I rapporti familiari fondati sul più bieco egoismo e la vecchiaia come regno della solitudine e della cattivera. Questi i temi affrontati da Ferreri in una chiave grottesca che amplifica la crudeltà di fondo dell'assunto e la drammaticità dei fatti narrati. Semplicemente terrificante il finale. Bravissimo il protagonista principale.
L’ultimo capitolo del trittico spagnolo di Ferreri risente fortemente dell’acredine antiborghese e dei paradossi di Buñuel: da questi derivano la vena caustica e l’ottica deformata - la carrozzina come status symbol per uscire dall’emarginazione ed essere accettati in una società conformista; il denaro come elemento costitutivo dei rapporti familiari – che contraddistingueranno tutte le opere sull’alienazione proposte dal regista italiano negli anni a venire. José Isbert recita il proprio calvario senile in maniera spontanea e partecipe come il Carlo Battisti di Umberto D.
Prima grande riuscita del cinema di Ferreri con un apologo agghiacciante su egoismo, invidia, solitudine, invalidità, vecchiaia: tutti imponenti "rimossi" sociali ma anche cinematografici. Rispetto ad altre più tarde opere del grande Marco, La carrozzella può contare su una straordinaria freschezza, prodotta anche dai repentini salti di registro (si passa dalla notazione neorealista al grottesco, dal surreale al tragico finale). Fondamentale l'apporto del fido Rafael Azcona allo script e dell'indimenticabile faccia oblunga di Josè Isbert.
Una fine satira che ruota attorno al tema dell’esclusione e inclusione sociale. Don Anselmo è un personaggio doppiamente escluso: come anziano dal mondo del lavoro e dalla famiglia, come sano dagli amici invalidi, perché privo di un mezzo che lo renda uguale a loro, la tanto agognata carrozzella. Una dura critica contro una società che assegna ruoli e include le persone a una determinata condizione: quella di far parte di una precisa categoria e Don Anselmo, per trovare il suo posto in società, è costretto a fingere di essere infermo.
MEMORABILE: Don Ilario: “Nell’anno Duemila nessuno farà più uso delle gambe, salvo i calciatori naturalmente. Ma tutti gli altri andranno in automobile”.
Gustosa satira d'altri tempi di un Ferreri esordiente, che sa comunque sfoderare armi cinematografiche di primo livello per ridicolizzare la vita familiare borghese. Il protagonista è l'anziano nonnino che, durante i primi anni di rinnovamento economico della Spagna franchista, si invaghisce di una carrozzella elettrica che usano tutti i suoi amici paraplegici e la esige come un bambino. Ferreri non controlla ancora perfettamente il ritmo e la costruzione della scena, ma la storia stessa è spassosa, alcune scene indimenticabili e gli attori (Isbert in primis) meravigliosi.
MEMORABILE: La tragedia in camera da letto tra nonno finto paraplegico e il pater familias che si straccia le vesti; Il finale.
Descrizione da un lato della triste solitudine e dall’altro dell'autentica cattiveria che sono spesso insite nella senescenza. Il film di Ferreri si avvale di un interprete perfetto (doppiato efficacemente da Macario?) e da notevoli comprimari. Qua e là trovate umoristiche divertenti, come i due poliziotti ciclisti che, nel finale, si fanno trainare. Morandini - solitamente affidabile – riesce fantasiosamente a vedere nel film un ritratto impietoso della Spagna franchista, a testimonianza che un nostro sport nazionale consiste nel vedere fascismo e antifascismo pure dove non ci sono.
MEMORABILE: Ll subdolo venditore.
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Zender ma come mai hai tradotto il titolo?
Io ho notato che anche su Mereghetti e Morandini
il titolo è in spagnolo.
Forse è uscito pure col titolo tradotto?
DiscussioneZender • 14/12/09 17:09 Capo scrivano - 47778 interventi
Su Imdb e altri siti è scritto così. Credevo semplicemente che non lo sapessi. Certo se dici che è uscito anche qui col titolo spagnolo è da verificare bene, sta cosa.
Il film non l'ho mai visto, ma nei libri di cinema l'ho sempre e solo sentito nominare col titolo originale "El cochecito", mai con la traduzione italiana. Forse un noto pittore ci può dire qualcosa di più.