il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

LUPIN III (LA PRIMA SERIE)
episodio per episodio
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338564 commenti | 64008 titoli | 25375 Location | 12590 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Supereroi (2021)
  • Luogo del film: Il locale dove Anna (Trinca) legge gli annunci immobiliari
  • Luogo reale: Mag Cafe, Ripa di Porta Ticinese 43, Milano, Milano
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  • Film: La gente che sta bene (2014)
  • Multilocation: Relais Villa Lina
  • Luogo reale: Via Magenta 65, Ronciglione, Viterbo
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Carla Ferraro

    Carla Ferraro

  • Marco Falaguasta

    Marco Falaguasta

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Hearty76
Film a episodi d'inizio XXI secolo in stile vanziniano ma non troppo. Una commedia "scollacciata" né divertente né noiosa, blandamente sospesa tra erotismo a buon mercato e satira su consumati stereotipi culturali. Il tutto si svolge nella cornice di un'Italia provinciale ma più libertina e scanzonata, a cavallo tra influenze da televisione e nuove aperture all'era di cellulari e internet ancòra agli albori della rivoluzione comunicativa. I siparietti si susseguono con ritmo gradevole, ma tutti sfumano in un senso d'inconcludenza che penalizza un esperimento nel complesso azzeccato.
Commento di: Caesars
Classico esempio di talenti (in questo caso attoriali) sprecati. Se le interpretazioni sono infatti tutte, a partire da quella della Sarandon ovviamente, convincenti, il resto della pellicola risulta totalmente "vuoto". La storia non riesce a coinvolgere nemmeno per un micro secondo, e è di una banalità terribile. Quello che resta alla fine della visione è la sconsolante sensazione di aver buttato via un paio d'ore, che potevano essere impiegate assai meglio. La regia risulta anonima, ma questo è nulla confrontato alla pochezza dello script.
Commento di: Bullseye2
Gangster/noir bizzarrissimo, più francese che americano, pesantemente influenzato da quella Nouvelle Vague che vide in Fuller uno dei suoi autori di culto. Film quasi brechtiano, eternamente sospeso tra romanzaccio sensazionalista pulp e tragedia greca, tra innovazioni di marca europea e moralismo della Hollywood ancora sotto il codice Hays, meta-cinematografico nel riflettere sul genere restandovi comunque pienamente immerso. Ad ogni modo, Suzuki, Di Leo, Tarantino e i fratelli Coen prenderanno parecchi appunti da questo cortocircuito tra gangster film e nouvelle vague a Hollywood.
Commento di: Herrkinski
Per ora è l'unico lungometraggio del regista e si capisce anche il perché; se il tentativo di unire il filone degli alligatori giganti con un subplot da psycho-thriller poteva avere qualche spunto interessante (anche se in fondo l'aveva già fatto Hooper e pure bene), la realizzazione è in linea coi peggiori prodotti di genere degli ultimi due decenni; l'alligatore in CGI è aberrante, fintissimo e pare sovraimpresso sulla pellicola, così come il montaggio approssimativo, le prove poco convincenti del cast e la ost "di repertorio" contribuiscono al disastro. Serie Z che sa di esserlo.
Commento di: Anthonyvm
Una splendida Sigourney accantona momentaneamente gli xenomorfi e si dedica alla lotta al bracconaggio in questo bel biopic ecologista. Proprio sullo splendore dei paesaggi africani e sulla documentaristica bellezza delle scene coi gorilla (talvolta ottimamente controfigurati dalle magie di Rick Baker) ricade la forza della pellicola. Riuscire a far coesistere la complessa personalità di Fossey, il subtext politico-culturale e l'idealistico lirismo della storia non era impresa facile, ma, condonando qualche inevitabile superficialità, Apted ha fatto un buonissimo lavoro. Consigliato.
Commento di: Deepred89
Dopo due decenni di assenza Trentin torna all'attacco realizzando un vero e proprio film di denuncia in cui risulta invalicabile il divario tra una confezione - per usare un eufemismo - non professionale (messa a quadro perennemente sballata e scentrata, montaggio atroce) e le ambizioni spropositate di soggetto e sceneggiatura, incentrate sulla ricerca degli autori della strage di Bologna da parte di due investigatori improvvisati. Interpretazioni spesso grottesche (escluso Tranquilli, finito chissà come nel progetto), frequente ironia involontaria, musiche e location pure passabili.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

I Big Man Japan sono una generazione di uomini “speciali”, capaci di crescere smisuratamente di dimensioni grazie a poderose scariche elettriche ottenibili solo all’interno delle centrali. L’ultimo discendente, Masaru Daisato (Matsumoto, anche regista e cosceneggiatore del film), è un uomo indolente, trasandato, che conosceremo lentamente nel corso del film attraverso l’intervista di una rete tv il cui conduttore sta fuori campo a porgli domande. Poco pagato, chiamato saltuariamente a combattere gli immancabili mostri che attaccano il paese del Sol Levante,...Leggi tutto Daisato sembra il più inoffensivo dei supereroi, quando non è in versione gigante, gestito da una manager che gli fa notare come il suo show (ovvero gli scontri con gli altri mostri tra i grattacieli delle città) faccia ormai sempre meno spettatori e sia stato spostato in night-time. E’ il caso di accettare ogni proposta, compresa quella di appiccicarsi cartellini pubblicitari sul corpo durante le lotte.

La vita di Daisato è dura e provante, anche se meno di quella dei suoi avi: il nonno, una vera celebrità, è ancora vivo in ospizio e s’ingrandirà pure lui (col suo pannolone) nell’ultima parte del film, il padre è invece morto durante esperimenti frankeinsteiniani in cui cercava di aumentare ulteriormente tramite elettricità le proprie dimensioni. Lui insomma è ormai un paria, ridotto a fenomeno da baraccone che non interessa quasi più nessuno. Eppure non è da tutti combattere pericoli come il mostro strangolatore (che al posto delle braccia ha due nastri da allungare a dismisura con cui strappa i palazzi da terra e li getta nel fiume), il mostro salterello (una testa con due piedi appiccicati sotto), il mostro puzzone (che produce un fetore pari a 10.000 feci umane) e altri ancora.

Sfilano tutti in sequenza, i mostri, a distanza di tempo, purtroppo intervallati dalle fasi in cui si intervista lo svogliato protagonista o altre in cui personaggi secondari di nessun interesse filosofeggiano per minuti interi ammazzando ogni idea di ritmo. E’ un peccato, perché non è comune tanta fantasia nel creare mostri di ogni fattura realizzati (nel limite del possibile) pure bene e con un gusto del demenziale sopraffino.

Matsumoto insomma le qualità per proporsi come autore originale totalmente fuori dagli schemi le dimostra già, in questo suo bizzarro esordio; sia nelle sequenze d’azione (pervase talvolta da una malinconia lunare che colpisce, come quando si sofferma a parlare col mostro puzzone appoggiato a un grattacielo) che in alcuni momenti della parte finto documentaria, ma è evidente come debba ancora affinare il proprio stile (lo farà coll’incredibile SYMBOL). In BIG MAN JAPAN concretizza la sua sana voglia di stupire in un film con tante idee folli nel solco della più classica tradizione giapponese, anche se dispiace un po’ che il mostro migliore sia già quello che si presenta come primo (lo strangolatore, con le sue braccia allungabili, il lungo collo e la pettinatura con riporto). Buona anche la trovata di normalizzare la funzione supereroistica di un protagonista che vede la sua “trasformazione” come una routine né buona né cattiva, che semplicemente gli permette di lavorare e sopravvivere. Insostenibile invece l’eterna presentazione (pure ripetuta) del rito precedente l’elettrificazione del protagonista, così come l’intervista alla moglie.

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La cosa migliore è il titolo, che gioca ironicamente su un’abusata espressione colloquiale eliminando una "p" e piazzandoci in mezzo il sesso, che attira sempre. Sono dieci episodi che vedono Johnny Dorelli affiancato di volta in volta da donne bellissime (quasi sempre Gloria Guida o Laura Antonelli) per trame minime talora risolte come semplici barzellette in cui conta solo il finale "a sorpresa".

In DOMENICA-IN due focosi amanti (Dorelli e la Guida) si divertono ad amoreggiare di fronte alla televisione mentre lei zappa furiosamente col telecomando in una...Leggi tutto sorta di "Blob" ante-litteram. Si ferma di fronte a Giucas Casella che promette di legare insieme le mani giunte di chi voglia tentare l'esperimento. La giovane invita il suo uomo, scettico, a farlo ed entrambi, causa black-out improvviso in tutto l'isolato, non potranno assistere in diretta al messaggio di sblocco del mago col risultato di restare con le mani intrecciate. Idea simpatica, svolta però puerilmente senza alcuna sorpresa. Colpisce tuttavia già qui la straordinaria avvenenza di una Guida al top della forma, gratificata (lo sarà per tutto il film) da insistiti primi piani e look diversi particolarmente attenti alle diverse messe in piega.

Si continua con LA NUOVA MARISA, in cui una dattilografa (Antonelli) va a vivere nella casa di una prostituta (tale Marisa, per l'appunto) ricevendo incessantemente le telefonate di chi le chiede prestazioni sessuali credendo di parlare ancora con la vecchia inquilina. Dorelli si riserva i panni dell'ultimo cliente, che farà capire alla donna (incuriosita anche sessualmente dalla prospettiva) quanto il denaro incassato col mestiere di Marisa sia ben di più di quello che guadagna come dattilografa. In parte la Antonelli, meno centrato Dorelli, ma un episodio sostanzialmente anonimo. RADIO TAXI è un velocissimo sketch con la Guida che parla meccanicamente al marito nello stesso modo con cui risponde alle chiamate al centralino del taxi dove lavora. Freddi bisticci, finale buffo, ma niente più che una barzelletta stiracchiata.

RASOIO ALL'ANTICA è quasi un one-man show di Pippo Santonastaso che, nella parte di un focoso barbiere, si accanisce col rasoio sul volto indifeso di un cliente (Dorelli) mentre offende le abitudini sessualmente provocanti della donna che lavora per lui e ammicca a fianco della sedia. Dorelli agisce qui da spalla limitandosi a subire le rasoiate di Santonastaso. Dialoghi più volgari della media ma divertimento pressoché nullo, con annesso finale patetico. Ne IL MACHO un uomo apparentemente normale (Dorelli) è turbato dalle avance silenziose di un altro (Voyagis) che lo fissa con sguardo profondo e gli fa capire quanto sia interessato a lui. Si sorride alla prima comparsa del bruno focoso in seguito a un tamponamento stradale, ma il resto prosegue ripetendo la stessa situazione senza sosta né inventiva. Dura troppo, per quel che deve dire.

In LADY JANE si passa letteralmente alla commedia scoreggiona, con una splendida Margaret Lee la quale, nel ruolo del titolo, si paga un accompagnatore di professione (Dorelli) che possa accettare la sua condizione disperata di "petomane" (ipse dixit). Peti in abbondanza, quindi, per scatenare la risata grassa che, effettivamente, in alcuni frangenti non manca. E’ l’episodio più genuinamente (e volgarmente) comico del lotto in un buffo gioco a due tutto girato al Cavalieri Hilton di Roma. Con ARMANDA E IL VIOLINISTA le durate si allungano, ma Dorelli playboy finito in disgrazia che da violinista che chiede l'elemosina nei ristoranti cerca di riconquistare una sua vecchia fiamma (Guida) in piena forma proprio non convince: più povera del protagonista la sceneggiatura, con un finale prevedibile e scarsissimo.

L'AVVENTURA vede una Antonelli ninfomane che si fa avvicinare da un Dorelli che la segue, la corteggia e la toglie dalle grinfie di chi al cinema la palpeggia pesantemente prima di un colpo di scena conclusivo che non risolleva le sorti dell'episodio più insignificante tra tutti. Anche LUNA DI MIELE non scherza, comunque, con una coppia in luna di miele (Dorelli e Guida) al mare fuori stagione. Passa di lì lo yacht dell'uomo più ricco del mondo (chiara parodia di Khashoggi) che si fermerà poi nello stesso albergo. Episodio noioso e lungo senza un perché, visto che vive tutto in funzione del prevedibile colpo di scena in coda...

Chiusura ingloriosa con LA PRINCIPESSA E IL CAMERIERE, in cui la Antonelli ricchissima dama che parla mille lingue diverse si porta a letto un suo cameriere (Dorelli) mentre gli uomini della sicurezza controllano la stanza infischiandosene della privacy (a cui nemmeno la donna fa caso). Da Risi è inutile dire che uno scivolone simile non lo si attendeva... SESSOMATTO di nove anni prima era di tutt'altra pasta, anche se il sex-appeal della Antonelli resta intatto e la Guida è incantevole in tutti i tanti look sfoggiati.

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Inevitabilmente bollato come il Roger Rabbit italiano, il film di Nichetti e Manuli (che si occupa delle animazioni) non ne ha ovviamente la medesima spinta innovatrice, ma nemmeno la qualità nella regia che aveva trasformato l'opera di Zemeckis in un successo enorme. Perché Nichetti resta lunare come sempre, buffo e curioso, ma poi quando arriva il momento di legare insieme le idee sfilaccia il ritmo e il risultato ne risente.

Da HO FATTO SPLASH...Leggi tutto di undici anni prima riprende una Finocchiaro maturata e ancora disposta a non arretrare di fronte a scene di nudo che ne mettono in mostra un fisico in eccellente forma, ma anche l'idea di una protagonista femminile che lavora per modo di dire, pagata per strambe prestazioni di matrice sessuale in cui deve travestirsi per compiacere clienti strampalati o spogliarsi per gli stessi motivi. Ed è proprio nei lunghi siparietti in cui vediamo Martina alle prese con i suoi clienti che si avverte tutta l'indecisione registica di Nichetti, più attento a rendere singolare il proprio, di personaggio, in questo caso un sonorizzatore di cartoni animati d'epoca sempre alla ricerca di nuovi suoni da scoprire e da poter aggiungere ai tantissimi a cui ricorre durante il doppiaggio.

Il fratello di Maurizio, Patrizio (Roversi), ha un lavoro simile e insieme opposto, dovendosi occupare del doppiaggio di film per adulti, ma pure lui, una volta esaurita la sorpresa legata alle prime scene nelle quali ancora non si capisce di cosa esattamente si occupi, si ripete e non ha la brillantezza, la dolce spontaneità della Finocchiaro, che invece sprigiona una lunare tenerezza vicina - in qualche modo - a quella del Nichetti attore. Insieme confermano di essere una coppia potenzialmente vincente, per quanto all'atto pratico non riescano mai ad esprimere appieno il loro vero valore.

Se la prima parte è per certi versi interlocutoria, è nella seconda che finalmente l'idea della tecnica mista, della fusione tra reale e cartoon, entra in scena, ma ad animarsi - almeno inizialmente - sono solo le mani di Maurizio, che diventano guanti gialli tipicamente da Disney e quando vogliono si separano dal corpo per librarsi in cielo e andare dove gli pare. Maurizio non le controlla e, al primo vero appuntamento con Martina, quelle mani si infilano un po’ dappertutto fino a quando, lentamente, sarà l'intero corpo di Maurizio a trasformarsi in cartone animato. Sono le scene più autenticamente spassose, per quanto non possano certo dirsi travolgenti, ed è in queste che il film acquista un senso anche al di là di un'animazione più simpatica che tecnicamente impeccabile. Si seguono le evoluzioni cartoonesche (anche nei comportamenti) di "Trombetta" (lei lo chiama così perché lui porta sempre con sé le sue diavolerie produci-rumori) prima di un finale "sexy" piuttosto coraggioso ma che non riscatta un film i cui difetti superano purtroppo le qualità. Nichetti resta comunque uno dei più coraggiosi registi del suo tempo, in possesso di uno stile riconoscibile e - almeno sulla carta - ambizioso, unico.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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