Sonnambula esegue ciò che uno sconosciuto sogna: unica soluzione per entrambi è non addormentarsi. Su questa ipotesi surreale Kim costruisce un apologo dell’amore (o meglio, del dolore della perdita e del conforto nella solidarietà tra vittime) che giunge al culmine romantico in un finale tragi-poetico di grande intensità. Ma il resto del film rimane ingabbiato nello schema ripetitivo del sogno-realtà e nei tentativi sempre più angosciati dei due di liberarsi dall’allucinante fato: uno stallo narrativo che più volte lambisce la sciocchezza.
I sogni di un artigiano vengono compiuti da una sonnambula. Ki-Duk contrappone la realtà e l’inconscio per sottolineare inizialmente la paura del futuro, invece il tutto si risolve in una mera questione privata. L’incrocio delle situazioni sentimentali è schematico e la caduta nel tragico telefonata. Anche le torture autoinflitte per non dormire appaiono esagerate e senza senso. L’ultima parte in prigione non è una novità, come pure il simbolismo liberatorio. Il film ha provocato una vera crisi esistenziale a Ki-Duk, reo di avere quasi provocato la morte della protagonista.
MEMORABILE: Le ferite per restare sveglio; Le manette per non fare allontanare la sonnambula; La farfalla che si posa.
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Curiosità: durante le riprese la protagonista, che doveva impiccarsi, ha rischiato di morire. Scioccato da questo evento, Kim è entrato in crisi a lungo, finché non ha deciso di raccontare esplicitamente il suo smarrimento nel film Arirang.
DiscussioneZender • 29/03/13 09:42 Capo scrivano - 48291 interventi