Note: Aka "La figlia del vento". Da un dramma di Owen Davis - Oscar a Bette Davis e Fay Bainter (miglior attrice non protagonista), nomination per regia, fotografia e musica.
New Orleans 1850. Alla vigilia dell'annuncio ufficiale del fidanzamento, il banchiere Preston molla l'ereditiera Julie, troppo capricciosa e anticonformista. Dopo varie vicende, ci vorrà un'epidemia di febbre gialla per ravvicinarli. Melodramma sudista che anticipa di poco il successo di Via col Vento, pregevole per la regia e la confezione, impeccabili (molto bella la fotografia, che fa sentire il "rosso" anche in bn), nonché la prova fiammeggiante di Bette Davis, mentre Fonda è più ingessato del necessario. Grandi scene: il ballo e l'epidemia
MEMORABILE: Il ballo iniziale, in cui Julie sfida le convenzioni indossando un abito "rosso" invece che bianco come le altre ragazze nubili
Ambientato nel sud statunitense delle piantagioni e diretto dal grande William Wyler, La figlia del vento è uno spettacolare melodramma che anticipa le atmosfere del kolossal Via col vento, a partire dal personaggio principale, una donna capricciosa e volubile capace di grandi gesti, ottimamente intepretata dalla Davis, giustamente premiata con un Oscar. Dotato di un almeno un paio di scene clou, è un film molto piacevole e ben fatto.
Rivalsa della Davis per il ruolo ambito e mancato di Rossella O’Hara in Via col vento, il film è un melodramma afoso e sovraeccitato dov’ella giganteggia con una verve inestinguibile capace di fagocitare storia, comprimari e regia in un’esuberante definizione (imposizione) del suo personaggio: anticonformista per capriccio, ma devota e appassionata fino al martirio, Julie ha ascendenze bibliche e venefiche eloquenti (Jezebel). Wyler si lascia traghettare dall’assidua esuberanza dell’attrice fino al delirio e Fonda, pur bravo, impallidisce dinnanzi a tanto caleidoscopico ardore. Oscar obbligato.
Sullo sfondo della guerra di seccessione matura questo intenso melodramma che vede protagonista una volubile quanto memorabile Davis, ragazza sfacciata ma consapevole. Ambientato nel profondo sud, il film, evidenzia anche opinioni abolizioniste e mostra un cast di ottimo livello. Memorabile la Davis al ballo!
Il film viene sempre ricordato, a ragione, per la splendida interpretazione della Davis (giustamente premiata con l'oscar) ma può vantare tanti altri elementi di pregio. In primis l'ottima regia di Wyler (notevole in diversi momenti) nonchè una fotografia che mostra tutto il suo "splendore" e la sua efficacia nella celebre scena del ballo (quel vestito "rosso" in bianco e nero...). La sceneggiatura dà invece il meglio di sè non tanto per ciò che riguarda la storia (non particolarmente originale), quanto piuttosto nel ritrarre il personaggio di Julia che è uni di quelli che non si dimenticano.
Melodramma ove la vivida parte storico-sociologica – gli Stati del Sud alla vigilia della guerra di secessione, la terribile epidemia della febbre gialla, il duello che lava l’oltraggio – prevale sull’invecchiata parte sentimentale; gli ultimi dieci minuti costituiscono il momento clou in cui la capricciosa primadonna Bette Davis si redime con il sacrificio e l’abnegazione. Girato in bianco e nero, il film è stato proposto anche in roventi colori pittorici.
MEMORABILE: Lo “scandaloso” vestito rosso della Davis; il dialogo tra la Davis e la Lindsay prima della partenza verso il lazzaretto.
Nel 1852 la ribelle Julie sfida le convenzioni, le ipocrisie e il maschilismo di un’intera epoca. Lo fa indossando un abito rosso sangue durante un ballo di società, lo fa con l’audacia dei suoi occhi furtivi, lo fa, soprattutto, con la sua spudorata e sincera passione. L’accoppiata Wyler e Davis sforna il primo capolavoro, in un film che prende a calci nel sedere il marcio pregiudizio sudista e la guerra tra classi sociali. Finale amaro e drammaticissimo. Oscar per la divina Bette Davis.
Bette Davis bravissima quanto antipatica (vinse meritatamente l'Oscar), di conseguenza perfetta per il ruolo della supponente e trasgressiva Julie; belli costumi e scenografie, valido il resto del cast. Il punto debole è però l'intreccio sentimentale, per nulla avvincente, e il finale, poco verosimile, oltre alla caratterizzazione di due personaggi importanti quali il protagonista ed Amy: che razza di modo di amare è il loro?
Ambientazione sudista, fotografia avvolgente, un via vai di rivolte private e perbenismi universali. Non sarà diventato uno status symbol da antologia, ma è un gran bel film ispirato e di frastornante passione emotiva. William Wyler dietro la macchina da presa galoppa a briglia sciolta, la Davis recita sul filo della perfezione e cattura ogni singola inquadratura.
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DiscussioneDaniela • 30/12/13 16:59 Gran Burattinaio - 5941 interventi
Appena ri-rivisto in tv in versione colorizzata: il rosso del vestito di vede anche senza sforzi di fantasia, ma purtroppo si vede anche il rosa /pesca e il cipria della carnagione di quasi tutti i personaggi... Terribile