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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Film televisivo da pieni Anni Ottanta (il look dei giovani lo testimonia) che affronta uno dei grandi temi legati alla giustizia, ovvero l'insopprimibile desiderio dei parenti delle vittime di vedere condannati i colpevoli, che essi abbiano agito volontariamente o meno. Nello specifico la morte colpisce una ragazza, Lynn Peterson (Vigard), appena diplomata con encomi vari. Di ritorno da sola in auto verso casa, si scontra con la vettura di un uomo d'affari in chiaro stato di ubriachezza (Murray) che esce dal crash illeso. Portata in ospedale, la poveretta muore causa emorragia gettando nella disperazione padre (Farentino), madre (Fuller) e sorellina (Meyers). Riprendersi per loro non sarà...Leggi tutto facile, ma mentre Judith si macera nel dolore incapace di pensare a nulla, suo marito John – una volta saputo dello stato di ubriachezza del responsabile – sogna che questi finisca in galera come merita.

Il processo, si capisce presto, sarà ricco di insidie, mentre l'investitore, assunto a caro prezzo il miglior avvocato sulla piazza (Moffat) e certo di non poter essere accusato di nulla, continua a condurre la vita di sempre. Solo sua moglie (Perkins), che conosce i problemi del marito con l'alcol, sembra aver ricevuto un forte contraccolpo psicologico e cercherà in ogni modo di salvare l'uomo sfruttando l'incidente per fargli cambiare abitudini. Come pubblico ministero lo stato chiama Martin Sawyer (Washington), col quale John cerca fin da subito di stabilire un rapporto finalizzato alla messa in stato d'accusa del colpevole. Ma tra un rinvio e l'altro, a prima vista sembra che Sawyer prenda il caso troppo sottogamba...

Se nella prima parte il film si concentra sull'elaborazione del lutto in famiglia, con ampio spazio alle lacrime della madre, ai tormenti del padre e alla piccola Amy inevitabilmente frastornata, nella seconda le cose migliorano e subentra il procedimento in aula (con giuria ad assistere, naturalmente). Denzel Washington, qui non certo il protagonista (appare in scena solo nella seconda metà del film), ha modo di mettere in luce le proprie qualità e James Farentino – il punto di vista privilegiato attraverso il quale viene letta la vicenda – di mostrarsi risoluto senza mai apparire rozzamente vendicativo. Il suo obiettivo è solo quello di vedere applicato nella pratica quel senso di giustizia che ritiene debba appartenere a chiunque, in casi simili.

La regia insiste un po' nell'evidenziare la disinvoltura eccessiva con la quale l'imputato affronta il dramma in modo da farci ulteriormente schierare dalla parte del padre, ma è abile nel contempo a indicare le chiare differenze – di fronte a un caso simile – tra uomini e donne, arricchendo di sfumature la vicenda. Si attende il pronunciamento della giuria con l'ovvia tensione, si prova a capire quali siano le strategie delle parti in causa e i colpi di scena non mancheranno, come richiede il genere. Nel complesso quindi, al netto degli ovvi limiti della produzione televisiva e di una certa banalità nel tratteggio dei personaggi, un film che sa appassionare affrontando un argomento importante con la giusta maturità, riflessa anche dalle buone interpretazioni del cast. Buffa la totale mancanza di tatto del medico che nei corridoi dell'ospedale comunica freddamente la morte della figlia ai genitori mollandoli lì a piangere da soli...
Marcel M.J. Davinotti jr.
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TITOLO INSERITO IL GIORNO 11/09/23 DAL DAVINOTTI
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