Cani randagi - Corto (1985)

Primo corto della serie “Manhattan love suicides”, dedicata al tema del suicidio per amore; è anche quello più riuscito, sia per il cinismo (un fanatico ammiratore che perde la testa per l’artista famoso fino ad uccidersi), sia per la grottesca interpretazione di Wojnarowicz, tutto smorfie esilaranti, convulse masturbazioni e movenze dislessiche. Finale gore. Musiche rock-rumoriste di J. Thirwell.

Corto sperimentale, riuscito se si vuole solo per gli effetti splatter. Ma che senso può avere tutto ciò? Bello l'incipit del tizio che comincia a masturbarsi alle spalle del pittore, ma il resto è da voltastomaco, specie la sequenza in cui si stacca un arto. E non c'è cinismo che regga...

Cane randagio cerca padrone... emarginato brutto, sporco ma non cattivo segue scodinzolando intellettuale boho-chic: non vuole cibo, non vuole soldi, vuole essere percepito come essere umano. Ma resta, nella vita come nella morte, un semplice oggetto di ispirazione artistica! Gli effetti splatter sono uno spotlight sull'imperturbabilità dell'artista di fronte all'orrore, che non è quello dell'acido inghiottito e dall'arto tagliato, ma quello della solitudine e del degrado. Incomunicabilità insormontabile, sonorità ossessive come uno sguardo mai ricambiato, come un amore infelice.

Buffa satira del fanatismo, con uno stalker che tampina un artista fino a casa sperando di godere delle sue grazie; ma anche satira della passione tout court, naturalmente a senso unico, e perciò destinata a implodere con conseguenze grandguignolesche. Al netto del pressapochismo tecnico (siamo in piena area underground e quindi è normale, ma non gradita, una certa sciatteria), il corto è divertente nel suo delirio aggressivamente grottesco soprattutto grazie alla recitazione esorbitante ed eccessiva di Wojnarowicz (lo sgraziato fan).

Questo primo "suicidio" presentato da Kern non è solo da collegare all'amore, ma anche all'arte in senso figurato. Ciò che il cane randagio vuole (un ispirato Wojnarowicz) è probabilmente una sottomissione totale e priva di qualsiasi interesse materiale. Ciò che ottiene è però disprezzo e indifferenza. Wojnarowicz sembra un capolavoro d'arte moderna che si sfalda sotto gli occhi del suo aguzzino. Delirante.

I suicidi d'amore a Manhattan aprono le danze con questa sorprendente boiata (qui il termine non è offensivo): un corto sperimentale, anarchico, superbamente sonorizzato, cinico, umoristico, imperturbabile nel menefreghismo stilistico. Inesorabile nell'azione distruttiva del buon gusto (e viene in mente la celebre e perentoria opinione di Truman Capote: "Good taste is the death of art"). Il bianco e nero espressivo contribuisce a farlo sembrare un segmento impazzito di un ipotetico - e già di per sè folle - B-movie atemporale.

Il miglior corto dei celeberrimi Manhattan love suicides: in un bianco e nero raffazzonato e spesso antiestetico, Kern celebra il totale annullamento della personalità del fan-Wojnarowicz (qui infatti ridotto a una maschera mostruosa e stravolta dai tic) nell'ego dello sprezzante artista-Rice. A nulla serviranno pedinamenti, suppliche, eccessi masturbatori e autolesionistici: solo il sangue che sprizza dall'arto reciso sarà ritenuto degno di partecipare alla nuova creazione artistica del pittore... Sublime la soundtrack rumorista di Foetus.