Cospiratori del piacere - Film (1996)

Cos'è l'essere umano se non un misero ingranaggio della macchina grottesca della vita? Riescono almeno le nostre più nascoste perversioni a rendere giustizia alla nostra personalità, a renderci unici? No, anche quelle sono intercambiabili e sfuggono al nostro controllo... Il Dio Svankmajer ci regala un'altra macchina perfetta priva di dialoghi che parla all'universo.

Passano gli anni ma il maestro continua a stupire. Nella seconda parte il regista si lascia andare anche a un piccolo effetto splatter (la testa della signora dalla quale esce sangue), spietatissimo nel rappresentare l'umanità è un crescendo verso l'orrore. Unico.

Storie incrociate (ma non troppo) di obliquità sessuali a tratti raccapriccianti. No, non è l'ultimo cinepanettone, ma l'opera più folle, libera e dadaisticamente poetica di Jan Svankmajer, divertente ed inquietante, per niente serioso e con un genio che abbaglia e affascina, sbattendoci in faccia il fango di questa umanità così insensata e insensuale.

I labirinti della libido sono grottescamente e fantasiosamente smascherati in questo divertente carosello di ludici feticismi che tracimano nel surreale. In compagnia (dichiarata nei titoli) di Sade e Masoch, di Freud e Buñuel, scopriamo la vertigine masturbatoria dell’impensabile: oggetti quotidiani, costumi ricercati, teatrini onirici, che per i protagonisti individualisti e piccolo-borghesi sfondano le soglie della piatta realtà per accedere al delirio erotico. Specchio inquietante e deformato dei nostri inconfessabili fantasmi.

Sullo schermo si susseguono le “misteriose” vicende di una serie di personaggi, accomunati dal solo fatto di nascondere l’oggetto dei loro piaceri. Il finale riapre tutto e rimescola le carte. Al solito Svankmajer stupisce e spiazza, realizzando un film bizzarro ma soprattutto complesso: una sola visione non basta per afferrarlo appieno. Meno avvolgente di altre sue opere ma comunque interessante e con diversi momenti riusciti. Dal punto di vista dei dialoghi, un film muto: non viene pronunciata una sola parola.

Confesso colpevolmente che è il primo Svankmajer che abbia mai visto e a colpire immediatamente è la freschezza bunueliana con cui il regista ceco gioca con lo “strumento” cinema come coi suoi polimorfi personaggi perversi. Prendendo a modello la struttura a domino de Il fantasma della libertà, il film esaspera il surrealismo entomologico di Don Luis con un peculiare gusto per il “sonoro” e la meccanica, che scarnifica ulteriormente l’elemento umano, ridotto ormai, fumettisticamente, alla sua mera onanistica componente patologica.

Alcune persone, legate fra loro da rapporti diversi ma comunque unite dalla complicità degli sguardi, impegnate a coltivare le loro ossessioni: l'uomo-pollo, la ingolla/palline, la pesciofila, il toccami-tv.. Senza dialoghi ma con suoni che sottolineano le azioni amplificandole, un film che definire soltanto bizzarro sarebbe riduttivo: al confronto con le pratiche erotiche mostrate, quelle classiche sembrano trite e conformiste. Umorismo nero al tempo stesso castrante (impossibile condividere il desiderio) e liberatorio, in quanto al di là di ogni regola e ogni logica. Perversamente geniale.