L'imberbe Tommy arriva a Camp hope con la "speranza" di gratificare ben più dello spirito. Peccato che il camping sia piantonato da cristiani-ortodossi, che fustigandone i pruriti ne amplificano (complici autoindotte-overdosi dantesche) le visioni demoniaco-repressive. Anatema su di te! VanBuskirk, che graziato da cotanto altare orrorifico finisci per servire il rito psicotico, asserragliandoti in odi anti-fondamentaliste e mandando a benedire gli assist profani dello script, che avevi pure scritto tu, deo gratias. American pientity: dì quattro Ave Maria.
Tutto sommato, non è brutto questo film che affronta - pur senza usare la necessaria cattiveria - il tema delle comunità fondamentaliste cristiane, in cui il candeggio totale delle menti, soprattutto giovani, produce mostri terribili senza bisogno di scomodare il soprannaturale. Il regista ci lascia saggiamente nel dubbio, se considerare le visioni del ragazzo come semplici turbamenti indotti dalla certosina autoflagellazione indotta dalla colpevolizzazione della propria ingenua sessualità, o qualcosa di più. Non esaltante ma guardabile.
Indefinibile dramma psico-socio-catto-orrorifico ambientato in un ritiro spirituale giovanile tutto preghiere, canti, balli e Decalogo. Non si capisce se il busillis sia l'educazione alla fede troppo restrittiva e fondamentalista o il travaglio interiore di un'adolescenza disturbata, fatto sta che VanBuskirk gira un qualcosa al di là delle proprie possibilità. La trattazione è nebulosa, confusa, stereotipata e al limite del delirante involontario, complici un livello interpretativo a malapena sufficiente, un montaggio scrauso e dei dialoghi da mani nei capelli. Insensatissimo.
MEMORABILE: Gli scricchiolii e gli sgranocchiamenti demoniaci di sottofondo che accompagnano le risibili manifestazioni paranormali...
Funziona discretamente sul piano del dramma e della rappresentazione dell'allucinante (in tutti i sensi) "Camp Hope" del titolo, campo estivo per giovani fondamentalisti cristiani. Maluccio come horror (le apparizioni demoniache, sciatte e risibili) e il dubbio su quanto accade veramente nel finale non inquieta neanche un po'.
La religione fonte del Male: il concentrazionarismo del monoteismo assolutista che schiaccia il libero arbitrio sotto le presse di colpa, peccato, volontà divina, redenzione e spauracchio delle trombe del giudizio. Non si capisce bene da che parte voglia dirigersi la pellicola, sparsa tra incursioni orrorifiche d’accatto e una setta alla Jim Jones che, con quel pizzico di nequizia portata alle estreme conseguenze, avrebbe potuto essere il vero asse perturbante di un film tutto sommato dalle parti dell’essere una nullità con riporto di spernacchiabile finale al cui confronto Quackula è Friedkin.
Non male, almeno a livello narrativo, questa fantasia multiforme, apparentemente indecisa tra repressione morale, ansia di libertà individuale e manifestazione del male. Quando il film non sembra risolversi in una precisa direzione allora funziona, quando getta la maschera (negli ultimi dieci minuti) diviene un pamphlet antireligioso come tanti. Certe soluzioni stilistiche e visive paiono interessanti (i rumori di fondo) poiché mai debordanti o pacchiane anche se vengono giocate con ingenuità. Discreto il cast.
Dovrebbe essere un horror, ma benché il tema trattato risulti piuttosto fastidioso, non è un film che riesce a incutere timore. Il senso di colpa sembra essere il sentimento predominante suscitato in molti personaggi a causa della partecipazione alla religione e forse il film potrebbe smuovere qualcosa in tal senso in persone intrappolate forzatamente in qualche culto. Si descrivono accuratamente i modi in cui i giovani vengono trattati mentre vengono indottrinati, ma la trama è piuttosto insignificante e poco interessante.
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