ecc.
Sulla carta un'opera ambiziosa che mira a rappresentare la notte in cui si issarono due architrave della letteratura fantastica: Frankenstein e il vampiro. Ma il film fallisce sia sul piano del racconto - Volk non dà ragione di troppe immagini che hanno invece precisi riferimenti biografici - che su quello della pura visionarietà - Russell cerca di restituire un magma creativo e pulsionale ma rimane esteriore, didascalico, schiavo dell'illustrazione. Tremende le musiche Thomas Dilby che sembrano scritte per un Venerdì 13 a caso; modesti gli interpreti, eccezion fatta per un Byrne luciferino.
Russell esalta l'atto della creazione artistica e il potere spaventoso dell'immaginazione reinterpretando in maniera assai personale una delle vicende più importanti nella storia della letteratura inglese. Un cocktail visivo che gongola fra il camp e il sorprendente, fra manichini musicali à la Dr. Phibes, immagini da body horror degne di Society (gli occhi-capezzoli), punte filo-blasfeme (l'amplesso vampiristico di Byron alternato all'autolesionismo onanistico e religiosamente colpevole di Polidori). Divertente, kitsch, a tratti inquietante.
MEMORABILE: La manichina orientale spogliarellista; Lo spettro con armatura e corno fallico all'altezza dell'inguine; Le varie "porte" sul nefasto futuro di Mary.
Mary Shelley, suo marito, sua sorellastra e Polidori riuniti nella villa di Lord Byron la sera tempestosa che nacque l'idea di Frankenstein. Oppiacei e allucinazioni sono un invito a nozze per lo stile psichedelico di Ken Russell, che qui crea un affresco visionario e delirante tra sesso, gusto del macabro, sedute spiritiche e Laudano a volontà in quella che fu la stagione "di sogni e incubi": il gotico letterario. Suggestive e teatrali scenografie tra macabri orpelli e visioni delle loro paure peggiori che partoriranno i mostri classici. Spicca l'interpretazione di Byrne/Byron.
MEMORABILE: La locandina/la scena che ricrea fotograficamente il dipinto "L'incubo" di Füssli.
Ken Russell parte da fatti realmente accaduti (la gara di scrittura nata per divertimento svoltasi tra Byron, Percy Shelley, la futura moglie Mary e Polidori) ma decide di stravolgere completamente la vicenda aggiungendo la sua tipica vena grottesca e onirica. Se la pubblicazione del Frankenstein e di Il vampiro (che saranno i migliori risultati di questa sfida) rappresentano la nascita del "nuovo" gotico, il regista produce un intero omaggio al genere. L'eccesso è presente, ma tenuto a freno, e la messa in scena è ben curata; Talvolta stride la rappresentazione caricaturale.
MEMORABILE: La premonizione sulla morte di tutti i protagonisti, a cui Mary assiste attonita.
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HomevideoZender • 4/09/08 08:57 Capo scrivano - 48332 interventi
Pare che l'uscita sia anticipata all'11 settembre.
Di brutto c'è il disco degli extra, assolutamente da gettare:
a parte la galleria fotografica, contiene un documentario che fa ridere,che vede il regista gironzolare in cerca di talenti canori.Una boiata pazzesca.
Il dipinto che Mary Shelley vede appeso al muro e che poi prende vita nel suo sogno è "L'Incubo" di Johann Heinrich Fuessli. Dipinto che a quanto pare ha "ispirato" non poco
gli ideatori della locandina, come sottolinea Cotola.
Per chi volesse approfondire i retroscena - sbalorditivi - che si nascondono dietro la notte che forgiò i pilastri del moderno immaginario fantastico, è uscito in libreria "La notte di Villa Diodati" (edizione Nova Delphi) che oltre a raccogliere i tre racconti ormai classici (La sepoltura di Lord George Byron - una rarità - Frankenstein di Mary Shelley, Il Vampiro di John Polidori) contiene un monumentale saggio del Danilo Arona di oltre cento pagine che racconta vite, virtù, vizi (moltissimi), svela simbologie, implicazioni ambientali e culturali sottesi al misterioso evento.
Dal saggio si apprende che molte delle allusioni e visioni presenti nel film di Ken Russell e Stephen Volk (sceneggiatore) - tra cui la donna con occhi al posto dei capezzoli e la sublimazione dell'aborto - non sono affatto frutto di fantasia... Consigliatissimo!
Ho letto la tua chiamata Rebis. Interessante, anche se sarebbe più interessante vedere il film che ne ha tratto il ceco Ivan Passer sullo stesso argomento...
La viscida fanghiglia verde che ricopriva Natasha Richardson nella scena in cui sorgeva dal fondo di una cripta, era costituita da spinaci bolliti e finemente tritati.