Criminal: Francia - Miniserie TV (2019)

Parte di una serie che si snoda, uguale nelle ambientazioni e nei modi, in altri tre paesi europei. L'operazione è interessante, concentrandosi tutta sul hic et nunc di un'indagine poliziesca in cui i fatti ci vengono man mano rivelati dai presunti colpevoli come se fossimo anche noi ispettori. Dei tre episodi quello migliore è l'ultimo, soprattutto grazie alla bella interpretazione di Renier. Anche il primo episodio ha un suo buon ritmo mentre il più scontato e decisamente meno interessante appare essere quello di mezzo. Intrigante.

La “costola” francese della serie Criminal è ambientata a Parigi. Ancora una volta grande attenzione alla caratterizzazione dei personaggi e alla tensione crescente legata ai botta e risposta tra i sospettati e gli inquirenti, con un filo conduttore legato alle tensioni tra questi ultimi. Il primo episodio riguarda un reale episodio dal grande impatto umano e mediatico. Il secondo è abbastanza ordinario. Il terzo episodio è quello con la migliore interpretazione, in questo caso dell’attore Jeremie Renier

Tutto il contrario delle pletoriche serie americane, interminabili, ricche di sottotrame parallele e con conclusioni aperte (cioè irrisolte) per consentire l'innesco della stagione successiva. Qui è tutto concentrato in soli tre episodi, unità di tempo e di luogo, un accenno di sviluppo nelle dinamiche interpersonali degli inquirenti. Molto riusciti il primo e l'ultimo capitolo, relativamente fiacco quello intermedio. Comunque, nel complesso, l'operazione è riuscita e il prodotto è senz'altro originale e vale la visione.

Stesso format, stessi pregi e stessi difetti delle altre triplette di diversa ambientazione. I difetti anche qui sono legati ad un "al di là del specchio" un poco schematico che vede sempre una donna in posizione di comando in difficoltà nei rapporti con alcuni dei suoi sottoposti, i pregi sono invece affidati all'interesse che di volta in volta possono suscitare i singoli casi e alle prove attoriali che vengono messe in campo. Dal primo punto di vista, l'episodio migliore è il primo, innestato su una recente tragedia, mentre quello meglio interpretato è il terzo con un convincente Renier.

Questo genere, interamente girato all’interno di quattro mura, difficilmente regge se latitano interpretazioni di alto livello. Ma. Non è questo il caso. La prima puntata cattura particolarmente per la storia, la seconda ha aneddoti meno interessanti ma compensa con la brava Baye, mentre l’ultimo episodio è convincente grazie all’incisivo Renier che passa da uno stato d’animo all’altro con spontanea naturalezza. Anche i profili psicologici degli investigatori, seppur in tempi contenuti, sono ben delineati. Nel complesso un buon lavoro.

Il pregio della serie, indipendentemente dalla nazione presentata, è la medesima struttura formale, anche nelle (perfette) scenografie, nonostante gli ambienti siano ridotti all'essenziale. Altri punti di forza sono la colonna musicale e la nitidezza dell'audio che, come sempre accade, permette di concentrarsi sui dialoghi. Tutti i tre episodi, per drammaticità, si equivalgono, ma dovendo esprimere una preferenza questa sicuramente va a Jérôme. Ottimo impianto davvero.