Un film che inizia esattamente come TWIN PEAKS? Già, proprio così. Il commissario Di Salvo (Fabio Testi) trova in riva a un lago il cadavere, avvolto in un sudario di plastica trasparente, di una giovane studentessa particolarmente viziosa. Tira giù la cerniera del sudario e ne vede il viso bianchissimo. E’ Laura Palmer? No, si tratta di Angela, frequentatrice di un collegio femminile di dubbia fama, ma l'impressione è la stessa. David Lynch ha copiato Alberto Negrin? Mah, forse è solo un caso, però… Dopo questa...Leggi tutto buona partenza purtroppo il film precipita nel baratro dei peggiori prodotti simil Dario Argento e non basta qualche spruzzata di sesso in più (la ragazza è stata violentata da un enorme fallo di legno) a salvarlo. E dire che Fabio Testi aveva interpretato sei anni prima, con buoni risultati, COSA AVETE FATTO A SOLANGE?, un thriller molto simile in cui già si parlava di ragazze viziose, seviziate e uccise a colpi di coltello nella vagina. Non è infatti evidentemente un caso che tra gli sceneggiatori compaia proprio Massimo Dallamano, che quel film aveva diretto nel 1972. Ebbene, la magia non si ripete, perché Testi come acuto commissario non convince proprio e, sebbene il finale sia davvero originale e interessante, la fase riguardante le indagini non lo è altrettanto, così come la prima parte - incompleta - della soluzione salta fuori solo grazie alla confessione autonoma del colpevole. Manca la tensione, lo splatter è altamente deficitario, la sceneggaitura è mal assistita da una regia incolore (forse anche perché Negrin è regista televisivo) e tutto sa di serie B. Argento è lontano e resta solo nella memoria una notevole esposizione di teenager nude...
Avrebbe dovuto costituire il terzo tassello di una trilogia (Cosa Avete fatto a Solange?, La Polizia chiede Aiuto) per la regia di Dallamano, sostituito, dopo la morte dell'autore (che aveva già scritto parte della sceneggiatura) dal bravo Alberto Negrin. Di fatto Enigma Rosso sembra quasi un remake del più celebre titolo (Cosa avete fatto a Solange?) riprendendo, tra le altre cose, lo stesso interprete (Fabio Testi). Il cambio di regia, però, si fa pesantemente sentire. L'incipit (il cadavere in riva al lago) ricorda molto Twin Peaks.
Mediocre. Altro lolitesco alla Dallamano, ma ben inferiore rispetto ai due film (Solange e ...chiede aiuto) da lui diretti. Qui la sceneggiatura (pezzo forte nel primo dei due citati) si sviluppa con troppi snodi casuali, per cui la storia, per quanto non girata male (in Spagna), sta ben sotto la media. La Polizia non brilla per completezza di ingegno e la recitazione è piuttosto mediocre, per cui l'idea buona (lo svelamento finale) arriva quando è troppo tardi per salvare la baracca. Guardabile, ma sotto la sufficienza.
Mediocre thriller all'italiana che ricalca troppo da vicino alcune pellicole dell'epoca (Cosa avete fatto a Solange su tutte) con risultati piuttosto scarsi e prevedibili, nonostante un finale a sorpresa che è solo disonesto e nient'altro, nella sua voglia di sorprendere e scioccare a tutti i costi lo spettatore. Solo per amanti del genere.
Thriller che riecheggia, sia nella trama sia nel protagonista Fabio Testi, il precedente Cosa avete fatto a Solange. Ovviamente Negrin non possiede la classe e l'eleganza di Dallamano, ma, nonostante un ritmo non proprio alle stelle, la storia intriga abbastanza e c'è qualche piacevole tocco morboso (come nella scena del flashback). Inoltre il colpo di scena finale non è niente male. Piacevole.
Alla sceneggiatura collaborano, tra gli altri, Dallamano e Ferrini: il primo (ri)scrive un ibrido tra Solange (gli omicidi di fanciulle in fiore in un collegio d’élite) e La polizia chiede aiuto (il killer in moto, la prostituzione minorile); il secondo abbozza un’idea per Caramelle da uno sconosciuto. L’esito è un sottoprodotto argentiano di mediocre fattura, con attori sciapi e dominato da un costante senso di già visto. Da rilevare – per quanto improbabile - la scena dell’ospedale e le musiche di Ortolani.
Bellissimo thriller all'italiana girato con mano sicura dal bravo Negrin. Unico difetto: somiglia davvero troppo all'ancora più bello Cosa avete fatto a Solange. Per il resto ottimi attori, buona regia, un Testi in grande forma per un cinema italiano che allora sfornava ancora ottimi prodotti.
Discretamente attendibile, ma il genio creativo di Dallamano era già in netto declino. Apprezzabile il senso di giustizia di questo coraggioso commissario, che ribalta gli armadi a caccia di scheletri anche in un college prestigioso (si fa per dire, basta pagare), nonchè le indagini parallele e la sagacia di una bambina motivatissima e quel che ne consegue. La colonna sonora dei titoli è la stessa dell'Ispettore Cliff, solo che se lì fa la ruota del pavone, qui fa quella del tacchino.
Diecreto thriller, decisamente sopra la media di molti filmetti del periodo. Suspence assicurata e una buona regia ne sono le principali qualità. Il film avvince lo spettatore con la sua trama e grazie all'interpretazione misurata di Fabio Testi, molto calato nel ruolo del suo personaggio. Buono il finale e la colonna sonora.
Gialletto che si svolge (pure questo) nell'ambiente di un collegio femminile con diversi cruenti omicidi, alcuni eseguiti in modo originale (soffocata nel cassetto!) con una trama discretamente congegnata e con un accettabile finale. Peccato per gli attori piuttosto scadenti, con Testi che si salva nella parte di un commissario un po' troppo violento ma efficace. Passabile.
Doveva girarlo Dallamano, ma la sua morte ha fatto sì che a raccogliere il timone del progetto sia stato Negrin, ottimo regista tv che dal canto suo eredita una sceneggiatura che ricorda fin troppo il successo di... Solange e che accusa parecchio le tante mani su cui è passata. Infatti il giallo di suo è abbastanza assurdo con una risoluzione finale incredibile, ma Negrin salva la baracca girando tutto con buon ritmo e qualche momento di tensione. Testi fa Testi senza scomporsi più di tanto, mentre è notevolissima la parata di ninfette presenti.
MEMORABILE: L'interrogatorio sulle montagne russe; Testi che parla alla preside del collegio cattolico: "Questa ragazza è stata uccisa con un cazzo grosso così!"
Concepito da Dallamano per completare un'ideale trilogia erotico/liceal/studentesca ma girato da Negrin in seguito alla morte di Dallamano stesso, scorre ottimamente per un'ora giungendo ad un finale forse un po' frettoloso (vista la carne messa a cuocere in precedenza), ma non per questo da buttare. Erano finiti i soldi e bisognava finire il film... Un film comunque dignitosissimo che non sfigura, nel panorama giallo/thriller italico.
C'è ben poco da salvare in questo scialbo gialletto che si riduce a uno smaccato replay di scene e situazioni prese paro paro da almeno un'altra dozzina di pellicole del periodo. Se la doppia soluzione dell'enigma brilla per assurdità, il resto sprofonda nell'opacità più totale e nemmeno le performance delle disinibitissime collegiali riescono a mettere un po' di pepe alla storia. Per non parlare di un Testi più monocorde che mai e degli altri svogliatissimi interpreti. Negrin viene dalla televisione e non fa proprio nulla per nasconderlo.
Prima (e comprensibilmente ultima) opera cinematografica di un regista televisivo, sfrutta situazioni troppo risapute per stupire e troppo piattamente per avvincere; la necessità di seminare false piste ingenera presto una confusione fastidiosamente gratuita. L'unica scena riuscita è l'omicidio con la forcina per capelli, ma quelle più memorabili (l'aggressione con le biglie, l'interrogatorio sulle montagne russe) sono per lo più tali perché inducono al sorriso. Musica riciclata fuori luogo, la bambina rossa è la Nicoletta Elmi dei poveri.
MEMORABILE: Il fallo di legno usato come arma è ascrivibile agli annali del trash più... "penoso".
Thriller a tinte fosche che non convince a pieno: le situazioni sono già viste e lo sviluppo narrativo sfocia in un finale sbrigativo che poi culmina in ruffianeria bella e buona. Dignitoso Testi che ricalca innterpretazioni precedenti, mentre il resto del cast appare abbastanza anonimo a cominciare dal subdolo giudice.
Lavoro pittosto mediocre, se si pensa che Negrin nel 1978 avrebbe potuto imparare molto dalle pellicole del giallo/thriller all’italiana che lo avevano preceduto. Forse anche lo stesso Dallamano, ideatore del film, non era più in vena. Fabio Testi, che aveva fatto fin troppo bene con la sua intepretazione in Cosa avete fatto a Solange? qui, calato in una storia troppo fiacca e circondato da attori anonimi, sembra più un pesce fuor d’acqua. L'inesorabile declino di questo genere cinematografico è ormai in atto.
Giallo italiano girato in Spagna, palesemente derivativo di Cosa avete fatto a Solange, ma non per questo da disperezzare, anzi. Testi è il commissario che ti aspetti, lo stile e il ritmo sono vicini al poliziesco, con alcune scene notevoli (una su tutte quella sulla montagne russe). La musica di Riz Ortolani va bene, il meccanismo del whodunit funziona, con l'assassino di non facile individuazione senza essere assurdo. Meglio di tanti altri.
All'interno di una cornice tecnica non esaltante, un ritratto morboso ma convenzionale di una (sotto) realtà sociale, all'epoca trattata con frequenza. Il tema delle ragazzine monelle non è nuovo e sicuramente era stato trattato meglio prima. Qui le immagini e il linguaggio sono più arditi, merito (?) del sopravvenuto "tempo libero". Pellicola di scarsa durata, con un limite notevole nella costruzione del finale, buttato in faccia allo spettatore senza un sufficiente approfondimento. Dieci minuti di sviluppo in più e sarebbe stato un buon film.
Uno degli ultimi buoni gialli italiani prima della crisi e morte del genere. Girato in Spagna con un buon cast: il mio amato Jack Taylor, il bravo Desny procuratore molto poliziesco, Testi commissario; evanescente la Kauffman, brava la bambina, e c'è pure il doppiatore Bruno Alessandro. Omicidi ben fatti, un colpo di scena finale molto improbabile ma non del tutto malvagio. Notevole l'ambientazione nel college con la statua della santa in mezzo alle scale. C'è il giusto ritmo. Canto del cigno del genere.
MEMORABILE: Il cruento omicidio di Taylor; Le montagne russe.
Thriller convenzionale, accrocchiato rubacchiando qua e là (soprattutto dal bellissimo Cosa avete fatto a Solange? di Massimo Dallamano). Dalla sua, il film di Negrin, ha solo la (usuale) buona interpretazione di Fabio Testi, una certa professionalità nel confezionare il tutto (ma forse questa è un'aggravante) e soprattutto parecchi nudi integrali di ragazze in fiore.
MEMORABILE: L'interrogatorio sulle montagne russe.
Si chiude in malo modo la triade filmica a base di sesso, omicidi e minorenni avviata tra il '72 e il '74 dal valido Dallamano. Un thrillerino incompiuto, disorganico, sviluppato a un ritmo irregolare e salticchiante. Della frenetica affilatezza e della suadente morbosità presenti nei primidue film s'intravedono solo microscopiche tracce; più che sull'architettura degli omicidi e lo snocciolamento indiziario, le inquadrature sembrano invece concentrarsi su curve abbondanti, pelami incolti e oggettistica da porno-shop (dai falli extrasize ai forcipi da elefante). Pastrocchiato e avanzaticcio.
MEMORABILE: "Angela è stata assassinata con un caxxo grande così...!"; le soggettive vaginali di fronte al mega-fallo assassino e al forcipe abortivo (!!!)
Un thriller dal promettente incipit e dal finale a sorpresa che però, nel mezzo, è solo una pallida copia di Cosa avete fatto a Solange? e La polizia chiede aiuto. La regia di Negrin (l'unica per il grande schermo) è ordinariamente professionale, ma dubito che Dallamano sarebbe riuscito a volare molto più in alto: sul genere ormai era già stato detto tutto e decisamente meglio. Convincente Fabio Testi nei panni del commissario, graziose le spregiudicate ninfette di turno. Si lascia seguire senza annoiare, ma senza aggiungere nulla al genere.
Tardo thriller che sembra quasi un remake di Cosa aver fatto a Solange?, non a caso scritto dal compianto Dallamano. L'ambientazione nel collegio femminile è piuttosto morbosa ma la regia di Negrin non pare adatta al genere. Tutto si regge sulle spalle del bravo Testi nel ruolo di un ruvido ispettore che arriva a interrogare sulle montagne russe! Destinato solo ai completisti.
MEMORABILE: La caduta sulle biglie; Le montagne russe.
Gialletto senza troppe pretese (genere: ragazzette in pericolo) eppure blandamente piacevole nello svolgimento (lo si può seguire con un occhio solo, senza troppi sforzi). La concatenazione logica non è proprio ferrea e il tutto si rianima solo nel finale con le esplosioni delle rivelazioni (non troppo perspicue, a dir la verità). Testi fa quello che può. Buone le musiche di Ortolani.
Claudicante nella sceneggiatura, finale in primis, questo thriller racchiude tutto il già visto del genere (collegio femminile, docenti sospettabili, lolite piuttosto disinibite, qualche nudità e un misterioso serial killer) ma riproposto in chiave soporifera e in modo poco truculento. Il risultato finale è decisamente mediocre, recitazioni incluse. L’annaspare è mitigato, fortunatamente, da qualche scena tipica che risolleva la palpebra e da un'atmosfera Anni 70 che permea la pellicola. Passabile, ma solo per i nostalgici.
Operazione calligrafica sulla scorta del ben più noto Cosa avete fatto a Solange?. Di rilievo una certa recrudescenza di linguaggio e delle situazioni (gli anni cinematografici intercorsi tra i due film pesano ben più di quelli temporali), per il resto poco/nessun apporto alla cinematografia di genere, il che pesa negativamente sul giudizio finale.
Incursione non indimenticabile nel giallo argentiano di Negrin, regista attivo per lo più in ambito televisivo. Pesanti i richiami a Solange (c'è Testi protagonista, che però tutto pare tranne che un commissario credibile) e a La polizia chiede aiuto, ma Dallamano, che pure figura fra gli autori, aveva altro spessore. Mezzo punto in più per qualche scena azzeccata (l'aborto con i relativi flashback, l'interrogatorio sull'ottovolante) e per il finale, decisamente inaspettato.
Non sorprende che la sceneggiatura sia di Dallamano, visto che lo stile del film ricorda da vicino alcuni lavori del regista, su tutti Cosa avete fatto a Solange?; Negrin però non è all'altezza del suo mèntore e si nota in un ritmo non proprio equilibrato, con una parte d'indagine non sempre scorrevole e qualche inserto para-argentiano appena discreto, oltre a qualche momento francamente poco credibile. Nel complesso però si fanno apprezzare la confezione professionale, con belle riprese in Spagna, nonché qualche crudezza e un cast tutto sommato convincente. Imperfetto ma non male.
MEMORABILE: Sull'ottovolante; Il suicidio nella diga.
Il soggetto è di Massimo Dallamano, nel frattempo deceduto, e viene qui ripescato da Alberto Negrin. Come giallo non funziona e come poliziesco forse ancor meno. Purtroppo la regia è lenta e Fabio Testi non funziona benché il volto del bello e maledetto ci sia tutto. La pellicola resta inchiodata in un limbo mai chiaro e il tedio fa spesso capoolino, tanto che la scena in una "jeanseria", quando un uomo non particolarmente longilineo parla di "slancio" di gambe indossando un pantalone Denim, par quasi una dilettevole boccata d'ossigeno. L'ambientazione spagnola non affascina.
Per scrivere soggetto e sceneggiatura ci sono volute ben dodici mani e, come sempre accade in questi casi, il risultato finale è abbastanza caotico e deludente. Testi risulta assai poco credibile nella parte del poliziotto tuttofare, ma anche il resto del cast non brilla certo per l'interpretazione. Tardo simil (che poi tanto simil non è, praticamente del Maestro si copia solo l'uso del primo piano della pupilla dell'assassino) Argento, e non certo dei più brillanti. Si nota la mano di Dallamano nella scrittura, trattando il film di omicidi di lolite. Bruttino.
Giallo lolitesco uscito quando il genere aveva già sparato le sue cartucce, si inserisce nel filone inaugurato da Solange e proseguito da La polizia chiede aiuto ma fa rimpiangere anche il lavoro di Caiano con simile tematica. Negrin cerca di ravvivare la vicenda rimescolando di continuo le carte in tavola ma le scene di omicidio sono tutt'altro che memorabili, il montaggio lascia a desiderare e il cast è imbambolato. A suo favore il doppio colpo di scena di finale non scontato (seppur poco plausibile) e gustose nudità di fanciulle in fiore: per chi si accontenta...
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Undying ha scritto:
3) l'incipit con cadavere avvolto nel telo di plastica e rinvenuto ai margini di un fiume è pressoché analogo a quello del successivo serial televisivo Twin Peaks
...anche l'indagine con l'ausilio del diario della vittima e la scoperta di un giro di festini e prostituzione minorile fa molto Twin Peaks ;)
Il tema principale di Riz Ortolani è riciclato dal film "Si può essere più bastardi dell'ispettore Cliff?".
CuriositàZender • 21/04/16 15:24 Capo scrivano - 47698 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film, che cerca spudoratamente di agganciarsi ai due capolavori di Argento (che poi Profondo Rosso è del 1975, non del 1976)...
Zender ebbe a dire in CURIOSITA': 21 aprile 2016 ore 15:24 (3 minuti fa)
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film, che cerca spudoratamente di agganciarsi ai due capolavori di Argento (che poi Profondo Rosso è del 1975, non del 1976)...
Senza contare che quegli anelli nel flano non sono assolutamente concentrici...
DiscussioneZender • 21/04/16 15:48 Capo scrivano - 47698 interventi
Perché dici di no, Buono? Sono uno dentro l'altro...
DiscussioneDidda23 • 21/04/16 16:48 Contatti col mondo - 5798 interventi
Buono ha ragione, perchè non hanno lo stesso centro
Zender ebbe a dire: Ok capito, grazie. In effetti, letto ora su web, ci sarei cascato anch'io :)
Si vede che non fai le CORNICI CONCENTRICHE della SETTIMANA ENIGMISTICA.
...
"Giovanotto, ritorni il prossimo appello e si presenti in maniera meno comica..
DiscussioneZender • 21/04/16 20:29 Capo scrivano - 47698 interventi
A dir la verità hai beccato una delle cose che invece mi diverte fare, nella Settimana. Ma credevo che anche decentrate si potessero chiamare concentriche.
Il film avrebbe dovuto essere diretto da Massimo Dallamano (che avrebbe quindi completato un trittico dedicato alle "lolite"), il quale purtroppo morì prima di poterlo realizzare.