Una storia semplice ma incredibilmente drammatica, un po' televisiva nella confezione ma supportata da un'ottima performance della Roberts, credibilissima come madre che vuole salvare il figlio tossicomane a tutti i costi. Bravo anche Hedges, soprattutto nei momenti di improvvisa apertura verso il pianto. La trama scorre liscia, pur se prevedibile e il film si lascia seguire con passione. Buono.
Ben, ragazzo tossicodipendente, si presenta inaspettatamente a casa dei genitori, i quali, spiazzati, lo accolgono non senza titubanza. Di film con giovani problematici se ne son visti parecchi, ma questo è davvero riuscito. La trama è piuttosto lineare, ma riesce a tenere desta l’attenzione dello spettatore, mentre la regia pur senza particolari voli pindarici si dimostra capace. Nel cast grandi plausi vanno a una magnifica Roberts, caparbia madre che cerca di portare sulla retta via il dissoluto figlio (interpretato efficacemente da Hedges).
Una trama che può definirsi semplice e al tempo stesso drammatica e coinvolgente. Una bravissima Julia Roberts tiene le redini dell'intera pellicola e mostra quanto sia sconfinato e senza alcun tipo di limite l'amore di una madre nei confronti del proprio figlio. Nel complesso un bel film con una tematica importante (quella della dipendenza da stupefacenti) ben gestita.
Film sulla tossicodipendenza che nella prima parte si concentra sul clima di diffidenza che circonda un percorso di riabilitazione all'interno della dinamica familiare. Nella seconda una vera e propria via crucis nella perdizione che rende impossibile ogni redenzione. Non basta il rapporto quasi simbiotico tra madre e figlio per cambiare un destino che sembra scritto negli errori commessi nel passato. Nel finale solo l'amore incondizionato di una madre potrà permettere a Ben di "tornare" ancora.
Ben si presenta a casa proprio la vigilia di Natale, fra l'incredulità e la gioia della madre, mentre il resto della famiglia lo accoglie con diffidenza: è un figliol prodigo tossico ed ha causato molti guai in analoghe circostanze... Film che molto punta sulle prestazioni sentite e convincenti dei due protagonisti ma eccede con gli stereotipi (la riunione d'incontro, vista mille volte) e forzature (la trama simil-thriller incentrata sulla ricerca del cagnolino). Ne risulta una "costipazione" melodrammatica che invece di rafforzare coinvolgimento e commozione rischia di disinnescare entrambi.
L’inizio è buono e presagisce una trama piuttosto abusata, raccontata però in modo più edulcorato, sebbene realistico. Poi si perde. E se ne avverte la durata, per le eccessive lungaggini. Come un criceto che gira dentro la ruota all’infinito, anche la sceneggiatura si sparpaglia in blandi colpi di scena tendenziosi che non portano a un vero coinvolgimento emotivo. Salvano il film da una certa mediocrità il talento interpretativo dei protagonisti e il finale aperto e non buonista, come ci si poteva, invece, aspettare. Nulla di trascendentale.
Storie di ordinaria tossicodipendenza nel film di Peter Hedges. Il regista racconta la storia di un tentativo di reinserimento familiare. Il film si segue volentieri ma non si può non rilevare che la sceneggiatura proceda per accumulo di situazioni già viste nei film del genere, senza alcun elemento personale nella trama e nella prova del regista. Il valore aggiunto, senza il quale il film sarebbe davvero mediocre, sono le notevoli e sentite interpretazioni dei due protagonisti, uno dei quali è il figlio del regista.
Con la Roberts ti aspetti una storia mainstream e zuccherosa, invece l'involucro e in parte l'anima sono più indie. Confezione quasi da film verità a basso costo ma terribilmente efficace nel descrivere questo dramma giocato su una serie di situazioni ampiamente conosciute (le feste in famiglia, la Chiesa, i gruppi di recupero...) ma dirette e dialogate con bravura, riuscendo quindi ad andare oltre le performance tutte buone degli attori.
MEMORABILE: La frase al vetriolo che cita la dipendenza da antidolorifici.
Film sulla tossicodipendenza che non regge nemmeno dieci secondi rispetto a cult come Cristiana F. o Amore tossico. Addirittura patinato, il che stride dannatamente con l'argomento di fondo. La sceneggiatura, ridotta al lumicino, prova a sondare il terreno sull'argomento reinserimento familiare, ma né la Roberts né Vance riescono a dare spessore ai loro personaggi. Drammatico, forse, ma sicuramente tanta noia in una pellicola che Hedges sr. prova a cucire addosso al figlio, nei panni di un improbabile tossico dei quartieri alti.
MEMORABILE: L'unico momento vero: il colloquio all'anonima tossici.
La Roberts si misura con il dramma della droga, offrendo una prova convincente nella parte di una madre che non si arrende nel tentartivo di recuperare il figlio dal tunnel della dipendenza. La sceneggiatura ricorre ad espedienti in parte già sfruttati, ma comunque efficaci per coinvolgere e far comprendere le conseguenze distruttive della dipendenza a livello familiare ed affettivo.
Dramma materno, più che familiare, dal momento che Julia Roberts e il figlio (del regista, in real life) Lucas Hedges sono gli indiscussi protagonisti della vicenda, coinvolti in un rapporto complesso fatto di speranze e disillusioni, menzogne e sofferta complicità, rimproveri e pentimenti. Dopo una prima parte intensa e credibile, che conta almeno una sequenza d'impatto (la scenata pubblica nel camerino), lo script prende una piega da odissea "tossica" di stampo thriller-crime, infarcita di stereotipi (lo spacciatore luciferino) ed emotivamente dispersiva. Finale di scarso effetto.
MEMORABILE: Il medico che provocò l'inizio della tossicodipendenza; Lacrime in chiesa; Il cagnolino rapito; Il viscido professore; L'amico in crisi di astinenza.
Alla vigilia di Natale un giovane ex tossicodipendente lascia la comunità di recupero per riallacciare i rapporti con la sua famiglia: dovrà superare molti pregiudizi. Storia che non raggiunge il toccante e forse, per le dinamiche che la compongono, è un bene. La seconda parte si perde in lungaggini. Brava Julia Roberts. Consigliabile, dopotutto. Mediocre la colonna sonora.
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Grande Roberts in un film che appare più genuino di quanto mi aspettassi. Tema classico della tossicodipendenza e del recupero, con una frecciata particolare ad un tema di stringente attualità negli USA: la dipendenza da antidolorifici, farmaci per i quali una casa farmaceutica è stata multata per aver minimizzato gli effetti collaterali, con la complicità di medici di base poco attenti.
DiscussioneRaremirko • 15/03/21 21:03 Call center Davinotti - 3862 interventi
Buon film, minimale e ben interpretato da una Roberts che, come a volte accade (Erin Brokovich) si da al cinema di denuncia, impegnato; l'argomento droga è trattato seriamente, senza sottovalutazioni, con un buon numero di colpi di scena.